Su invito della FIOM Bandiere rosse in piazza a Roma I metalmeccanici invocano il lavoro e il cambiamento. Una dura botta al governo. Richiesto lo sciopero generale. Contestati Nicolosi (CGIL) e Orfini (PD). Il PD diserta la manifestazione. Cremaschi a "Il Bolscevico": la FIOM deve dire che il nemico è il governo. Landini e Rodotà appiattiti sulla Costituzione non potranno mai cambiare l'Italia La delegazione nazionale del PMLI, diretta da Cammilli coadiuvato da Urgo, propone il socialismo e l'opposizione al governo Letta Dal nostro inviato Un mare di bandiere rosse ha invaso le vie di Roma da piazza della Repubblica a piazza San Giovanni in occasione della manifestazione nazionale dei metalmeccanici indetta dalla FIOM il 18 maggio. Un grande successo per la prima manifestazione nazionale oggettivamente contro il governo Letta-Berlusconi ed è significativo che siano stati proprio i metalmeccanici, cuore pulsante della classe operaia, a darle vita. Il PMLI e "Il Bolscevico" vi avevano ufficialmente aderito. 100mila manifestanti, fra i quali tantissimi giovani, si sono mossi dietro lo striscione di apertura: "Basta, non possiamo più aspettare" portato dalle operaie di Bologna. Applauditissimi gli operai di Pomigliano, dell'Ilva di Taranto e di Genova. Presenti spezzoni antirazzisti e No TAV, Rete 28 Aprile, delegazioni di disoccupati (fra cui i "Disoccupati over 55"), precari ed esodati, lavoratori del Bangladesh in solidarietà con le vittime operaie di Savar. Tanti i cartelli che esprimevano la rabbia dei manifestanti contro il capitalismo e contro il governo sostenuto anche dal PD: "Nazionalizzare le aziende in crisi", "Controllo operaio delle fabbriche", "Orgoglio operaio", "Ex elettori pentiti del PD". I politicanti della "sinistra" parlamentare, come Cofferati, Barca, Civati, Orfini (PD), Vendola (SEL), fino ad alcuni parlamentari del M5S, avevano evidentemente scambiato il 18 maggio per una passerella elettorale (il PD comunque non ha avuto il coraggio di farsi vedere ufficialmente in piazza ed ha mandato in avanscoperta appena una delegazione dei Giovani democratici). Ma la piazza non era per niente disposta ad accettare la presenza di chi ha acconsentito di stare al governo con il neoduce Berlusconi sulla pelle delle masse lavoratrici. Lo dimostra la contestazione ad Orfini, accerchiato al grido di: "Ci state prendendo per il culo con le larghe intese". Del resto, la linea del PD l'ha dettata lo stesso neo-segretario Epifani che, allineandosi al berluschino Renzi, ha clamorosamente affermato: "Non dobbiamo andare dietro ai sindacati". Si può ben dire che gli operai e la piazza hanno scavalcato a sinistra la debole piattaforma ufficiale della FIOM, che non si dichiarava contro il governo. Come ha affermato a Il Bolscevico Giorgio Cremaschi, esponente della Rete 28 Aprile: "In questa manifestazione c'è una grande potenzialità ma anche un'ambiguità del gruppo dirigente della FIOM, perché Landini ha detto ... che questa manifestazione non è contro il governo, e allora contro chi è? È contro la deriva dei continenti? Questo è sbagliato, quindi bisogna chiarire politicamente alla gente che scende in piazza chi sono gli avversari". E ha aggiunto: "senza un cambiamento di sistema anche i bisogni più elementari oggi non si realizzano, ... se mettiamo assieme tutte le forze in un grande movimento anticapitalista, allora possiamo ancora fare paura". Dello stesso parere Maria Luisa, esodata delle Poste, che dice a Il Bolscevico: "il cambiamento va fatto radicalmente, non rimettendo le stesse persone che hanno votato la riforma (Fornero, ndr), che hanno votato e sostenuto per un anno e mezzo il governo Monti che ci ha portato in questa situazione". Rincara la dose Angelita, che insieme ai precari Istat ("siamo in una condizione di instabilità a tempo indeterminato", racconta a Il Bolscevico) porta uno striscione raffigurante la Fornero che si trasforma nell'attuale ministro del Lavoro ed ex presidente Istat Giovannini: "siamo sicuramente qui a dire che questo governo non ci rappresenta e che il ministro del Lavoro, che è stato anche nostro ex presidente, sta dalla parte opposta della barricata, quella che vogliamo combattere". L'insofferenza verso l'immobilismo della CGIL della Camusso raggiunge l'apice con i fischi all'intervento dal palco del segretario confederale della CGIL Nicola Nicolosi, costretto a parlare incalzato dalle continue grida di "sciopero, sciopero generale" e "il potere dev'essere operaio". Non sono mancate critiche anche contro l'infame accordo CGIL-CISL-UIL sulla rappresentanza sindacale del 30 aprile scorso, accettato dalla FIOM, contestato in particolare dagli operai Irisbus. Addirittura parte della Rsu Piaggio di Pontedera non è venuta alla manifestazione per protesta. La partecipazione del PMLI Per livello di combattività e rivendicazioni e qualità delle parole d'ordine, la rossa punta anticapitalista, antigovernativa e anticostituzionalista della manifestazione è stata sicuramente la Delegazione nazionale del PMLI, diretta dal compagno Andrea Cammilli coadiuvato dal compagno Angelo Urgo e composta da militanti e simpatizzanti del Partito provenienti da Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Marche, Toscana, Lazio e Campania. Compatto e agguerrito, lo spezzone marxista-leninista ha tenuto alte le bandiere rosse dei Maestri e del PMLI e i cartelli con i manifesti "Opponiamoci al governo Letta-Berlusconi" e "Solo il socialismo può cambiare l'Italia" e diffuso Il Bolscevico e volantini con il documento dell'Ufficio politico sul governo Letta-Berlusconi. A più riprese sono state lanciate "Bella ciao", "Bandiera Rossa" e "L'Internazionale", coinvolgendo i manifestanti vicini. Non sono mancati gli applausi al passaggio della Delegazione. Encomiabili le compagne, in primissima fila nella diffusione e nel lancio degli slogan, ed i simpatizzanti, non da meno dei militanti nell'assolvimento dei loro compiti. Un punto di forza sicuramente è stato il fotomontaggio con Berlusconi nei panni di Mussolini che sghignazza con Letta in orbace, superfotografato e ripreso anche da professionisti, e che si è conquistato l'ammirazione e gli elogi dei manifestanti che in certi casi chiedevano anche di essere fotografati di fianco al manifesto. A chiara riprova che questo governo non gode della fiducia nemmeno della gran parte della base del PD. Un giovane compagno ha addirittura "posato" tenendo alto il cartello con il fotomontaggio davanti allo spezzone della FIOM di Venezia. La Delegazione, le cui insegne sono comparse su il manifesto (1a pagina), il Corriere della sera online, la Repubblica, La Stampa e in diverse dirette e servizi televisivi, ha trasmesso un inequivocabile messaggio di lotta contro il capitalismo ed il suo governo, per il socialismo, che sicuramente non potrà restare inascoltato da parte degli operai, lavoratori, precari, disoccupati, giovani e donne più coscienti e avanzati. E ha messo comunque una pulce nell'orecchio di tutti i fautori del socialismo e di chi aspira al cambiamento. il manifesto trotzkista, che di regola non parla mai della presenza del PMLI alle manifestazioni sindacali, questa volta l'ha fatto ma solo per attaccarci attraverso un articolo di Antonio Sciotto. Questi, parlando dei contestatori di Nicolosi, "tenuti a bada" dal servizio d'ordine della FIOM, ha scritto: "È vero che tra il pubblico, e proprio tra le prime file, c'erano i portabandiera di gruppi della sinistra 'vintage' (d'annata, da museo, ndr) e ormai scomparsa dal panorama politico mainstream (corrente principale, ndr) del PMLI (partito marxista-leninista italiano) alla sua variante". La Commissione per il lavoro di Organizzazione del CC del PMLI ha inviato ai membri della Delegazione un messaggio di ringraziamento nel quale si legge tra l'altro: "Voi a Roma, care compagne e compagni, avete offerto ai metalmeccanici e agli altri manifestanti, una stupenda immagine del nostro amato Partito compatto, combattivo, disciplinato, determinato, fiducioso verso l'avvenire. E avete dato prova di un grande spirito di sacrificio. Se si pensa che per quasi tre ore siete stati in prima linea sotto il palco a sventolare ininterrottamente le nostre bandiere e a tenere ben alti i nostri cartelli. Rintuzzando i tentativi di qualcuno del servizio d'ordine della Fiom che vi invitava ad abbassarli... I dirigenti nazionali del PMLI con alla testa il compagno Giovanni Scuderi e questa Commissione vi ringraziano di cuore per questo indimenticabile servizio che avete reso all'intero Partito, prendono forza dal vostro esempio rivoluzionario e marxista-leninista e imparano da voi a servire con tutto il cuore il Partito, il proletariato e le masse popolari". I discorsi di Rodotà e Landini Il momento saliente della manifestazione era costituito dall'intervento del giurista Stefano Rodotà, seguito dal discorso conclusivo del segretario generale della FIOM Maurizio Landini, avvenuti dopo gli interventi di un lavoratore migrante, esponenti italiani e greci dell'Alter Summit, delegati FIOM della Fiat e dei cantieri di Ancona, il Comitato art. 33 di Bologna, Sandra Bonsanti di "Libertà e giustizia", Fiorella Mannoia, Gino Strada (Emergency) e il già citato Nicolosi. In entrambi i casi, va detto che sono emersi diversi punti condivisibili sulla base dei quali è possibile realizzare un'unità di lotta sulle questioni immediate. Rodotà in particolare ha messo l'accento sulla lotta al presidenzialismo. Landini ha illustrato le rivendicazioni della FIOM, che comprendono il diritto di voto sui contratti e sciopero per i lavoratori, riconquistare il contratto collettivo nazionale, un piano straordinario per l'occupazione a partire dalla manutenzione del territorio, chiudere con il patto di stabilità e il pareggio di bilancio, sbloccare gli investimenti, rilanciare gli ammortizzatori sociali, tassare la ricchezza e la rendita finanziaria, lotta alla corruzione, cittadinanza e voto ai migranti. Nell'ambito delle rivendicazioni, non possiamo però dare credito al reddito di cittadinanza, che in fondo è la rinuncia alla lotta per la piena occupazione in cambio di un'elemosina elargita dalla classe dominante borghese. Landini è stato applauditissimo quando ha criticato il PD dicendo: "Non riesco a capire come si può essere al governo con Berlusconi e avere paura di venire in piazza con noi", e quando ha rifiutato la "pacificazione nazionale" dicendo che non è possibile "riunificare chi ruba con chi non ha diritti". Vere e proprie ovazioni le ha strappate affermando che contro Monti "il sindacato tutto non ha fatto quello che doveva fare" e promettendo che il governo Letta non avrà lunga durata se non cancellerà le politiche di Monti e Berlusconi (per inciso: a dir poco un'illusione, visto che entrambi fanno parte di quel governo). Parole sciupate, però, quando il segretario della FIOM ha assicurato che "metteremo in campo tutte le nostre iniziative", senza nemmeno accennare allo sciopero generale, che la piazza aveva chiesto a gran voce appena prima contestando Nicolosi. Allo stesso tempo Landini e Rodotà sono stati totalmente insufficienti riguardo alla strategia per il cambiamento. Non hanno detto una parola sulla lotta di classe, sul capitalismo e sul regime neofascista, al contrario si sono totalmente appiattiti sul costituzionalismo, al punto da dire che "la Costituzione è la nostra bussola". Che significa bloccare l'avanzamento qualitativo delle lotte, perché le ferma su rivendicazioni democratico-borghesi, tiene le masse legate alle istituzioni del capitalismo e impedisce loro di prendere coscienza che il problema di fondo sta nel sistema economico capitalista e nei governi che gli reggono il sacco. Inoltre Landini (strizzando l'occhio a SEL di cui è simpatizzante) ha duramente attaccato l'astensionismo elettorale come un "rischio", anziché come un distacco delle masse dalle istituzioni borghesi, affermando che sarebbe addirittura un vilipendio alla Resistenza. Tutt'altro! I partigiani hanno dato la vita per un mondo nuovo e giusto, non per essere strumentalizzati a difesa delle istituzioni del regime neofascista come quello in cui ci troviamo oggi. Insomma, Landini e Rodotà rilanciando il "nuovo modello di sviluppo" tutto interno al capitalismo e sacralizzando la Costituzione che istituzionalizza il potere della borghesia (inutile persino a frenare l'avanzata del neofascismo e del presidenzialismo) delineano una falsa alternativa che non torcerebbe nemmeno un capello al capitalismo e che risulta oggettivamente in contraddizione con le esigenze e le richieste della classe operaia e delle masse popolari e giovanili. Indirizzare la lotta contro il governo Letta-Berlusconi e il capitalismo per aprire la strada a un mondo nuovo Le masse sono alla disperata ricerca di un'uscita a sinistra dalla crisi che le sta tartassando così duramente e spietatamente. Settori sempre più vasti comprendono che la natura del problema sta nel capitalismo, anche se in larghissima parte non hanno idea di come liberarsene e con cosa sostituirlo. Insomma, complice anche il vergognoso inciucio neofascista che ha partorito il governo Letta-Berlusconi grazie alla levatrice Giorgio Napolitano, si rendono conto che urge un cambiamento radicale. Il PMLI offre loro una vera alternativa di classe rivoluzionaria, diametralmente opposta al costituzionalismo democratico-borghese propagandato da Landini e Rodotà, illustrata a chiare lettere dal Segretario generale compagno Giovanni Scuderi nell'editoriale per il 36° Anniversario della fondazione del Partito: "Per cambiare davvero l'Italia non c'è altra strada che quella di combattere contro il capitalismo, ma non basta. Occorre anche lottare per conquistare la società dei lavoratori, ossia il socialismo. Il che vuol dire accumulare le forze necessarie per la rivoluzione proletaria in modo da fare tabula rasa del capitalismo e delle sue istituzioni, cacciare la borghesia dal potere, istituire il sistema economico socialista senza più proprietà privata e sfruttamento dell'uomo sull'uomo, creare un nuovo ordinamento statale al servizio del popolo e instaurare il potere degli operai, che si chiama dittatura del proletariato". La strada per cambiare l'Italia passa necessariamente dalla lotta contro il governo Letta-Berlusconi al servizio del capitalismo, della classe dominante borghese e dell'Unione europea imperialista, contro cui occorre mettere in campo una dura opposizione di classe e di massa nelle fabbriche, in tutti i luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle università, nelle piazze, nelle organizzazioni di massa a partire dai sindacati, estendendo e moltiplicandole iniziative di lotta. La rossa e incoraggiante piazza del 18 maggio ci dice che la forza per farlo c'è. L'esperienza anche recente dimostra che la classe operaia e le masse lavoratrici, popolari, giovanili e femminili non hanno nulla da ottenere dal costituzionalismo, dal legalitarismo, dal parlamentarismo e dal riformismo, mentre dalla lotta per il socialismo hanno da guadagnare un intero mondo libero dallo sfruttamento, dalla povertà e dall'oppressione. 22 maggio 2013 |