Polizia, carabinieri e finanzieri attaccano all'alba con lacrimogeni, manganelli, idranti, ruspe, draghe con pinze Battaglia dei No Tav per impedire l'inizio dello scempio della Valsusa 90 feriti tra cui alcuni agenti. Mobilitazioni di solidarietà in molte città. Anche il PMLI in piazza a Napoli e Firenze. Il PD avalla lo sgombero violento e difende l'alta velocità Torino-Lione. Berlusconi: "non possiamo più perdere tempo" Il governo dei manganellatori e che non rispetta la volontà popolare deve dimettersi Sapevano che ormai un blitz militare da parte della polizia di Maroni e del neoduce Berlusconi era nell'aria, non sapevano quando, ma sapevano che sarebbe accaduto, anche alla luce delle dichiarazioni del ministro dell'interno che, lapidario e minaccioso, aveva annunciato che "il cantiere apre entro il 30 giugno, e l'opera si fa", "chi si oppone - continuava - non credo che riuscirà a fermare il cantiere, non deve farlo". Per questo il movimento dei No Tav il 26 giugno si era autoconvocato in assemblea popolare nella piccola "Libera Repubblica della Maddalena", un fazzoletto di terra nel territorio del comune di Chiomonte, in provincia di Torino, dove si scaverà la prima galleria propedeutica alla costruzione dell'opera, e dopo un'approfondita discussione aveva deciso di "resistere con coraggio e determinazione". A suggellare questo grido di battaglia, la sera stessa si era svolta una bella e partecipata fiaccolata a Chiomonte, che si era ingrossata cammin facendo, fino ad arrivare, secondo i promotori della marcia, a circa diecimila manifestanti. I cattivi presagi si sono materializzati all'alba del 27 giugno, quando oltre 2.500 agenti, tra polizia, carabinieri e finanzieri, tra cui oltre 1.000 in assetto antisommossa, aiutati da quaranta mezzi blindati, cominciano a stringere a tenaglia il presidio dei No Tav. Molti agenti si piazzano nelle gallerie dell'autostrada Torino-Bardonecchia. Arrivano anche draghe con pinze, spalaneve e ruspe, mentre un elicottero sorvola per tutto il giorno la zona. Il governo del neoduce scende in guerra contro le masse popolari e mostra i muscoli, il messaggio è chiaro: "vi passiamo sopra se non vi togliete di mezzo". Le immagini richiamano alla mente i blindati usati dai nazi-fascisti per sterminare la popolazione civile o le ruspe israeliane che passano sopra i giovani palestinesi che lanciano pietre. Il superequipaggiato battaglione militare del governo comincia ad avanzare con i mezzi pesanti che, nonostante la presenza di centinaia di manifestanti, cercano di spazzar via le barricate erette a difesa del presidio. I No Tav (circa un migliaio i presenti) si difendono e resistono per oltre quattro ore. Nel tentativo di abbattere la barricata denominata Stalingrado dai partecipanti, le ruspe distruggono praticamente l'autostrada, mentre la polizia spara acqua con gli idranti. Partono i cori "giù le mani dalla Val di Susa", "Servi", "Mafiosi". La tensione sale alle stelle, con i manifestanti e le "forze dell'ordine" che si fronteggiano davanti ai mezzi meccanici. Il tentativo di mediazione dei sindaci fallisce prima di iniziare per "una proposta indecente" da parte delle forze repressive: "Vi lasciamo prendere le vostre cose e andate via". Ovviamente la risposta è stata "No". A quel punto, è partito l'attacco concentrico al villaggio con un fitto lancio di lacrimogeni, violento, ingiustificato, anche ad altezza d'uomo, come già l'assalto precedente. Per i No Tav non c'è stato scampo, se non quello di ripiegare in fila indiana su per i monti. Altri ancora hanno eretto a ridosso dell'autostrada nuove barricate, fatte di tronchi e filo spinato, per impedire l'accesso alle ruspe, colpite anche da lanci di pietre, mentre le "forze dell'ordine", dopo aver preso possesso del territorio proteggevano il lavoro delle ditte incaricate dell'allestimento del cantiere. Alcuni manifestanti sono stati arrestati, altri sono fuggiti nei boschi disperdendosi sulle alture circostanti. Alla fine della battaglia si conteranno circa 90 feriti, la stragrande maggioranza tra i manifestanti, colpiti da lacrimogeni, e alcuni agenti. Dai sostenitori pro Tav della compagine governativa, PDL, Lega, e dall'UDC e dai finiani si sono sprecati i complimenti all'operato delle milizie di Maroni, a cui si sono sovrapposti in fotocopia quelli del PD. A partire da Bersani che invece di condannare il blitz militare ha pensato bene di accusare: "nel movimento No Tav ci sono anche frange violente: negarlo significa assolversi e non siamo d'accordo", per arrivare al neosindaco di Torino, Fassino, PD, che ha direttamente espresso solidarietà alle "forze dell'ordine" e ha ringraziato il prefetto e il questore "per l'equilibrio con cui stanno gestendo la vicenda". E poi a sostegno delle sue ragioni per il Sì all'opera ha detto: "Dobbiamo spostare la discussione sul 'come' realizzare l'opera ma lasciamoci alle spalle la discussione sul 'se''' (sic!). Un giudizio questo che più o meno condivide col neoduce Berlusconi che a tarda serata ha dichiarato: "Abbiamo ascoltato tutti, sentito le ragioni delle diverse parti per arrivare a soluzioni condivise, ma ora basta non si può più perdere tempo". Insomma, con le buone o con le cattive, la Torino-Lione si farà. L'opzione militare in perfetto stile nazista decisa dal governo non ha certo fermato la protesta dei No Tav che dopo lo sgombero hanno bloccato la statale del Monginevro nel centro di Chiomonte. Altri blocchi a macchia di leopardo sono già stati attuati o sono annunciati dagli attivisti nelle prossime ore in Val di Susa, ma anche a Torino, su strade e ferrovie. Immediata e su tutto il territorio nazionale è scattata la solidarietà al movimento No Tav. Scioperi spontanei si sono svolti in molte fabbriche metalmeccaniche della Val di Susa ricevendo il pieno appoggio del presidente del Comitato centrale della Fiom Cremaschi che ha affermato: "La soluzione militare decisa dal governo e dalle istituzioni piemontesi non porta da nessuna parte. Non si agisce contro un intero popolo, lo sciopero generale della Val Susa è solo l'inizio di una mobilitazione che continuerà e che alla fine riuscirà a farsi valere". L'indignazione delle masse popolari democratiche e progressiste si è materializzata in decine di presidi e manifestazioni in alcune fra le più importanti città della Penisola. Alcuni organizzati quasi in tempo reale con quanto stava accadendo in Val di Susa. Come è accaduto a Cagliari dove già al mattino militanti del comitato "No-Radar" che si batte contro la costruzione di radar di avvistamento degli immigrati lungo le coste sarde, si sono ritrovati davanti alla prefettura in piazza Palazzo per un sit-in di solidarietà ai No Tav. Nel pomeriggio si è svolto un presidio a Bologna, sotto la fontana del Nettuno, mentre a Roma davanti a Piazza Colonna, di fronte a Palazzo Chigi, è iniziato un sit-in organizzato da SEL, Sinistra critica e Movimento cinque stelle, a cui hanno partecipato attivisti del Popolo Viola, dei Cobas e di Libera. Da qui è partito un corteo che ha bloccato un tratto di via del Corso. Alcuni fumogeni sono stati lanciati contro le sedi del PDL e del PD. Nelle stesse ore a Torino davanti al municipio, dove era in corso il Consiglio comunale, i No-Tav cittadini hanno organizzato un presidio di protesta, hanno poi bloccato per mezz'ora i binari della stazione ferroviaria di Porta Susa, per poi sistemarsi in presidio nell'adiacente piazza 18 Dicembre. A Milano la solidarietà alla protesta valsusina ha preso corpo in piazza San Babila da dove si è mosso un corteo. Un presidio c'è stato anche a Napoli e anche in altre città. Lo stesso è accaduto il giorno successivo, come a Firenze dove si è tenuto un presidio davanti alla prefettura. Ha fatto il giro del web l'appello alle "istituzioni e alla politica" firmato, tra gli altri da Paolo Beni, don Luigi Ciotti, Beppe Giulietti, Maurizio Landini, Ugo Mattei e Alex Zanotelli, contro la violenta repressione scatenata dalle "forze dell'ordine". E sempre dalla "rete" è in atto una mobilitazione capillare per convogliare quanti più anti Tav possibile a Chiomonte, dove il 28 giugno il popolo dei No Tav torna in piazza con una fiaccolata, mentre ha in cantiere una manifestazione nazionale domenica 3 luglio, da Susa a Chiomonte. "Ci riprenderemo La Maddalena" ha dichiarato Alberto Perino, il leader del movimento NoTav. "Abbiamo perso una battaglia, non la guerra". Esprimiamo la nostra solidarietà ai No-Tav e alle masse popolari della Val di Susa che coraggiosamente e tenacemente lottano con l'obiettivo finale di impedire lo scempio del loro territorio. Ha usato la parola giusta Alberto Perino: "guerra". Ma è stato il governo a dichiararla con l'intento di soffocare nella violenza la volontà di un'intera popolazione, che è poi la volontà delle masse italiane, contro quest'assurda e mostruosa opera che provocherà lo scempio del territorio. Noi stigmatizziamo senza mezzi termini l'uso della violenza, del manganello, dei blindati, dei lacrimogeni contro le masse popolari della Val di Susa. Se Berlusconi non avesse già mostrato più e più volte in passato il suo reale volto, o se qualcuno avesse ancora dubbi, quest'atto di violenza poliziesca contro le masse imprime indelebilmente a neri caratteri cubitali sul suo governo l'infamante marchio di neofascista. Non si è trattato di una risposta casuale né isolata, considerato ormai il sempre più frequente e massiccio ricorso alla soluzione repressiva, e per il futuro ci si può aspettare anche di peggio da Berlusconi man mano che le lotte di massa cresceranno. Noi lo diciamo chiaramente: il governo dei manganellatori che non rispetta la volontà popolare deve essere cacciato dalla piazza. 29 giugno 2011 |