Il procuratore della Cassazione vuole imbrigliare i magistrati fuori dal coro Azione disciplinare contro la procura di Palermo e il procuratore Scarpinato 397 magistrati solidarizzano col collega di Caltanissetta Il pretesto servito al procuratore generale della Cassazione Gianfranco Ciani per aprire nella prima settimana di agosto un procedimento disciplinare a carico di alcuni magistrati impegnati nell'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia è quello di avere "parlato con i giornalisti": Un'intervista rilasciata senza permesso e il principio della riservatezza sulle indagini presumibilmente violato. È questa la pretestuosa accusa contenuta nel fascicolo aperto dalla Procura generale della Cassazione contro la Procura di Palermo. Sotto inchiesta sono finiti i magistrati palermitani Antonino Di Matteo, sostituto procuratore alla Direzione distrettuale antimafia (DDA) nonché presidente dell'Associazione nazionale magistrati (ANM) del capoluogo siciliano, per aver rilasciato l'intervista incolpata, e Francesco Messineo, Procuratore della Repubblica presso il tribunale palermitano, per non aver impedito l'intervista. Incaricato di indagare sulla vicenda è il sostituto di Gianfranco Ciani, Mario Fresa. Ancora una volta di mezzo vi sono le inconfessabili conversazioni del capo dello Stato che, tramite il suo consigliere giuridico Loris D'Ambrosio, deceduto improvvisamente, cerca in tutti i modi di sottrarre Nicola Mancino dalle grinfie dei Pubblici ministeri (Pm) palermitani che hanno, nonostante i tentativi del Quirinale, richiesto il rinvio a giudizio per l'ex ministro. Pochi giorni dopo la rivelazione alla stampa dell'esistenza di tali intercettazioni e dopo la chiusura dell'indagine sulla trattativa, il sostituto procuratore Di Matteo rilasciava il 22 giugno un'intervista al quotidiano La Repubblica. Alla domanda del giornalista circa la mancata distruzione delle telefonate non depositate agli atti e neppure trascritte alla chiusura dell'inchiesta sulla trattativa, Di Matteo risponde: "Noi applicheremo la legge in vigore. Quelle che dovranno essere distrutte con l'instaurazione di un procedimento davanti al gip (Giudice per le indagini preliminari, ndr) saranno distrutte, quelle che riguardano altri fatti da sviluppare saranno utilizzate in altri procedimenti". È bastato intravedere nelle parole di Di Matteo la possibilità che le intercettazioni possano essere sottoposte a vaglio per stabilirne l'eventuale rilevanza in altri procedimenti per far decidere alla Cassazione di aprire un fascicolo contro la Procura di Palermo Il procedimento della Cassazione ha suscitato grandi perplessità e preoccupazioni nelle magistratura palermitana: "un'iniziativa senza precedenti, un unicum assoluto, una vicenda inquietante", l'ha definita il procuratore aggiunto di Palermo, Vittorio Teresi. La vicenda della Procura di Palermo si intreccia con l'analoga vicenda del procuratore generale di Caltanissetta Roberto Scarpinato, sotto tiro per la sua lettera a Paolo Borsellino, letta in occasione del ventesimo anniversario della strage di via d'Amelio e contenente una durissima accusa:"...abbiamo processato gli intoccabili: presidenti del Consiglio, ministri, parlamentari nazionali e regionali, presidenti della Regione siciliana, vertici dei Servizi segreti e della Polizia, alti magistrati, avvocati di grido dalle parcelle d'oro, personaggi di vertice dell'economia e della finanza e molti altri. Uno stuolo di sepolcri imbiancati,... un esercito di piccoli e grandi Don Rodrigo senza la cui protezione i Riina, i Provenzano sarebbero stati nessuno e mai avrebbero osato sfidare lo Stato, uccidere i suoi rappresentanti e questo paese si sarebbe liberato dalla mafia da tanto tempo". Una lettera coraggiosa che ha fatto sobbalzare sulla sedia quei rappresentanti delle istituzioni borghesi che ormai a decine hanno procedimenti in corso per mafia. La solidarietà a Scarpinato non si è fatta attendere. Ben 397 i magistrati, tra cui Antonio Ingroia, procuratore aggiunto di Palermo, "costretto" ad accettare l'offerta delle Nazioni Unite per un incarico annuale di capo dell'unità di investigazione e analisi criminale contro l'impunità in Guatemala e Pino Scelsi, procuratore generale di Bari hanno espresso sostegno a Scarpinato. Ad inizio agosto è partita una raccolta di firme in favore dei giudici di Palermo e Caltanissetta che in meno di un mese ha raccolto ben 136.896 sottoscrizioni. Segno che le masse popolari italiane, coerentemente antimafiose, hanno ben chiaro quanto sta succedendo, e gli intollerabili attacchi ai magistrati in prima linea e i ripetuti tentativi di insabbiare l'inchiesta sulla trattativa Stato mafia, orchestrati dalle istituzioni borghesi, Quirinale in testa, con l'aiuto della stampa borghese confermano i sospetti. Il PMLI esprime la sua massima solidarietà ai magistrati di Palermo e Caltanissetta colpiti da un fuoco incrociato per fermare le indagini che ha come precedenti le vicende dei giudici Falcone e Borsellino. Si tratta di un attacco che ha l'obiettivo di colpire con ogni mezzo, intimidire e imbrigliare giudici che in questi anni hanno svolto una lavoro enorme per portare alla luce i legami tra Stato e mafia, mandando alla sbarra pezzi da novanta delle istituzioni. 5 settembre 2012 |