Parlando al telefono col tirapiedi Lavitola nell'ottobre 2009 Berlusconi, come Mussolini, voleva fare la "rivoluzione vera" "Portiamo in piazza milioni di persone, facciamo fuori il palazzo di giustizia di Milano, assediamo Repubblica" Dopo le intercettazioni relative all'inchiesta sul caso escort-Tarantini altre intercettazioni allegate a un'inchiesta della procura di Pescara stanno gettando nuova luce sugli equivoci (a dir poco) rapporti tra Berlusconi e il faccendiere Valter Lavitola, tuttora latitante a Panama. Si tratta di un'inchiesta a carico di Giuseppe Spadaccini, un imprenditore nel campo degli aerei antincendio, fornitore di servizi per la Protezione civile, che fu arrestato un anno fa per un'evasione fiscale internazionale da 90 milioni di euro. Spadaccini era anche sospettato di aver elargito fondi neri all'Avanti! di Lavitola in cambio di favori politici, e per questo motivo la guardia di finanza aveva messo sotto controllo le sue telefonate. Telefonate che manco a dirlo riempirono i nastri di altre conversazioni del faccendiere con Berlusconi e con i suoi gerarchi e gerarchetti confermando, ora che sono state depositate e quindi cominciano ad uscire sui giornali, che Lavitola è molto di più di un faccendiere, ma rappresenta un vero e proprio snodo fondamentale del cerchio piduista, affarista e mafioso che ruota intorno a Berlusconi. Tanto che non solo si incarica di gestire per lui gli affari più sporchi per non esporlo direttamente, come i soldi passati per suo tramite a Tarantini per ottenere il suo silenzio sul caso escort; o come il dossier confezionato appositamente per lui sulla casa di Montecarlo del cognato di Fini. Ma si rivela essere anche in intimità con ministri, sottosegretari, parlamentari della maggioranza, generali della guardia di finanza, l'ex direttore della Rai Mauro Masi, il capogruppo del PDL alla Camera Fabrizio Cicchitto, il capo della Protezione civile Guido Bertolaso, e chi più ne ha più ne metta. I quali non solo lo ascoltano ma spesso eseguono le sue istruzioni e si adoprano per soddisfare le sue pressanti richieste, come dimostra l'incontro ufficiale con un ministro albanese in visita di Stato in Italia a cui il ministro Franco Frattini invitò anche il Lavitola che voleva perorare certi suoi interessi in quel Paese. Ma soprattutto Lavitola è il "consigliere" di Berlusconi: infatti come tale si presenta ("sono il direttore dell'Avanti! e un consigliere del presidente Berlusconi", dice sempre quando sta per chiedere qualcosa a qualcuno), e come tale si comporta, suggerendogli strategie per sfuggire alla giustizia, personaggi da promuovere, seguendolo come un'ombra agli aeroporti, accompagnandolo sui voli di Stato, presenziando a incontri ufficiali con capi di Stato esteri, dei quali appare del tutto in confidenza: come appunto nel famoso viaggio di Stato di Berlusconi a Panama, in cui Lavitola appare come il vero e proprio dominus della situazione. Pescando nella miniera di colloqui telefonici con "il capo" (così Lavitola nomina spesso Berlusconi in alternativa a "presidente" quando parla con altri), che sono stati pubblicati recentemente da La Repubblica, ce n'è uno particolarmente clamoroso, in cui il neoduce rivela fino in fondo le sue vere pulsioni mussoliniane, che alla luce del sole cerca invece di dissimulare dietro l'ipocrita ostentazione di vittimismo, lamentandosi di non avere alcun potere reale e di essere perseguitato dai giudici eversivi. Si tratta di un'intercettazione mattutina (quindi non serale) del 20 ottobre 2009, in cui Lavitola dà il buongiorno al "capo" e chiede un appuntamento, trovandolo giù di corda. Berlusconi si sfoga con lui attaccando con la solita giaculatoria: "Non conto niente... Che cosa vuoi che conti... Hai visto la Corte costituzionale che ha detto che io sono esattamente come gli altri ministri... quindi non ho bisogno di tutele... Allora, parliamoci chiaro, la situazione oggi in Italia è la seguente: la gente non conta un cazzo... il parlamento non conta un cazzo... siamo nelle mani dei giudici di sinistra, sia nel penale che nel civile, che appoggiandosi a La Repubblica e a tutti i giornali di sinistra, alla stampa estera..." "Ci fanno un culo come una casa", lo interrompe il Lavitola completando il concetto del "capo". Berlusconi riprende la sua giaculatoria con foga raddoppiata, finché non sbotta con questa conclusione: "Tu capisci che siamo a una situazione per cui: o io lascio, cosa che può essere anche possibile e che dato che non sto bene sto pensando anche di fare, oppure facciamo la rivoluzione, ma la rivoluzione vera... Portiamo in piazza milioni di persone, facciamo fuori il palazzo di giustizia di Milano, assediamo Repubblica: cose di questo genere, non c'è un'alternativa". Sembra di risentire, nella terminologia e nei concetti, i discorsi del Mussolini della prima ora, quello di prima della marcia su Roma, quando arringava le sue squadracce nere ordinando di assaltare le Camere del Lavoro, le Case del popolo e le redazioni dei giornali di sinistra in nome della "rivoluzione fascista". Nelle anticipazioni dell'intervista che ha rilasciato per l'ennesimo libro in uscita di Vespa, tra le altre dichiarazioni depistatorie sui soldi a Tarantini e sull'uso dei telefonini esteri fornitigli da Lavitola, il nuovo Mussolini ha cercato di sminuire anche questa grave affermazione, sostenendo che "per l'ennesima volta è stato vergognosamente travisato il senso della conversazione, che andava esattamente nella direzione opposta. Lo ribadisco, io non ambisco ad alcuna rivoluzione, se non a quella liberale". Una "smentita" talmente ridicola e grottesca che non fa che mettere ancor più in risalto il suo vero pensiero e il suo inconfessabile sogno: quello di dominare il Paese con il pugno di ferro mussoliniano. 26 ottobre 2011 |