Col voto di tanti socialisti e l'astensione del Pd L'ex "maoista" Barroso rieletto presidente della commissione Ue Aveva l'appoggio unanime dei 27 capi di Stato e di governo dell'Ue Con 382 voti a favore, 219 contrari e 117 astenuti (fra cui il PD) il Parlamento europeo ha approvato il 16 settembre la conferma del portoghese Josè Manuel Durao Barroso alla guida della Commissione dell'Unione europea (Ue). Un risultato che lo ha inorgoglito, "esco dal voto con una legittimità rafforzata, nessun Presidente prima di me è stato rieletto dal Parlamento europeo", ma neanche tanto eclatante dato che aveva l'appoggio unanime dei 27 capi di Stato e di governo della Ue. Appena ricevuto il consenso del parlamento per il secondo mandato, Barroso si è preso l'impegno di iniziare a lavorare per "difendere il bene comune europeo" a partire da una visita in Irlanda per sostenere il voto favorevole al referendum sul Trattato europeo, già bocciato dal popolo irlandese, e per far sentire la voce dell'Europa alla conferenza sul clima dell'Onu e al G20. Nel suo programma liberista compaiono interventi a favore di un nuovo testo per la Direttiva sull'orario di lavoro, dopo che il parlamento aveva bocciato il primo tentativo di portare la settimana lavorativa a 60 ore. Per quanto riguarda la riorganizzazione della Commissione Barroso ha annunciato che vuole creare un commissario "al degrado climatico" e che intende dividere l'attuale titolare di giustizia ed interni in due parti, un dicastero "per giustizia e diritti civili" e un altro per "interni e immigrazione con delega alla sicurezza"; una misura che punta neppur troppo velatamente a togliere alla direzione generale ambiente, considerata troppo "ecologista", della titolarità nella lotta al riscaldamento del pianeta e nel definire la questione dell'immigrazione come una questione solo di sicurezza e non di diritti da tutelare. Ne ha fatta di strada l'ex "maoista" Barroso, che ha iniziato la sua carriera politica nel 1976 a vent'anni, subito dopo la "Rivoluzione dei garofani", come attivista del "Movimento Riorganizzato del Partito del Proletariato" (Mrpp). Dopo due anni ha già abbracciato la sua vera causa, quella capitalista e imperialista. Laureatosi in legge, insegna a Ginevra e alla Georgetown University, l'ateneo gesuita di Washington. Nel 1980 torna in Portogallo, insegna all'università Lusiada di Lisbona e si iscrive al partito socialdemocratico, che nel paese rappresenta la destra classica. A 29 anni è già nel governo come sottosegretario agli Interni e successivamente agli Esteri e Cooperazione. Nel 1992 diventa il più giovane ministro degli Esteri del Portogallo, carica che rivestirà fino al '95 quando andarono al governo i socialisti. Nel 1999 è eletto presidente del partito e dopo la vittoria elettorale del 2002 diventa primo ministro. Controriforma liberista e liberticida del "mercato del lavoro", tartassamento dei ceti più deboli, privatizzazioni, taglio dello "Stato sociale" i capisaldi della sua azione di governo. In politica estera stringeva l'asse con l'allora collega spagnolo Aznar e promuoveva tra l'altro il vertice delle Azzorre, con Bush, Blair e Aznar che fece da prologo all'aggressione imperialista all'Iraq. Con Blair, Berlusconi e Aznar, fu uno degli otto firmatari della lettera di appoggio agli Usa nell'intervento in Iraq che spaccò l'Ue. Nonostante questo al momento della sua prima elezione, il 29 giugno 2004, col sostegno convinto anche dell'allora governo Prodi, sostenne: "mi impegnerò per un'Europa più forte e coesa e più attivamente presente sullo scenario internazionale". Un compito a favore della superpotenza imperialista europea svolto con profitto tanto da meritarsi la riconferma dei 27 paesi Ue. 23 settembre 2009 |