Nel quadro della campagna per cancellare la guerra di liberazione nazionale Infame attacco de "Il giornale" alla Resistenza e all'Anpi Napolitano e Veltroni danno spago alla campagna dei fascisti contro la Resistenza Puntualmente, come ormai avviene ad ogni ricorrenza del 25 Aprile, anche quest'anno è partita la campagna fascista contro la Resistenza. Campagna tesa a sminuire l'importanza, denigrare e perfino criminalizzare la guerra di liberazione nazionale dal nazi-fascismo e i partigiani, fino alla richiesta di cancellare questa gloriosa ricorrenza dal calendario ufficiale della Repubblica borghese e relegarla nel museo della storia, affinché se ne perda per sempre la memoria. Quest'anno, 63° anniversario della Liberazione, la campagna antiresistenziale si è fatta particolarmente insistente e virulenta, perché la nuova casa del fascio di Berlusconi, Fini e Bossi, ossia l'alleanza neofascista PdL-Lega si sente il vento in poppa, e perché nella terza repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista, federalista e interventista che sta calando rapidamente sul Paese, la Resistenza e l'antifascismo sono valori assolutamente incompatibili e perciò da estirpare una volta per tutte. È questo il nero scenario in cui, alla vigilia delle manifestazioni del 25 Aprile, il quotidiano di proprietà di Paolo Berlusconi, fratello del neoduce, ha sferrato uno dei più violenti attacchi alla festa della Liberazione e ai partigiani che si ricordino in questi ultimi anni. "Il Giornale" del 22 aprile, infatti, ha dedicato, oltre l'apertura della prima pagina, le intere pagine due e tre a questo infame scopo, intitolandole a caratteri cubitali "Il 25 aprile che divide". Ad aprire le due pagine è stato messo un sondaggio tra la "popolazione italiana adulta" commissionato dal quotidiano neofascista per dimostrare, attraverso un "campione rappresentativo" di soli 1.000 soggetti, che la maggioranza del Paese sarebbe ormai insensibile al 25 Aprile e gli preferirebbe il 2 giugno, festa patriottarda e militarista della Repubblica borghese, come festa nazionale. Sulla base di questo pseudo "sondaggio d'opinione" è stata imbastita la prima delle due pagine, con un editoriale di commento di Giordano Bruno Guerri (della serie se le scrivono e se le cantano), che parte in prima con il significativo titolo "Ma per gli italiani è una festa qualsiasi", e un'intervista al sindaco PdL di Alghero che ha proibito di suonare "Bella ciao" durante la celebrazione del 25 Aprile. Infame campagna di denigrazione dell'ANPI L'altra pagina, a parte un box sulla decisione della neopodestà Moratti di non partecipare alla celebrazione di Milano, è dedicata a un nauseante attacco all'ANPI, sia tramite un editoriale di Michele Brambilla ("Così antifascisti da sembrare fascisti") che attacca l'associazione dei partigiani e il suo appello ad una mobilitazione straordinaria per questo 63° anniversario in difesa della democrazia minacciata dai pericoli di destra, sia tramite un articolo di Diego Pistacchi ("Anche i ragazzini vengono arruolati tra i partigiani"), rivolto a dipingere l'ANPI come un "ente inutile" che sopravvive a se stesso tesserando i giovani e succhiando sovvenzioni dallo Stato. Non bastasse, nell'edizione del giorno successivo, 23 aprile, "Il Giornale" continua l'infame campagna di denigrazione dell'ANPI dedicandogli un'intera pagina per dire che tramite il tesseramento dei giovani l'associazione si è estesa anche al Sud, "dove di partigiani in guerra contro i tedeschi nessuno ha ricordo, anche perché il Sud d'Italia è stato liberato dagli americani sbarcati in Sicilia il 9 luglio 1943 mentre i primi episodi di insurrezione partigiana sono avvenuti al Nord e sono datati fine settembre '43". Con ciò commettendo volutamente un falso storico, dal momento che il megafono di Berlusconi si è letteralmente "dimenticato" per strada le eroiche 4 giornate di Napoli del 28 settembre - 1° ottobre 1943. Completa il quadro un disgustoso editoriale del radicale neofascista e filoimperialista Massimo Teodori, nell'edizione del 24, in cui attacca la Resistenza, definendola manco a dirlo un capitolo storico "limitato ad alcune regioni del centro-nord che videro l'insurrezione partigiana negli ultimi giorni dopo che gli Alleati anglo-americani avevano fatto il grosso della guerra anti-nazifascista", e diventata nel tempo "una specie di mitologia astorica". E così via, per arrivare anche lui ad attaccare l'appello dell'ANPI contro i nuovi pericoli che sta correndo il Paese e a chiedere in pratica anche lui la cancellazione della ricorrenza antifascista. Di rincalzo all'infame campagna de "Il Giornale", nel chiedere l'abolizione del 25 Aprile o comunque una sua drastica "demitizzazione" (leggi evirazione del suo spirito antifascista) sono intervenuti anche altri esponenti neofascisti, come Gustavo Selva ("abolizione del 25 Aprile"), Fabio Garagnani ("sostituzione del 25 Aprile con il 18 Aprile, data della vittoria della DC di De Gasperi sul Fronte popolare"), il filomafioso Marcello dell'Utri (che aveva già annunciato di voler purgare i libri di storia dalla Resistenza se la destra andava al governo), l'editorialista del "Corriere della Sera" Ernesto Galli Della Loggia, e chi più ne ha più ne metta. Il neoduce Berlusconi ha poi chiuso in bellezza snobbando come sempre le cerimonie ufficiali con la scusa che il 25 Aprile aveva da "lavorare, lavorare, lavorare" alla formazione del governo, ma inviando poi un chiaro segnale di sfida alla Resistenza e all'antifascismo ricevendo in quello stesso giorno il fascista Ciarrapico a Palazzo Grazioli e dichiarando che occorre una "definitiva pacificazione nazionale" riconoscendo anche "le ragioni dei ragazzi di Salò". Chi spiana la strada agli attacchi alla Resistenza Anziché difendere l'ANPI, la Resistenza e il 25 Aprile, la "sinistra" borghese ha dato ampio spago alla campagna fascista per cancellare o quantomeno evirare la guerra di Liberazione nazionale dal suo spirito antifascista. La parola d'ordine dei rinnegati e riformisti del PD di Veltroni è trasformare il 25 Aprile in una festa nazionale e patriottarda, da celebrare insieme al 2 giugno come festa di "tutti gli italiani", senza più distinzioni tra fascisti e antifascisti. "Rispondendo" agli arroganti e feroci attacchi dei neofascisti alla festa della Liberazione, il neonazionalista, presidenzialista e anticomunista Veltroni ha scritto infatti su "L'Unità" del 25 Aprile: "Resta il fatto che come italiani fatichiamo da sempre a riconoscere la nostra storia, a ritrovarci in una vicenda collettiva, persino a identificarci tutti insieme in simboli come l'inno o la bandiera, che per altri popoli sono naturalmente comuni. Resta la questione di un incontro, quello tra memoria e politica, che in questo nostro Paese proprio non riesce a celebrarsi senza che le ossessioni ideologiche del secolo scorso continuino, invece, ad avere la meglio sul saldarsi di una vera coscienza nazionale comune. E così succede, appunto, che una data come il 25 aprile, che dovrebbe unire tutti gli italiani ed essere patrimonio condiviso, come avviene per il 14 luglio in Francia o il 4 luglio negli Stati Uniti, venga invece fatta oggetto di polemiche che definire piccole e contingenti è sin troppo generoso". Una linea, questa del leader del PD, in perfetta sintonia con quella del rinnegato Napolitano, che intervenendo alla celebrazione a Genova, nel fingere una formale difesa della Resistenza da "qualsiasi forma di denigrazione o svalutazione", ha legittimato in realtà la campagna antiresistenziale ammettendo che la guerra di liberazione "fu anche una guerra civile", così da creare il terreno per equiparare in una certa misura i partigiani ai fascisti repubblichini e spianare la strada all'opera di "smitizzazione" della Resistenza e di "pacificazione nazionale": "È giusto - ha detto infatti l'inquilino del Quirinale - guardare alle vicende che sono alla base delle istituzioni repubblicane con uno sguardo aperto e sereno, sgombro dalle vecchie ideologie, dai pregiudizi che a volte hanno reso più difficile la comprensione delle cose. 'Deideologizzare' il passato, riconoscere ad esempio la memoria dei vinti, rispettare le morti di ogni parte di quella che fu anche una guerra civile, fatta da italiani contro altri italiani, va bene, è anzi doveroso... è possibile e necessario raccontare la Resistenza, coltivarne la storia, senza sottacere nulla, 'smitizzare' quel che c'è da 'smitizzare'". Non per nulla il quotidiano fascista "Secolo d'Italia" del 26 aprile dedicava un articolo entusiasta al discorso di Napolitano, salutandolo come una vera "svolta": "Parole destinate a far discutere, e non solo gli storici, parole che non possono non essere apprezzate dal centrodestra, anche perché arrivano da un uomo di sinistra e che a sinistra ha costruito tutta la propria credibilità politica", sottolinea con enfasi il fogliaccio di AN. Ecco come i rinnegati del comunismo, in nome del disegno di terza repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista, federalista e interventista che condividono con la destra, spianano la strada all'estirpazione dello spirito antifascista che ancora resiste nel Paese e che occorre invece difendere strenuamente. Anche difendendo con le unghie e coi denti la festa del 25 Aprile. 30 aprile 2008 |