Deregolamentazione dei contratti, aumento della precarietà, indebolimento del contrasto del lavoro nero e irregolare, meno sicurezza sul lavoro Come il governo Berlusconi ha sconvolto la legislazione sul lavoro Quando si dice legge 133 il pensiero va subito alla scuola, all'Università e alla ricerca, ai pesantissimi tagli ai finanziamenti e ai posti di lavoro, alle privatizzazioni che essa prevede in questi settori, va alla straordinaria lotta che studenti e docenti stanno conducendo per la sua cancellazione. Ma a ben vedere la 133 riguarda eccome anche le lavoratrici e i lavoratori perché contiene molte norme di peggioramento delle condizioni di lavoro, di deregolamentazione dei contratti nazionali, di aumento della precarietà, di alleggerimento di controlli e obblighi per le imprese, di forte indebolimento delle attività ispettive e quindi di politiche di contrasto del lavoro nero, e di tutele della salute e sicurezza sul lavoro. Vediamo come. La 133, innanzi tutto ha ripristinato per tutti i settori il contratto di lavoro superprecario denominato lavoro a chiamata (job on call in inglese). Era una delle poche norme della legge 30 cancellata dal governo Prodi. Sui contratti a tempo determinato sono due gli interventi peggiorativi. Con il primo si rende possibile il suo utilizzo anche per "l'ordinaria attività dell'impresa" puntando quindi a una sorta di equivalenza con il "normale" rapporto di lavoro a tempo indeterminato; e viene introdotto il principio della derogabilità in peggio rispetto al Contratto collettivo nazionale del lavoro (Ccnl) attraverso la contrattazione aziendale e territoriale. In pratica si può andare oltre il tetto dei 36 mesi. Col secondo le imprese possono aggirare l'articolo 18 dello "Statuto dei lavoratori" dal momento che: in caso in cui l'azienda ha violato le regole per l'accensione di un contratto a termine non è più obbligata a procedere nell'assunzione a tempo indeterminato del lavoratore interessato ma può cavarsela con un semplice risarcimento economico. Altra norma fortemente precarizzante riguarda la generalizzazione del lavoro accessorio, ossia quello temporaneo, retribuito al di fuori di qualsiasi contratto, tramite un voucher o buono prepagato. Viene infatti allargata la platea dei soggetti che possono ricorrervi estendendolo a tutte le attività stagionali. In particolare in agricoltura, rischia di diventare la forma normale del rapporto di lavoro, così come per i collaboratori domestici. Insidioso e pericoloso inoltre il riferimento alle attività saltuarie svolte "durante le vacanze" da studenti di età inferiore ai 25 anni, norma che può dare il via ad un supersfruttamento del lavoro estivo dei giovani. C'è il peggioramento dell'istituto dell'apprendistato. Nella legge approvata si prevede la possibilità per gli imprenditori di svolgere la formazione degli apprendisti tutta interna all'azienda tramite accordo sindacale aziendale e/o con gli enti bilaterali. Abrogando in questo modo tutte le norme che prevedevano un controllo pubblico sulla qualità e sul reale svolgimento della formazione sulla base di precisi standard. Sono stravolte e indebolite tutte le norme e gli strumenti di contrasto e prevenzione del lavoro nero e irregolare. Viene abrogata la sanzione per il datore di lavoro se i lavoratori non sono dotati di tesserino di riconoscimento; viene annullato il principio della responsabilità solidale tra impresa appaltante ed appaltatore, ciò per il rispetto dei diritti contrattuali dei lavoratori, sicurezza compresa, ed eliminato l'obbligo a tenere l'elenco clienti fornitori. Abrogati anche gli "indici di congruità", ovvero le tabelle che stabilivano il numero dei lavoratori per una produzione o un servizio erogato, evidenziando così i possibili casi di lavoro nero. La 133 cancella la norma precedentemente presa per contrastare la pratica delle "dimissioni in bianco" fatte firmare da padroni senza scrupoli ai lavoratori al momento dell'assunzione. Pratica infame questa che colpisce in modo particolare le donne che perdono il lavoro appena entrano in stato di gravidanza. La norma cancellata prevedeva la certificazione della fine del rapporto del lavoro presso appositi uffici su moduli numerati in progressione. Modifiche peggiorative sono state introdotte anche nella disciplina del lavoro notturno. Prima il riposo settimanale doveva essere minimo di 35 ore consecutive. Il governo ha previsto che il calcolo delle 35 ore di riposo su un intervallo più ampio, di 14 giorni. E non è tutto. È stabilito per legge che le regole sui riposi, pause, lavoro notturno e introduzione di lavoro notturno possano essere "derogabili a livello di contratto nazionale o, in assenza di specifiche disposizioni, anche a livello territoriale e aziendale". Si può immaginare cosa potrà succedere attraverso il ricatto del posto di lavoro, o con l'erogazione di particolari incentivazioni economiche. Sotto l'ipocrita voce della "semplificazione" sono stati varati numerosi interventi tutti a favore delle esigenze dei padroni. Sono abrogati libro matricola e libro paga, sostituiti da un nuovo Libro Unico del Lavoro in cui i lavoratori vengono iscritti entro il giorno 16 del mese successivo, vanificando in questo modo l'attività ispettiva. Infatti, i libri aziendali possono anche non essere tenuti presso il luogo di lavoro, bensì presso la consulenza aziendale che ha altri 15 giorni di tempo per consegnarli all'ispettore nel caso di richiesta dello stesso. Le sanzioni previste per le violazioni sono comunque irrisorie. Le pagine del Libro Unico relative al singolo rapporto di lavoro, mensilmente possono sostituire la busta paga del lavoratore, senza che il padrone sia obbligato a registrare le presenze e gli orari effettivamente svolti, rendendo difficoltoso per non dire impossibile il controllo da parte del lavoratore della correttezza delle proprie spettanze economiche. Questo in breve per ciò che attiene la legge 133. Ma c'è dell'altro. Ad esempio la Direttiva del ministro del Lavoro di indirizzo per i servizi ispettivi e attività di vigilanza del 18/10/2008. Con essa il ministro Sacconi invita a restringere l'intervento ispettivo ai soli contratti non certificati dagli organi di certificazione, che vuol dire "non sorvegliati dagli enti bilaterali", istituendo nei fatti una zona franca per tutte quelle situazioni e settori in cui si affermerà la bilateralità, sindacati e aziende nella gestione del "mercato del lavoro". Sacconi invita inoltre gli ispettori a svolgere un ruolo di consulenza alle imprese, stravolgendo il ruolo di terziarità e indipendenza che l'ispettore deve garantire. Il risultato è un grave indebolimento dell'attività di contrasto del lavoro nero e sommerso, dei processi di regolarizzazione dei contratti falsamente parasubordinati, delle verifiche delle condizioni di sicurezza e prevenzione nei posti di lavoro, del contrasto degli abusi in termini di orari di lavoro. Che dire infine della legge 1441 quater che pone gravi limitazioni all'intervento del giudice del lavoro in tema di controversie relative all'instaurazione del rapporto di lavoro, esercizio dei poteri datoriali, trasferimento d'azienda e recesso, licenziamento, qualificazione dei rapporti di lavoro? Ciò avviene in buona parte impedendo al giudice, nella verifica dei rapporti di lavoro e delle controversie scaturite, di discostarsi dalle valutazioni espresse dalle parti in sede di certificazione dei contratti di lavoro negli enti bilaterali. Che dire dell'attacco all'art.18 sia pure indiretto contenuto nella stessa legge sulla "giusta causa", là dove prevede norme diverse e sfavorevoli per i lavoratori da quelle sancite nella legge 300 ("Statuto dei lavoratori") per il reinserimento nel posto di lavoro in caso di licenziamento ingiusto? 26 novembre 2008 |