Per "truffa ai danni dello Stato, frode in forniture pubbliche e abuso d'ufficio" Richiesto il rinvio a giudizio per Bassolino, il figlio e il fratello di Romiti per la criminale gestione dei rifiuti Per i magistrati si tratta di un "progetto criminoso" ordito dalla multinazionale Impregilo e dal Commissariato di governo ai danni dell'ambiente e della salute delle popolazioni campane Redazione di Napoli "Truffa ai danni dello Stato, frode in forniture pubbliche e abuso d'ufficio", questi i capi d'accusa per i quali il 1° agosto scorso la procura di Napoli ha chiesto il rinvio a giudizio per 28 imputati dell'inchiesta sulla spaventosa ecatombe ambientale e sanitaria provocata dalla criminale gestione dei rifiuti solidi urbani in Campania. Sotto accusa Pier Giorgio Romiti, figlio di Cesare, amministratore delegato della Impregilo Spa e membro del comitato esecutivo della società, il fratello Paolo, direttore commerciale della controllata Fisia Italimpianti spa e dirigente Impregilo, Angelo Pelliccia, direttore generale delle controllate Fibe spa e Fibe Campania, Vincenzo Urcioli e Antonio Pompili, rispettivamente presidente del cda e responsabile gestione impianti di tali aziende, i capo impianti dei Cdr di Caivano, Giugliano, Tufino, Santa Maria Capuavetere, Pianodardine, Casalduni, Battipaglia, oltre a Umberto Pisapia, ingegnere capo dei lavori per gli impianti di Cdr in province diverse da Napoli. Per le responsabilità istituzionali è arrivata finalmente la richiesta di rinvio a giudizio del governatore Antonio Bassolino, commissario di governo per l'emergenza rifiuti della Campania fino al febbraio 2004, e con lui di Raffaele Vanoli, vicecommissario nominato nel 1999, Giulio Facchi, subcommissario, Salvatore Acampora, coordinatore della segreteria del vicecommissario, Giuseppe Sorace e Claudio De Basio, funzionari del commissariato, i tecnici Bruno Magavero, Sergio Asprone, Roberto Gambato, dell'area emergenze ambientali dell'Arpac (agenzia regionale per la protezione ambientale). I Pm Paolo Sirleo e Giuseppe Noviello parlano di un "progetto criminoso architettato per costituire una apparente tranquillità, anche mediante silenzio, non manifestando l'inidoneità tecnica degli impianti e la disorganizzazione gestionale di un corretto e regolare adempimento del servizio". Non solo quindi un Bassolino "inerte" di fronte alle cronache della tragedia e ignaro di tutto, come vuol fare credere quando ai giornalisti ("Firmavo le ordinanze, ma non leggevo le carte"), ma un premeditato progetto criminoso ideato e praticato a favore della famiglia Romiti da colui il quale, in veste di Commissario straordinario di governo "non impediva, realizzava e consentiva la perpetua violazione degli obblighi contrattuali assunti dalla Ati affidataria in relazione alla gestione del ciclo dei rifiuti solidi urbani in Campania a valle della raccolta degli stessi". In questo modo, forti della piena copertura e complicità al più alto livello istituzionale, "nonostante tutte gli inadempimenti contrattuali", i pescecani dell'Impregilo, hanno per anni gestito il "ciclo dei rifiuti solidi urbani" della Campania, sabotando attivamente la raccolta differenziata e il riciclaggio, e limitandosi a impacchettare alla meno peggio milioni di ecoballe di "rifiuto tal quale" in attesa di lucrare altri soldi pubblici per incenerirli e produrre energia. In particolare i giudici sottolineano come la struttura commissariale, con l'avallo dell'Arpac e dell'assessorato regionale all'ambiente, non solo chiudevano tutte e due gli occhi sulle lampanti violazioni delle più elementari norme di sicurezza e di tutela della salute e dell'ambiente nei 7 impianti di Cdr campani ma, tramite una lunga serie di "artifizi e raggiri", come ad esempio "un'attività di prelievo e campionamento" assolutamente "non rappresentativa del reale processo di lavorazione", "rappresentavano falsamente la produzione di compost e Cdr (combustibile derivato dai rifiuti) conforme ai contratti stipulati con le aziende vincitrici della gara". Le eclatanti "omissioni di controllo e di iniziative dei commissari e dei sub commissari", avrebbero così prodotto, secondo la procura, la disastrosa situazione che è sotto gli occhi di tutti: 1) "ingiusti profitti alle società coinvolte" (oltre 1 miliardo di euro a fondo perduto!), che sarebbero state persino dispensate economicamente, con il trucco dello stoccaggio in loco, da un corretto conferimento in siti idonei delle eco balle"; 2) infiniti "rallentamenti e interruzioni del servizio di ricezione dei rifiuti da parte degli impianti di Cdr con il conseguente accumulo degli stessi in strada, o presso i siti di stoccaggio"; quell'emergenza infinita che, come il pozzo senza fondo del dopo-terremoto, "costringeva" a stanziare nuovi fondi da intascare e da girare in parte nelle fauci delle voraci e alleate cosche dell'ecomafia. Tutta da verificare è invece l'ipotesi prospettata dai magistrati che siano stati "raggirati il ministro dell'Interno, la Presidenza del Consiglio, e il Dipartimento della Protezione civile". Se è vero infatti che l'omertoso Bassolino inviava relazioni contraffatte della situazione e ancora nell'aprile 2004, dinanzi alla commissione ambiente del Senato magnificava la gestione rifiuti in Campania come "un modello di sviluppo tecnologico" (sic!), è vero anche che è quantomeno improbabile che i ministri e i rappresentanti dei governi che si sono succeduti dal 1994 a oggi fossero ignari di tutto ciò che accadeva nel suo feudo, tanto più che molti di loro, compreso l'attuale presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, sono campani. Del resto chiunque poteva rendersi conto della situazione, andando per esempio su Google earth e "zoommando" sui cimiteri di ecoballe che, giorno dopo giorno, "passo dopo passo", diventavano montagne di immondizia. E poi c'è da chiedersi, non hanno essi forse avallato la scellerata e senza precedenti decisione di Rastrelli e Bassolino di privatizzare in blocco un servizio pubblico essenziale per 6 milioni di persone? Noi auspichiamo che, configurando il reato di disastro sanitario e ambientale doloso le inchieste della magistratura vadano fino in fondo e accertino tutti i livelli di responsabilità, giungendo a condanne esemplari, anche in termini di risarcimento danni da destinare alle bonifiche e alle assunzioni stabili nella differenziata. Intanto invitiamo il titubante capo della Procura, Giandomenico Lepore, ad aprire subito, prima che sia troppo tardi, un fascicolo sulle emissioni del mostruoso inceneritore di Acerra, ormai quasi completato e che potrebbe entrare in funzione già alla fine dell'anno, nonché sulle megadiscariche illegali riaperte dopo il decreto del governo Prodi, come quella di Terzigno, nel parco nazionale del Vesuvio. Ricordiamo infatti ai magistrati che invece di dimettersi per affrontare il processo, con la protervia e la tracotanza propria soltanto dei fascisti, il governatore e il suo fido assessore Andrea Cozzolino, in vista del ritorno alla gestione ordinaria a partire dal 1° gennaio 2008, sono corsi a incontrare il direttore generale di Confindustria campana per concordare con lui "la costruzione di un nuovo ciclo industriale dei rifiuti in cui componenti pubbliche e private operano nel modo più efficiente". Si tratta di quel piano industriale di incenerimento sul modello bresciano che, per le popolazioni della Campania, significherebbe soltanto cadere dalla padella nella brace! 29 agosto 2007 |