Finalmente dice come la pensa realmente. Come tutti i falsi comunisti che l'hanno preceduto e lo seguiranno Bertinotti: "comunismo è una parola indicibile" La Gagliardi giustifica l'anticomunismo del suo leader L'ha tirata per le lunghe, ma alla fine il trotzkista gandhiano, ex segretario del PRC ed ex cane da guardia della Camera, Fausto Bertinotti, ha detto chiaro e tondo come la pensa e l'ha sempre pensata: "Il comunismo è una parola indicibile". La sua è stata una parabola graduale ma inesorabile. Prima ha iniziato a parlare di un comunismo "ideale", e più precisamente di "una idea radicale di democrazia", poi è passato al "comunismo come tendenza culturale", dissociandosi dagli "errori e orrori" del comunismo e sposando la strategia della non violenza, quindi è giunto alla dissociazione aperta con il "comunismo indicibile". Prima di lui c'erano approdati altri imbroglioni politici mascherati da comunisti come Occhetto, D'Alema, Veltroni e Cossutta. E prima o poi lo seguiranno gli altri falsi comunisti che ancora insistono a imbrogliare e ingannare i fautori del socialismo. Rispetto ai suoi predecessori, comunque, Bertinotti si è voluto distinguere e da salottiero borghese qual è ha voluto consumare la sua Bad Godesberg, o la sua Bolognina, per rimanere in casa nostra, rilasciando un'intervista a un'anticomunista come il giornalista Rai Bruno Vespa che la riporta nel suo libro appena uscito "Viaggio in un'Italia diversa". Dove Bertinotti afferma: "Comunismo è una parola indicibile. Se fermi qualcuno per la strada e gli dici: io sono comunista, quello non ti capisce". Sappiamo bene che nei salotti dell'alta borghesia che l'ex presidente della Camera frequenta assiduamente con la consorte, per non parlare dei monasteri di mezzo mondo, la parola comunismo è pura bestemmia. Ma non ci risulta affatto che lo sia fra la classe operaia e tutti i sinceri fautori del socialismo. Tant'è vero che la sua Sinistra arcobaleno ha subìto una vera e propria Caporetto alle elezioni politiche presentandosi senza il simbolo della falce e martello e il termine comunismo nel nome. Bertinotti nella sua smania di sbarazzarsi quanto prima di quella che considera una zavorra, si è fatto persino scavalcare dal successore di Ratzinger e supervisore dell'enciclica sociale, l'arcivescovo di Monaco di Baviera Reinhard Marx, il quale ha scritto che "Marx aveva ragione" e che "bisogna prenderlo sul serio, è un errore considerarlo morto, come pensano in molti". Quella di Bertinotti è una vera e propria abiura teorica e politica. E a ben poco vale la successiva precisazione con la quale ha voluto zittire le polemiche che la sua affermazione ha suscitato anche fra la base di Rifondazione: "Sebbene non pensi che l'affermazione possa stupire qualcuno e neppure interessare particolarmente chi non mi conosce: sono comunista. Punto". Vano è stato pure il tentativo della trotzkista luxemburghiana Rina Gagliardi che su Liberazione si è arrampicata sugli specchi per giustificare l'anticomunismo del suo leader adducendo motivi di congiuntura storica e politica. Tant'è vero che ella stessa confessa che la sua idea di "comunismo" è quella che le suscita pensare a "Rosa Luxemburg, ad Antonio Gramsci, a quel filone del 'comunismo italiano', del movimento sindacale, del socialismo di sinistra" e persino... a "Mahatma Gandhi". Ci pensa poi Bertinotti a rincarare la dose del suo anticomunismo. In un convegno tenuto successivamente alla Camera assieme al caporione fascista Gianfranco Fini sull'eredità e l'attualità della "Primavera di Praga" non ha mancato di attaccare nuovamente la Rivoluzione d'Ottobre, Stalin e Mao, nonché la Grande Rivolta del Sessantotto che, a suo dire, "non ha capito, guardava a Mao e Castro, si è lasciata distrarre dalla apparente non radicalità anticapitalista della primavera di Praga". E invece di denunciare l'invasione della Cecoslovacchia da parte dell'allora socialimperialismo sovietico come figlia della restaurazione kruscioviana del '56, la fa risalire addirittura alla Rivoluzione d'Ottobre. Praga, infatti, secondo Bertinotti, segna la fine "della storia iniziata nell'ottobre 1917, lì viene alla luce l'irriformabilità dei sistemi politici e sociali dell'est europeo" e tramontano anche "le speranze suscitate dal disgelo Kennedy-Krusciov e della destalinizzazione". La verità è che Bertinotti comunista non lo è e non lo è mai stato come andiamo denunciando fin da quando prese le redini di Rifondazione nel 1993, quando ancora sbandierava ai quattro venti il suo essere comunista. Non lo è né per origine e formazione (proviene dal PSI) né per percorso politico. Basti pensare che è rimasto nel PDS dopo il Congresso di Rimini del '91, che liquidò il PCI revisionista, per uscirne nel '93 solo per andare a fare il segretario di Rifondazione chiamato dal suo compare Cossutta. Avevamo detto che prima o poi Bertinotti si sarebbe autosmascherato, che una volta finita la sua funzione di irretire e imbrogliare gli autentici comunisti e fautori del socialismo si sarebbe mostrato apertamente per quello che era. Ora l'ha fatto. Resta il problema per gli autentici comunisti e fautori del socialismo di capire che l'unico modo per non essere vittime degli imbroglioni politici e dei falsi comunisti è quello di tornare a studiare il marxismo-leninismo-pensiero di Mao, a cominciare dal Manifesto del Partito comunista di Marx ed Engels. Studiare e applicare questa teoria rivoluzionaria e fare un bilancio della storia del movimento operaio italiano e internazionale è l'unico modo per disintossicarsi dal revisionismo di destra e di "sinistra", per distinguere il vero dal falso comunismo, il vero dal falso partito del proletariato rivoluzionario, i veri dai falsi dirigenti comunisti. Siamo certi che questo studio li porterà inesorabilmente a capire che il PMLI è il loro Partito, l'unico rimasto saldo sulla via dell'Ottobre, l'unico che oltre a volere veramente il socialismo è in grado di risvegliare il proletariato alla lotta rivoluzionaria per la conquista del potere politico e di fargli acquisire la sua coscienza di classe. Intanto, a proposito del "comunismo indicibile", ricordiamo le vibranti parole che concludono il Manifesto del Partito comunista: "I comunisti sdegnano di nascondere le loro opinioni e le loro intenzioni. Essi dichiarano apertamente che i loro scopi non possono esser raggiunti che con l'abbattimento violento di ogni ordinamento sociale esistente. Tremino pure le classi dominanti davanti ad una rivoluzione comunista. I proletari non hanno nulla da perdere in essa fuorché le loro catene. E hanno un mondo da guadagnare. Proletari di tutti i paesi, unitevi!". 29 ottobre 2008 |