Secondo Bankitalia Il 10% degli italiani possiede il 45,9% della ricchezza Aumenta il divario tra ricchi e poveri Dicembre è il mese delle statistiche, dei dati concreti nei quali le politiche dei governi si specchiano e vengono svelate nella loro essenza antipopolare da numeri impietosi. È Bankitalia che col Supplemento al Bollettino statistico riguardo ai Bilanci delle famiglie italiane nell'anno 2010 ci rivela nei suoi termini più crudi quello che è uno dei fattori e delle conseguenze della crisi. La concentrazione della ricchezza La ricchezza familiare netta, considerata come somma delle attività reali (immobili, aziende e oggetti di valore) e delle attività finanziarie (depositi, titoli di Stato, azioni) al netto delle passività finanziarie (mutui e altri debiti) presenta un valore medio per le famiglie italiane di 163.875 euro. È, tuttavia, il dato riguardante la concentrazione della ricchezza familiare da tenere in considerazione per comprendere quale effettivamente sia la condizione patrimoniale della stragrande maggioranza degli italiani. Il 10% delle famiglie più ricche possiede il 45,9% della ricchezza netta familiare totale. Il 50% delle famiglie più povere detiene appena il 9,4% della ricchezza totale. C'è poi un 2,8% di famiglie senza nulla. Il dato è ancor più rilevante se si considera che la concentrazione della ricchezza aumenta rispetto alla precedente indagine del 2008, quando il 10% delle famiglie più ricche possedeva il 44,3% della ricchezza familiare. Gli analisti di Bankitalia hanno usato l'indice di Gini, che misura la diseguaglianza di una distribuzione ed è un numero compreso tra 0 ed 1, per fornire un'idea della concentrazione della ricchezza in Italia. Valori bassi del coefficiente indicano una distribuzione omogenea della ricchezza. Il valore 0 corrisponde alla equidistribuzione, una situazione, mai presente nel sistema capitalista, in cui tutti percepiscano esattamente lo stesso reddito. Il valore 1 corrisponde alla massima concentrazione, ovvero la situazione dove una persona percepisca tutto il reddito del Paese, mentre tutti gli altri hanno un reddito nullo. In Italia l'indice per il 2010 risultata pari a 0,62, in aumento rispetto alla precedente rilevazione del 2008 0,61. Significa che in Italia la ricchezza ha un elevatissimo e crescente tasso di concentrazione nelle mani di poche famiglie mentre aumenta il divario tra ricchi e poveri. Chi possiede di più e chi possiede di meno in Italia I dati sottolineano come la sperequazione della ricchezza si orienti sostanzialmente secondo due divisioni fondamentali: quella di classe e quella di residenza in una delle tre macroaree Nord, Centro, Sud e Isole. Oltre un quarto delle famiglie con capofamiglia professionista o dirigente rientra nella fascia di ricchezza più elevata. La ricchezza netta media di una famiglia di un dirigente ammonta a 305.000 euro (non vi sono conteggiati beni immobili e attività finanziarie). Inoltre per l'81,6% le famiglie di dirigenti possiedono la casa di residenza, per il 32,8% possiedono altre abitazioni, per l'8,3% possiedono altri fabbricati, per il 9,9% possiedono terreni agricoli e per il 2,1% terreni non agricoli. Ben diversa la condizione delle famiglie con un capofamiglia operaio. La ricchezza media netta scende a 39.500 euro. Ben il 46,5% delle famiglie operaie non possiede alcuna abitazione e appena il 48,7% è riuscita ad acquistare l'abitazione di residenza. Il 6,7% delle famiglie operaie possiede un terreno agricolo, nella maggioranza dei casi non acquistato ma eredità familiare, usato per integrare con i prodotti della terra l'economia del nucleo familiare. Anche sul piano delle pensioni la sperequazione è notevole. Solo il 9% di un capofamiglia operaio può permettersi una polizza vita, e il 21,3% una pensione integrativa contro il 28,4% e il 41,3% dei dirigenti. L'altro asse della sperequazione della ricchezza si basa sulla storica divisione tra Nord e Sud. Nel Nord il valore medio del reddito e dei consumi delle famiglie è rispettivamente di 30.585 e 24.000 euro che precipitano a 20.077 e 16.920 nel Sud, dove si registra la più alta percentuale di famiglie indebitate verso parenti e la minore percentuale di attività finanziarie e depositi bancari. Sono state le scelte iperliberiste del governo Monti, oltre che di quelli che lo hanno preceduto a favorire l'accentramento della ricchezza in Italia. Basti soltanto pensare alla privatizzazione dei servizi, che penalizza prevalentemente le famiglie a mono reddito e favorisce pochissime famiglie di capitalisti. Non a caso il PMLI lo ha definito il governo della macelleria sociale. 19 dicembre 2012 |