Al 1° Congresso dei Giovani Democratici Bersani usa i giovani del PD per recuperare consenso a sinistra e fra i giovani oppressi Il 1° Congresso nazionale dei Giovani Democratici, l'organizzazione giovanile del PD costituitasi nel 2008, si è tenuto a Siena dal 23 al 25 marzo, caratterizzato dallo scontro fra il segretario nazionale uscente Fausto Raciti, ritenuto vicino a D'Alema, e Brando Benifei, area Franceschini. Scontro che in realtà è cominciato ben prima del congresso, con Raciti che, abolite le primarie, ha cercato di imporre la sua candidatura unica presentando la propria mozione oltre i termini stabiliti, evitando così che se ne potessero presentare di alternative, e venendo rimbeccato dalla Commissione di garanzia del PD che ha permesso anche la candidatura di Benifei. Il Congresso si è infine aperto alla presenza dei "pezzi grossi" del partito, con Bersani che ancora una volta cedeva sulla "riforma" Fornero del "mercato del lavoro" ("Il tema legato all'articolo 18 è l'unico aspetto che secondo noi va corretto. A me non piace essere come partito subalterno ai sindacati") e D'Alema che scopriva l'acqua calda, ma riferendosi alle "persone" e non alla classe operaia, affermando: "I mercati oggi dominano e influenzano la sfera politica. Ma ciò non va bene perché i principi del profitto non sono gli stessi di quelli della politica e delle persone". Le successive giornate congressuali si sono concentrate sulla battaglia fra le due mozioni, con Raciti riconfermato segretario con il 74%. Il dato più rilevante è che la mozione Raciti ha avuto la meglio in quanto si configura come quella più "critica" nei confronti di Monti (anche se, come vedremo, in modo del tutto insufficiente), a riprova del fatto che la sempre più pesante macelleria sociale del governo della grande finanza e dell'UE sta svegliando anche i giovani del PD. Addirittura la mozione Benifei ne parlava in termini di "speranza per il Paese e per combattere il degrado economico, civile e morale generato dal berlusconismo" e sosteneva la necessità di uscire dalla "retorica che contrappone le tecnocrazie alla democrazia". A questo però non ha fatto seguito un cambiamento dalla linea riformista di destra e liberale che i GD mutuano dal PD. Basta sfogliare la mozione Raciti (a partire dalla citazione iniziale del comico statunitense Groucho Marx, una palese presa in giro per scongiurare lo "spettro" del grande maestro Karl Marx) per rendersene conto. La critica al governo Monti si riduce a poche parole deboli e ambigue: "Oggi basta l'algida supremazia di un'economia che si è fatta pura tecnica, numeri a cui ci si affida come gli ubriachi si attaccano ai lampioni, per legittimare le politiche pubbliche: le restrizioni sono date, anche se scivolano sulle sofferenze delle persone senza che nulla possa fermarle". A cui ha aggiunto Raciti nel suo discorso di apertura afferma che Monti starebbe "tradendo la sua missione" cancellando l'art. 18. Un governo con il quale comunque bisogna pur sempre "interloquire", anziché lottare. Non una parola contro la controriforma del lavoro, la "riforma" neofascista della Costituzione (di cui anzi si esalta la "sfiducia costruttiva"), le politiche governative che peggiorano la disoccupazione giovanile e la precarietà, l'aziendalizzazione e la privatizzazione della scuola e dell'università. D'altra parte, partendo dal presupposto che il capitalismo finanziario avrebbe soppiantato un "capitalismo in grado di 'pensare positivo' alimentando speranze condivise, dal sogno americano al miracolo italiano", nel goffo tentativo di inserirsi nella protesta anticapitalista montante distinguendo un capitalismo "cattivo" da uno "buono" (che starebbe alla base del "Welfare State" e persino della "distribuzione della ricchezza"), sempre nell'ottica della sua conservazione, la mozione sostiene che "Il problema europeo ed italiano è oggi come riconiugare il compromesso fra democrazie, mercati e sviluppo". La soluzione starebbe negli "Stati Uniti d'Europa", come argine allo strapotere finanziario, dotati di una forte quanto esplicita connotazione imperialista e presidenzialista, con un presidente ("unica guida politica europea") eletto direttamente e in grado di guidare l'Europa nella competizione con le altre potenze imperialiste emergenti tipo Cina, India e Russia. In definitiva siamo in presenza di un'operazione tesa a dare ai GD un'apparenza un po' più di sinistra per recuperare al PD il consenso (e i voti) dei giovani oppressi, i quali non possono perdonargli l'appoggio al governo che sta peggiorando le loro condizioni di lavoro e di studio e rendendo ancora più incerto il loro futuro. Una tattica arcibattuta dai rinnegati del comunismo come Bersani (ex Avanguardia operaia) e d'Alema. Alle ragazze e ai ragazzi che aspirano al cambiamento sociale e militano nei GD e nel PD, noi chiediamo di comprendere che stanno dando il loro appoggio e le loro energie ad una cricca di liberali, rinnegati e imbroglioni che va fondamentalmente contro i loro interessi e, così facendo, di fatto legittimano dal basso il governo Monti. Rivolgiamo loro quindi un appello affinché rompano con il PD e diano tutta la loro forza alla lotta per liberarci del governo della grande finanza, dell'UE e della macelleria sociale. Convinti comunque che l'unica strada per chi vuole davvero il cambiamento, è il socialismo. 11 aprile 2012 |