Lo denuncia un rapporto PlayFair Bambini cinesi schiavi per le olimpiadi di Pechino Lavorano dall'alba alle due di notte con salari da fame L'organizzazione PlayFair 2008, sigla che si traduce in "Gioca lealmente 2008", ha pubblicato lo scorso 10 giugno il rapporto dal titolo "Nessuna medaglia alle Olimpiadi per i diritti dei lavoratori", nel quale denuncia l'impiego di bambini-schiavi cinesi nella produzione di oggetti con il marchio dei giochi per le olimpiadi del 2008 e gravi violazioni dei diritti dei lavoratori in varie fabbriche di Shenzhen, nel Guangdong. Bambini di 12 anni costretti a lavorare dalle 7,30 fino alle 22,30, con ritmi di lavoro massacranti e con una paga di circa 20 centesimi di euro l'ora, la metà della paga minima cinese. Sfruttamento e stipendio da fame "condiviso" con gli adulti impiegati per 15 ore giornaliere, tutti i giorni senza riposi né festività. L'organizzazione PlayFair 2008, promossa e sostenuta dai sindacati occidentali dei lavoratori tessili e da organizzazioni umanitarie, ha iniziato la sua inchiesta sul campo nell'inverno del 2006. Suoi rappresentanti sono riusciti a entrare segretamente in quattro aziende del sud del paese che lavorano per conto del Comitato olimpico di Pechino. Aziende che sono state regolarmente autorizzate a produrre gli oggetti in vendita con il marchio dei Giochi dalle borse e zainetti alle magliette, dai berretti ai quaderni, alle figurine e agli album illustrati per bambini. Il mercato degli oggetti col marchio ufficiale dei giochi vale 70 milioni di dollari per gli organizzatori cinesi delle Olimpiadi. Un giro di affari che nasconde fabbriche come lager dove sono sfruttati i bambini-schiavi, in un clima di terrore nel quale sono violati i pur modesti diritti dei lavoratori previsti dalla legislazione cinese. Il rapporto cita fra gli altri il caso di una ditta di Shenzhen che produce su licenza ufficiale 50 oggetti e dove i registri delle buste paga sono stati ripetutamente falsificati dai dirigenti per fare apparire orari più corti e salari più alti. Gli operai hanno denunciato molti incidenti sul lavoro, gravi problemi di salute, malattie della pelle dovute al contatto con agenti chimici, difficoltà respiratorie per le polveri tossiche. Alcuni di loro che avevano denunciato la loro situazione alle autorità locali sono stati licenziati in tronco. A Pechino il comitato olimpico ha fatto finta di cadere dalle nuvole e sostenuto di non aver trovato prove che le quattro ditte denunciate abbiano utilizzato lavoro minorile o sfruttato gli operai per realizzare oggetti con il marchio olimpico. Era smentito da uno dei responsabili della Lekit, una delle quattro aziende incriminate, che ammetteva come una ditta subappaltatrice avesse impiegato un gruppo di bambini di 12 e 13 anni durante le vacanze scolastiche dello scorso inverno, pagandoli 20 yuan (2 euro) al giorno. La situazione denunciata dal rapporto PlayFair non è certo un caso particolare ma piuttosto una dilagante condizione di supersfruttamento dei minori e dei lavoratori adulti nella Cina capitalista. Ne è un esempio il caso emerso negli stessi giorni dei 31 operai liberati dalla schiavitù in una fabbrica di mattoni dello Shanxi; da un anno lavoravano senza ricevere salario, solo razioni di pane e acqua. Il proprietario della fabbrica era il figlio del boss locale del partito, "comunista" nominalmente, fascista nei fatti. Trattati peggio degli schiavi erano circa 470 lavoratori, 250 nella provincia di Shanxi e gli altri nella provincia di Henan, di cui 29 bambini, "liberati" da un bliz della polizia nella Cina centrale. Erano costretti a lavorare gratis fino a 20 ore al giorno, controllati a vista da guardie private che li picchiavano selvaggiamente se tentavano la fuga o se il loro lavoro veniva considerato "inefficiente". 4 giugno 2007 |