Bancopoli: Il vero volto del capitalismo italiano e dei suoi partiti Da quando è scoppiato nell'estate scorsa lo scandalo di Bancopoli ha già travolto il banchiere Fiorani, il governatore di Bankitalia Fazio, il vertice della Unipol, il presidente della Confcommercio e alcuni magistrati, e ogni giorno che passa minaccia di estendersi anche all'establishment politico e di aumentare il numero degli inquisiti. Ciononostante i partiti del regime neofascista si affannano a proclamare che non siamo di fronte a una nuova tangentopoli, bensì ad un singolo caso di corruzione circoscritto ad un ristretto numero di ambienti e personaggi quali quelli finora emersi dall'inchiesta della magistratura o poco altro. Invece è vero esattamente il contrario, come del resto denunciato dal nome stesso affibbiato al nuovo scandalo, e come rivelano sempre più le intercettazioni telefoniche coinvolgenti anche leader politici, "soffiate" alla stampa dalle contrapposte fazioni politiche del regime per colpirsi a vicenda, nel fuoco incrociato della guerra per bande riesplosa in tutta la sua violenza come una quindicina di anni fa. Più esattamente lo scandalo di bancopoli rappresenta la continuazione di tangentopoli, quell'immensa palude sotterranea di corruzione politico-affaristica, la cui emersione servì per liquidare la prima Repubblica e i suoi vecchi partiti, e che la seconda repubblica, a detta dei "nuovi" soggetti politici affermatisi con essa, avrebbe dovuto prosciugare del tutto. Ci sono, è vero, delle differenze rispetto alla vecchia tangentopoli, ma sono delle differenze in peggio, se possibile. Rispetto ad allora si sono affinati i metodi, per cui non si fa più uso di corrieri e di mazzette in contanti (anche se c'è chi, come il fascioleghista Calderoli, sembra preferirli tutt'ora) ma di più sofisticati giroconti bancari, aperture di conti correnti a condizioni "di favore" per politici amici, "plusvalenze" realizzate con complicati passaggi di mano azionari, e così via. Anche perché ad essere coinvolte, stavolta, sono direttamente l'alta finanza e le banche, che di queste cose se ne intendono benissimo. Ciò conferma tra l'altro che la corruzione non solo non è diminuita, ma si è in questi anni ulteriormente estesa, fino a coinvolgere i "santuari" finanziari, anche quelli istituzionali e di "controllo" come la Banca d'Italia, che fino a ieri sembravano troppo in alto per essere sfiorati dal fango di tangentopoli. Un'altra differenza rispetto a prima è che oggi ad essere invischiati nello scandalo non sono soltanto o prevalentemente i partiti della destra neofascista, bensì in varia misura quasi tutte le cosche parlamentari, appartenenti tanto alla destra che alla "sinistra" della classe dominante borghese. E questo in barba alle solenni dichiarazioni di essersi "rinnovati" e "ripuliti" dai vizi dei partiti della prima Repubblica. I partiti della "sinistra" borghese, come sta emergendo clamorosamente con gli equivoci rapporti tra il vertice dei DS e gli inquisiti Consorte e Sacchetti, che trescavano con i vari Fiorani, Gnutti, Ricucci e Fazio nelle scalate bancarie, non hanno più un ruolo marginale nella commistione affari-politica, come ai tempi di tangentopoli avevano nei confronti di partiti di governo come DC e PSI di Craxi. Adesso gareggiano alla pari, almeno a partire dal governo D'Alema (vedi il tentativo di scalata di Colaninno e Gnutti a Telecom), con la destra borghese per far vincere le loro cordate industriali e finanziarie di riferimento. Mentre è confermato che D'Alema e Consorte erano pappa e ciccia, dalle telefonate di luglio tra Fassino e Consorte, emerge infatti che il ruolo del vertice della Quercia non era solo quello di "simpatizzante" della scalata Unipol a Bnl, come spergiurato più volte dal segretario DS, ma di vero e proprio regista occulto, come partito politico di riferimento, del disegno di acquisizione di una grande banca nazionale cinque volte più grande della compagnia di assicurazioni della Lega Coop. Di certo, dopo questa vicenda, sarà molto più difficile per il partito della Quercia continuare a presentarsi all'elettorato come un partito "diverso" sul piano morale dagli altri partiti della destra del regime neofascista. Il partito DS diretto da rinnegati del comunismo, a differenza del vecchio PSI che dovette fare qualche anno di gavetta prima di essere ammesso alla mangiatoia, dimostra quindi di essere già ben inserito nel sistema della corruzione politico-affaristica (si pensi per esempio al suo sospetto appoggio alle "grandi opere" faraoniche tipo Tav e ponte sullo Stretto, alle privatizzazioni di enti, servizi e beni pubblici come l'acqua), prima ancora di essere andato al governo. Evidentemente si sta preparando il terreno per arrivarci già con un solido retroterra economico e finanziario alle spalle, stringendo e rafforzando più legami possibile con le sue cordate capitalistiche di riferimento. Anche e soprattutto per prepararsi a sostenere il confronto, all'interno della stessa "sinistra" borghese, con le forze liberali e democristiane della Margherita legate alla finanza "bianca" cattolica che mirano a prendere l'egemonia del futuro partito democratico. Non per nulla i maggiori attacchi alla Quercia sulla "questione morale" vengono proprio dall'interno dell'Ulivo, mentre da parte della destra neofascista è quasi tutto un coro di solidarietà pelosa, tipica dei correi, ai dirigenti diessini sulla graticola, a cominciare dal picconatore neofascista Cossiga che ha voluto anticipare tutti e solidarizzare per primo col duo D'Alema-Fassino per i loro legami con Consorte. D'altra parte è proprio la prospettiva di un cambio di maggioranza e di governo il prossimo 9 aprile a determinare l'attuale riacutizzazione della guerra incessante nell'alta finanza e nella grande industria per il riassetto del potere capitalistico, di cui il controllo delle banche e dell'informazione (vedi il tentativo di scalata di Ricucci al "Corriere della Sera" per conto del neoduce Berlusconi) rappresenta un terreno di scontro cruciale. E questa guerra non può non coinvolgere anche i partiti del regime neofascista, attraverso i legami con le rispettive cordate e lobby capitalistiche di riferimento; legami che sono complessi e trasversali alle stesse coalizioni politiche ufficiali e si scompongono e ricompongono continuamente. Ciò conferma che la corruzione in cui sguazzano i partiti del regime neofascista non è solo e non tanto una "questione morale", un problema di regole e di leggi da "riformare", come quella sul funzionamento di Bankitalia e sul ruolo del suo governatore, per esempio. Bensì è l'essenza stessa del sistema capitalista, che genera incessantemente corruzione politica, conflitti di interessi e guerra per bande per il controllo del potere economico, finanziario, industriale, mediatico e politico: in una parola è il vero volto del capitalismo italiano e dei suoi partiti. E anche la vicenda di bancopoli dimostra che non si può "riformare" questo sistema dall'interno, perché al contrario sono i partiti della "sinistra" borghese riformisti che si adattano ad esso e ne vengono corrotti fino al midollo. Per uscire da questo nauseabondo pantano non c'è altra strada che quella del socialismo. 4 gennaio 2006 |