Mentre un mafioso "pentito" sostiene che dietro le bombe del '93 c'era il premier Berlusconi accusato di concussione e prostituzione minorile Il neoduce: "Dimissioni? Sarei matto. Non andrò dai PM" Va abbattuto dalla piazza per i crimini politici e sociali commessi Non appena la Consulta ha tolto parzialmente lo scudo del "legittimo impedimento"; la macchina della giustizia si è rimessa in moto per il plurinquisito Berlusconi. Solo che se l'aspettava dal lato dei tre processi ancora pendenti al tribunale di Milano, quelli Mills, Mediaset e Mediatrade, peraltro destinati alla prescrizione, mentre invece il colpo gli è arrivato a sorpresa sullo scandalo del cosiddetto bunga-bunga, quello dei festini a luci rosse con decine di prostitute nella sua villa di Arcore, che sembrava essere stato, almeno per lui, praticamente archiviato dalla procura di Milano diretta da Bruti Liberati. Invece, con l'invito a comparire recapitatogli il 14 gennaio, si è appreso che Berlusconi era iscritto nel registro degli indagati dallo scorso 21 dicembre per concussione e sfruttamento della prostituzione minorile, in ordine all'inchiesta che aveva preso le mosse dalla vicenda della marocchina Karima El Mahroug, detta Ruby, fermata per furto dalla questura di Milano la notte del 27 maggio scorso, e rilasciata dopo le telefonate pressanti del premier che l'aveva spacciata per una nipote del presidente egiziano Mubarak. Quando nell'ottobre scorso la vicenda era venuta alla luce su "Il Fatto Quotidiano", si era appreso che Ruby, una sbandata fuggita dalla famiglia e a caccia di soldi e successo nella Milano notturna, era anche una delle tante animatrici a pagamento delle notti del premier nella sua villa di Arcore, reclutate per lui da Emilio Fede e Lele Mora, e assistite e istruite dalla sua ex igienista dentale Nicole Minetti, da lui fatta anche eleggere al Consiglio regionale lombardo, e per questo tutti e tre indagati già allora per induzione e sfruttamento della prostituzione. All'epoca dei fatti Ruby era ancora minorenne, e questo spiega l'intervento imprudente del premier, avvisato telefonicamente da una delle sue frequentatrici del fermo della giovane, sui funzionari della questura di Milano per farla rilasciare consegnandola alla stessa Minetti appositamente inviata, per giunta in aperta violazione delle disposizioni del pm di turno, Annamaria Fiorillo, di affidarla ad una struttura protetta. Da qui l'accusa di concussione esercitata nei confronti del funzionario della questura Pietro Ostuni e di sfruttamento della prostituzione minorile nei confronti della giovane che i PM Ilda Boccassini, Pietro Forno e Antonio Sangermano rivolgono a Berlusconi, annunciando anche di aver raccolto sufficienti prove per richiedere il giudizio immediato a suo carico. Agli atti dell'inchiesta ci sono infatti centinaia di pagine di intercettazioni telefoniche e di tabulati che i magistrati hanno raccolto tenendo sotto controllo i telefoni dei tre reclutatori e delle stesse ragazze frequentatrici della villa del premier, da cui emergerebbero prove evidenti dei capi di imputazione. Berlusconi mandante delle stragi del '93 Molte di queste intercettazioni, da cui emerge tutto lo squallore e la depravazione dei vizi privati mercenari del premier, sono finite sui giornali e hanno avuto eco anche all'estero. A tutto questo ci sono da aggiungere le clamorose rivelazioni fatte nel frattempo da un pentito di mafia, Giovanni Ciaramitaro, al processo di Firenze sulle stragi golpiste del 1993, che come già fece Spatuzza ha indicato Silvio Berlusconi come il mandante politico di quegli attentati: "La ragione delle stragi - ha detto il collaboratore di giustizia - era l'abolizione del 41 bis, delle leggi sulla mafia. Le bombe le mettevano per scendere a patti con lo Stato. C'erano dei politici che indicavano quali obiettivi colpire con le bombe: andate a metterle alle opere d'arte. Giuliano (Francesco Giuliano, uno dei condannati per le autobombe, col quale Ciaramitaro trascorse quattro mesi di latitanza, ndr) mi disse che ci stava questo politico, che nel '93 non era ancora un politico, e che una volta diventato presidente del Consiglio avrebbe abolito man mano il 41 bis, la legge sui pentiti. E poi un giorno mi ha rivelato che questo politico era Berlusconi". Anche un terzo "pentito", Pasquale Di Filippo, ha dichiarato che "nel '94, quando ci sono state le elezioni, in Sicilia abbiamo votato tutti per Berlusconi perché ci doveva aiutare, doveva far levare il 41 bis". E ha aggiunto che quando si lamentò con Bagarella perché poi la promessa non fu mantenuta, il boss gli rispose che "c'erano altri politici che gli giravano attorno e quindi lui non si poteva esporre più di tanto". Ma questa nuova ondata di miasmi nauseabondi che i giudici hanno scoperchiato non fa né caldo né freddo al neoduce che l'ha provocata e che com'era facilmente prevedibile non solo nega grottescamente l'evidenza schiacciante dei fatti, ma ritorce altresì le accuse sui magistrati accusandoli di aver ordito un "complotto politico" per farlo fuori e cerca di trasformare la vicenda in uno scontro all'ultimo sangue con la magistratura per metterla una volta per tutte sotto il tallone del governo. È con questo disegno in testa che si è rifiutato di presentarsi davanti ai PM e ha scatenato tutti i suoi scherani in una violenta campagna mediatica in sua difesa e contro i giudici sulle tv e sui giornali, a cui ha dato egli stesso il La con due interventi video, preconfezionati in segno di sfida proprio nella villa di Arcore. In questi video, dopo aver negato ogni addebito ed essersi inventato perfino una misteriosa "fidanzata" per abbindolare i più gonzi dei suoi sostenitori, si è scagliato rabbiosamente contro i magistrati annunciando loro "un'adeguata punizione". E per dimostrare che le sue non sono solo minacce a vuoto ha incaricato un suo "peone", certo Vitali, di avanzare in parlamento una nuova proposta di legge che punisce severamente i magistrati, con sanzioni pecuniarie di centinaia di migliaia di euro, per le intercettazioni "ingiustamente subite" da indagati. Quanto a dimettersi, come da più parti gli viene chiesto, non ci pensa neanche: "Dimettermi? Non sono matto! Anzi mi sto proprio divertendo", ha dichiarato con la solita strafottenza ai giornalisti dopo aver ascoltato il sermoncino di Napolitano che l'aveva convocato al Quirinale per esprimergli la sua preoccupazione per il "turbamento dell'opinione pubblica" e invitarlo, "pur senza interferire nelle scelte politiche" del premier, a "chiarire al più presto" la sua posizione nelle "previste sedi giudiziarie". Non solo non pensa a dimettersi ma, forte dell'alleanza di ferro con Bossi che lo ha difeso dai magistrati che "lo hanno massacrato" e gli ha ribadito la sua lealtà (almeno per ora e fino a quando conta di incassare l'agognato federalismo fiscale), giura che il suo governo andrà avanti fino al 2013 e sprona i suoi a serrare i ranghi e a completare la campagna acquisti in parlamento per formare il nuovo gruppo dei "responsabili" che gli assicurerà una maggioranza più stabile. L'omertà del Quirinale e la complicità della chiesa Ma la sua arrogante sicumera non deriva solo da questo. Deriva anche dalla certezza che in parlamento e nel Paese non c'è per ora un'alternativa credibile alla sua egemonia, come dimostrano i sondaggi elettorali che nonostante gli scandali lo danno sempre in vantaggio sui possibili avversari. Che per ora, come Casini e Fini, non possono fare di più che implorarlo di "fare un passo indietro" di sua spontanea volontà, dato che dopo il fallimento del 14 dicembre sulla sfiducia in parlamento non hanno la forza né il coraggio di riprovarci. La Confindustria solo ora con la Marcegaglia ha interrotto il lungo silenzio-assenso sul premier e ha ricominciato a mugolare qualche lamentela sull'inerzia dell'esecutivo, ma niente di più. La chiesa cattolica, sempre pronta a lanciare anatemi moralistici e a ingerirsi nella politica, sulle porcherie del premier puttaniere che screditano il Paese e svelano la disgustosa ipocrisia del suo ergersi a paladino dei valori morali e cristiani si è mantenuta molto circospetta, nonostante la "sinistra" borghese ne abbia enfatizzato la presunta "presa di distanza" negli interventi di Ratzinger e del segretario di Stato Bertone, che sono stati invece del tutto generici e ambigui. Quello poi tanto atteso del capo dei vescovi italiani della Cei, Bagnasco, è stato addirittura un capolavoro di ipocrisia, con quei suoi riferimenti agli "squarci - veri o presunti - di stili non compatibili con la sobrietà e la correttezza, mentre qualcuno si chiede a che cosa sia dovuta l'ingente mole di strumenti di indagine'', che mentre minimizzano l'impatto degli scandali sessuali del premier insinuano uno sproporzionato uso della giustizia per sanzionarli. La stessa logica del colpo al cerchio e alla botte usata anche in questa occasione da Napolitano, con i suoi appelli a dire basta alle "esasperazioni" , alle "tentazioni di conflitti istituzionali" e agli "strappi mediatici". Il nuovo Vittorio Emanuele III vuole evitare a tutti i costi l'interruzione della legislatura, e quindi la caduta di Berlusconi, e il papa nero Ratzinger non vede per ora alternative all'alleanza di ferro stabilita col neoduce. Dunque nessun pericolo in vista per quest'ultimo né dal Vaticano né dal Quirinale. Quanto al PD balbetta e per di più è lacerato internamente come non mai, e non solo non approfitta delle difficoltà di Berlusconi ma continua a perdere consensi. E anziché attaccarlo sul piano politico e nelle piazze arriva al massimo con Bersani a rimproverargli di aver violato l'articolo 54 della Costituzione, riguardante l'"onore" delle istituzioni, e annuncia 10 mila gazebo nelle piazze per raccogliere 10 milioni di firme per chiedere a Berlusconi di andarsene, invece di chiamare la gente a scendere in piazza per cacciare il nuovo Mussolini. Quando non fa addirittura blocco con la destra borghese nell'attaccare le lotte di piazza, come ha fatto in occasione dell'assedio del movimento studentesco al parlamento lo scorso 14 dicembre. L'opportunismo della "sinistra" borghese Anche sul piano parlamentare l'"opposizione" della "sinistra" borghese è del tutto inaffidabile, se non connivente con la destra neofascista e la Lega secessionista, razzista e xenofoba di Bossi. Basta guardare l'arrendevolezza con cui ha lasciato passare l'infame controriforma universitaria della Gelmini. O come ha votato alla chetichella e senza fiatare il rifinanziamento della missione di guerra in Afghanistan. Perfino mentre infuriava in pieno il "Rubygate" ha lasciato che la maggioranza approvasse la relazione del gerarca Alfano sulla giustizia, grazie all'assenza di ben 20 suoi parlamentari. Per non parlare dell'inciucio che sta tentando di fare con la Lega, attraverso il presidente dell'Anci, il destro Chiamparino, sull'approvazione dei decreti attuativi del federalismo fiscale, offrendoglielo su un piatto d'argento in cambio del ritiro del sostegno a Berlusconi per favorire un governo di "transizione" guidato da Tremonti. Non ci siamo. Con la "sinistra" borghese opportunista e fallita e con i suoi miserevoli intrallazzi Berlusconi non sarà mai cacciato via, e può dormire sonni tranquilli. Neanche le inchieste giudiziarie, per quanto condotte da magistrati coraggiosi, ma del tutto privi di appoggio politico ed esposti al fuoco rabbioso del neoduce e di tutto il suo schiacciante apparato economico, politico e mediatico, potranno veramente scalzarlo. Aspetterà che passi la bufera, come è passata l'altra del precedente caso Noemi-Daddario, e continuerà tutto come prima. Il fatto stesso che abbia continuato e anzi intensificato la sua vita da puttaniere senza curarsi delle conseguenze, nonostante il precedente scandalo in cui era già incappato, dimostra che è convinto di un'assoluta impunità, di essere ormai al di sopra di ogni legge, avendo ormai imposto al Paese un presidenzialismo di fatto in base al quale egli risponde solo "al popolo" che lo ha eletto. Non servono neanche proposte del tutto inconsistenti e fuorvianti come quella avanzata dal trotzkista Paolo Flores d'Arcais su "Il Fatto Quotidiano" del 19 gennaio, che chiede all'opposizione parlamentare di disertare per protesta il parlamento inscenando una sorta di nuovo Aventino per isolarvi il neoduce e i suoi gerarchi. Riesumando per giunta un atto dimostratosi storicamente fallimentare già quando fu attuato contro Mussolini. Serve semmai ispirarsi alla Resistenza e ai gloriosi partigiani, serve un nuovo 25 Aprile, per buttare giù il nuovo Mussolini con la lotta di piazza. Lo conferma anche l'esempio recente della vittoriosa rivolta popolare per il lavoro e la libertà che ha cacciato il dittatore tunisino Ben Alì, suo protetto e socio in affari. È questa la sola strada per abbattere i dittatori. Berlusconi va abbattuto dalla piazza con la lotta di massa, e non tanto per i suoi pur ripugnanti scandali privati ma per gli innumerevoli crimini politici e sociali commessi e per aver restaurato il fascismo sotto nuove forme e aver rimesso la camicia nera all'Italia. Per fermare la macelleria sociale che il suo governo neofascista, corrotto e mafioso sta infliggendo alle masse. Il PMLI poi proseguirà la lotta per abbattere il regime capitalista, neofascista, presidenzialista, federalista, interventista, razzista e xenofobo e conquistare l'Italia unita, rossa e socialista. 26 gennaio 2011 |