La polizia entra persino in parlamento Battaglia di piazza ad Atene Duecentomila, per lo più giovani, in corteo contro i micidiali tagli. Alcuni partiti della "sinistra" borghese proclamano la "Disobbedienza civile" Il parlamento greco, con una risicatissima maggioranza di 153 voti a favore, ha approvato nella notte del 7 novembre il nuovo pacchetto di tagli e controriforme considerato dalla troika (Ue, Bce e Fmi) indispensabile per concedere alla Grecia un'altra rata di aiuti da 31,5 miliardi di euro. Fuori del parlamento, in piazza Syntagma a Atene, una folla di manifestanti assediava e tentava l'assalto alla sede parlamentare per dire no ai nuovi provvedimenti di lacrime e sangue messi in campo dal governo di Samaras. Piazza Syntagma è stata per due giorni il centro della rivolta popolare contro l'austerità e solo l'imponente schieramento della polizia, che ha fatto largo uso di lacrimogeni e idranti con acqua e sostanze chimiche, ha permesso al parlamento di concludere i suoi lavori. Gli agenti sono intervenuti financo dentro la sede parlamentare per reprimere uno sciopero degli impiegati interni. In vista dell'approvazione del pacchetto di "austerità" tutte le organizzazioni sindacali e gran parte delle associazioni professionali avevano proclamato una sciopero generale di 48 ore, a partire dal 6 novembre, che ha portato centinaia di migliaia di lavoratori in piazza a Atene e nelle altre città contro il governo tripartito di Samaras, leader del partito di destra Nea Demokratia, appoggiato dai socialisti del Pasok di Venizelos e da Sinistra Democratica di Koubelis. Già il 5 novembre due cortei avevano attraversato Atene per confluire in piazza Syntagma chiedendo il ritiro dei tagli e il ripristino dei diritti dei lavoratori cancellati dal governo in una città quasi paralizzata dallo sciopero di tutti i mezzi di trasporto su rotaia. Un preavviso di quanto sarebbe successo nei due giorni di sciopero generale in concomitanza col varo della manovra in parlamento. Con la manovra approvata il 7 novembre, la nona dall'inizio della crisi, raggiunge i 76 miliardi, pari al 40% del pil, il totale delle finanziarie approvate dal parlamento di Atene. Il governo Samaras è riuscito finora a evitare la bancarotta ma ha tra l'altro affossato del 20% il pil del paese e portato la disoccupazione al 25%. E il prezzo che pagheranno i lavoratori e le masse popolari sarà ancora più pesante con le nuove misure che prevedono tra le altre per i dipendenti pubblici un taglio dei posti di lavoro di almeno 25 mila unità entro un anno, la messa in aspettativa per un anno e successivamente il licenziamento per i dipendenti degli enti soppressi, l'abolizione dei premi in denaro previsti due volte l'anno; il taglio dello stipendio minimo di oltre il 20%, fino a poco meno di 600 euro, che resterà tale fino a quando la disoccupazione non scenderà al 10%. Per tutti i lavoratori varrà la riduzione della buonuscita in caso di licenziamento senza preavviso, licenziamento che potrà essere con effetto immediato, invece del preavviso dei sei mesi attuali, per i dipendenti con meno di un anno di anzianità; saranno ridotti i salari d'ingresso per giudici, poliziotti, militari e professori. L'età minima della pensione sale da 65 a 67 anni; le pensioni subiranno tagli, del 5% quelle tra i mille e i 1.500 euro, aboliti i bonus di Natale e Pasqua. Il 6 novembre almeno centomila manifestanti partecipavano ai cortei in una capitale paralizzata dallo sciopero, altri duecentomila sfilavano nelle manifestazioni in tutto il paese. Il 7 novembre erano in duecentomila, per lo più giovani, ai cortei che percorrevano le strade di Atene fino a riempire piazza Syntagma e le strade adiacenti superando i blocchi stradali dei camion della polizia che invano cercava di limitare il numero dei manifestanti che si dirigevano ad assediare il parlamento e decisi a rimanere in piazza aspettando l'esito della votazione. Non aspettava la polizia che caricava i manifestanti; in tanti rimanevano in piazza e partecipavano agli scontri. I riflessi della battaglia di piazza arrivavano comunque fin dentro l'aula dove il provvedimento passava con 153 voti favorevoli, appena due in più dei 151 necessari. Erano i voti solo di Nea Demokratia e Pasok mentre i parlamentari di Sinistra democratica si astenevano. Anche sette deputati, sei del Pasok e uno di Nea Demokratia votavano contro e erano immediatamente espulsi dai gruppi parlamentari. Alcuni partiti della "sinistra" borghese che avevano votato contro i tagli proclamavano la "Disobbedienza civile". La segretaria di Kke chiedeva "la massiccia e organizzata disobbedienza del popolo, non solo contro le decisioni del governo, ma anche contro il sistema in generale: abolizione dei monopoli, ritiro dagli impegni con la Unione Europea", perché ogni altra soluzione significa "rimanere entro le mura". Il premier Samaras incassava il risultato sottolineando che solo grazie all'approvazione della legge il governo avrebbe potuto incassare gli aiuti della Ue senza i quali dal 16 novembre non avrebbe avuto la liquidità necessaria a pagare salari, pensioni e servizi per il Paese. Col solo risultato di spostare il momento del tracollo a spese dei lavoratori e pensionati. 14 novembre 2012 |