Fomentata dalla 'ndrangheta Barbarie a Rosarno A Roma manganellati i solidali con gli immigrati Le responsabilità del governo Ridotti in schiavitù, sfruttati come bestie da soma dall'alba al tramonto in cambio di 20 miserabili euro al giorno; taglieggiati e vessati dai caporali, costretti a vivere in condizioni igienico sanitarie a dir poco bestiali, senza acqua corrente, luce, gas né servizi igienici; ammassati in capannoni fatiscenti di ex fabbriche dismesse e infine esasperati dalle continue aggressioni, minacce, intimidazioni, pestaggi e soprusi di ogni genere da parte della criminalità organizzata: gli oltre 1.500 immigrati, in gran parte ghanesi, togolesi e burkinabé, accampati da diverse settimane nel ghetto di Rosarno (Reggio Calabria) per la raccolta degli agrumi nella Piana di Gioia Tauro non ce l'hanno fatta più a sopportare l'infernale sfruttamento a cui li sottopongono da oltre 20 anni i boss della 'ndrangheta, i grossi proprietari degli agrumeti e i caporali e il 7 gennaio hanno dato il via a una coraggiosa rivolta di massa degenerata in violenti scontri di piazza con la polizia. La rivolta degli immigrati è scattata in risposta all'aggressione subita nel corso della giornata da tre immigrati, presi di mira e feriti da sconosciuti che hanno sparato contro di loro con un'arma ad aria compressa. Il primo a essere colpito, in mattinata, è stato un giovane marocchino. Poi, nel pomeriggio è toccato a un ivoriano e a un rifugiato politico del Togo con regolare permesso di soggiorno. Appena appresa la notizia dell'ennesima aggressione, centinaia di immigrati si sono riuniti davanti ai capannoni dell'ex Opera Sila, dell'ex oleificio Esac e dall'ex fabbrica Rognetta e, dopo aver bloccato con i cassonetti dell'immondizia la statale 18 che collega Gioia Tauro con Rosarno, in corteo hanno raggiunto il centro di Rosarno per protestare contro lo sfruttamento e l'oppressione mafiosa e scaricando la loro rabbia contro tutto ciò che si trovavano davanti. Polizia e carabinieri hanno risposto a suon di manganellate e lacrimogeni. Al termine degli scontri si contano almeno 32 persone ferite, 8 arrestati e diversi contusi. Auto danneggiate, portoni, vasi, panchine e ringhiere delle abitazioni distrutte. Alcune auto, fra cui quella del figlio di un boss, sono state prese a sassate dai manifestanti. Un "affronto" allo strapotere della 'ndrangheta la cui reazione non si è fatta attendere. Già a tarda serata alcuni gruppi di rosarnesi capeggiati da pregiudicati e familiari delle cosche mafiose dei Bellocco e dei Pesce si sono radunati nei pressi dello stabilimento "ex Opera Sila", in località Bosco di Rosarno e dopo aver formato una barricata con le carcasse delle auto incendiate e i copertoni hanno scatenato una vera e propria "caccia al negro". Sprangate, linciaggi, ferimenti, aggressioni, pestaggi e agguati a colpi d'arma da fuoco contro gli immigrati sono andati avanti per tutto il giorno seguente. Si contano almeno 37 africani feriti: due sono stati gambizzati a colpi di pistola sulla strada per Laureana di Borrello; un altro è stato colpito a sprangate sulla statale 18 e versa in gravi condizioni, altri cinque sono stati investiti da auto e altri due versano in gravi condizioni in seguito a un brutale linciaggio. Sui muri del municipio, commissariato per mafia nell'ottobre 2008, sono comparsi alcuni striscioni che inneggiano alla "deportazione dei negri" e alla liberazione di Andrea Fortugno, condannato per il tentato omicidio di due africani il 12 dicembre 2008. Una barbarie fomentata dalle cosche ma le cui responsabilità ricadono in primo luogo sui governi nazionali e locali che, pur conoscendo da tempo l'esplosiva situazione di Rosarno, non hanno fatto niente per risolverla. Anzi hanno continuato a fomentare il clima di odio razziale e xenofobo come testimonia l'infame intervento del ministro fascio leghista Maroni che a "Mattino 5" ha dichiarato: "Siamo stati troppo tolleranti. In tutti questi anni è stata tollerata, senza fare nulla di efficace, una immigrazione clandestina che da un lato ha alimentato la criminalità e dall'altro ha generato situazioni di forte degrado come quella di Rosarno". Come dire: "Se la sono cercata". Una linea neofascista, avallata anche dal vertice tra la task-force nominata dal ministro dell'Interno e la commissione straordinaria retta dal prefetto Domenico Bagnato, che usa il pugno di ferro contro gli immigrati, tutti deportati nel giro di 24 ore nei centri di "accoglienza" di Crotone, Bari e Foggia, e garantisce invece tolleranza piena e piena omertà alle cosche e a chi li sfrutta. L'eventualità di una "regia" della 'ndrangheta è stata vagliata soprattutto alla luce del fatto che fra i tre rosarnesi arrestati durante le aggressioni agli immigrati dell'8 gennaio, figura anche Antonio Bellocco, figlio del boss dell'omonima cosca. Del resto la Piana di Gioia Tauro è al centro di un vasto territorio in cui la simbiosi fra Stato borghese e criminalità organizzata è pressoché totale e dove non si muove foglia senza il consenso dei boss. Non è un caso che Rosarno, come Gioia Tauro e quasi tutto il resto dei comuni della Piana sono stati sciolti per mafia. Cosiccome non è un caso che il Consiglio regionale, la cui giunta è attualmente in mano al "centro-sinistra", è il più inquisito d'Italia. E dunque è proprio all'interno di questo criminale intreccio fra mafia e politica che la barbarie di Rosarno va inquadrata. Non può essere una semplice coincidenza se tutto ciò è avvenuto appena a una settimana dall'attentato dinamitardo alla Procura generale di Reggio Calabria (forse per sviare l'attenzione sulle indagini in corso) e in piena campagna per le candidature alle elezioni regionali di marzo, che vede moltissimi esponenti della 'ndrangheta eletti a livello locale col "centro-sinistra" cambiare casacca e presentarsi questa volta nel PDL per potersi assicurare la poltrona in Consiglio regionale in previsione della vittoria del "centro-destra". Secondo gli inquirenti non è da escludere che il ferimento dei tre immigrati possa essere stata una provocazione compiuta con la consapevolezza della reazione che ci sarebbe stata fra gli immigrati, appunto per riaffermare il predominio della 'ndrangheta sul territorio e verso le istituzioni. Nel dicembre 2008 altri due ragazzi togolesi furono gravemente feriti a colpi di Kalashnikov. E anche allora circa 800 lavoratori africani scesero in piazza per denunciare le condizioni di schiavitù a cui erano sottoposti e gli attentatori furono subito arrestati. Intanto si susseguono in tutta la Penisola manifestazioni e iniziative di solidarietà da parte delle associazioni e dei circoli antirazzisti a favore degli immigrati di Rosarno. Il 10 gennaio a Roma sono scesi in piazza migliaia di persone. Il corteo è stato caricato più volte dalle "forze dell'ordine" nei pressi del ministero degli Interni, sono stati feriti tre ragazzi, uno dei quali è stato portato in ospedale. Il corteo è comunque riuscito a raggiungere piazza Vittorio, centro multietnico della capitale, dove si è svolta un'assemblea pubblica di solidarietà con gli immigrati di Rosarno. 13 gennaio 2010 |