Dagli studenti universitari romani alla vigilia del voto del Senato sulla missione imperialista in Afghanistan Bertinotti contestato alla Sapienza Il guardiano della Camera è accusato di essere un "guerrafondaio" Dal corrispondente della Cellula "Rivoluzione d'Ottobre" di Roma Lunedì 26 marzo, vigilia del voto del Senato sul rifinanziamento della missione imperialista italiana in Afghanistan, all'Università romana "La Sapienza" Fausto Bertinotti si accingeva a entrare nella facoltà di Lettere per partecipare a un dibattito sulla cooperazione internazionale promosso dall'Avsi, organizzazione non governativa legata a "Comunione e Liberazione", cioè alla destra cattolica e filopapalina. Mentre all'interno dell'aula magna prendeva posto una platea favorevole all'ex segretario di Rifondazione, ad accoglierlo sulla scalinata della storica facoltà, dove si ripresentava dopo anni, ha trovato circa duecento studentesse e studenti (per Liberazione 50) che mostravano striscioni e cartelli e non hanno risparmiato fischi a Bertinotti. "Calda" accoglienza Ecco cosa avevano scritto i contestatori, in un mix di ferma denuncia politica e pungente ironia: "Dal comunismo alla Comunione", "Berti_not in my name" (parafrasi di un noto slogan pacifista), "8/3/07. La Camera vota la guerra in Afghanistan, giorno inFausto", "Bertinotti, un impegno concreto contro la guerra, spillette della pace per tutti" (ricordo di quando sfilò alla parata militare del 2 giugno indossando una ridicola spilletta arcobaleno sulla giacca), "Arruolati. La nonviolenza va in guerra. No Berty No war", "Bertinotti? No ThANKS" (tank in inglese sta per carroarmato), "W la base di Vicenza", "I Lama in Afghanistan" con riferimento indiretto alla cacciata dell'allora segeretario generale Cgil, Luciano Lama, da "La Sapienza" nel febbraio 1977. I contestatori, via via che il guardiano della Camera sale i gradini lo accusano di essere un "guerrafondaio", un "assassino" e un "buffone". Gli gridano "vergogna!" e una ragazza gli chiede: "È comoda la poltrona?". Sempre più paonazzo e in difficoltà, punto sul vivo tra l'altro nonostante che i servizi di sicurezza lo avessero avvisato fin dal primo mattino che ci sarebbe stata contestazione, come un La Russa qualsiasi, Bertinotti sbotta: "Buffone sarai tu. Mi dovete chiedere scusa, voi a me!". Agitava anche il dito indice verso una ragazza che lo contestava. A quel punto guadagnava l'ingresso della facoltà e gli agenti Digos e le guardie del corpo impedivano fisicamente l'accesso nell'aula magna agli studenti in lotta. Successivamente Bertinotti è tornato sull'accaduto per deprecare berlusconianamente le "schegge dell'estrema sinistra" che hanno osato contestarlo, elementi buoni solo a protestare e che, nientemeno, "rifiutano la politica". Una sciocchezza, questa, contraddetta da egli stesso quando ha storpiato una famosa frase di Mao affermando che "la politica non è un pranzo di gala" (il grande maestro del proletariato internazionale sosteneva che "la rivoluzione non è un pranzo di gala" ma il riformista storico Bertinotti considera come fumo negli occhi la rivoluzione socialista). Ha ribadito fino alla noia che la sua stella polare è la nonviolenza e che bisogna fare i "compromessi". Inutile dire che ha definito sprezzantemente gli studenti contestatori un gruppo "sparuto", "isolato", che rappresentava "solo se stesso". Le reazioni Con una certa faccia tosta, fedele alla sua immagine ufficiale "dialogante" e "aperta" (a destra), ha anche cercato di convincere i contestatori a "confrontarsi" ma il peloso invito è stato respinto al mittente definendo inaccettabile che possa svilupparsi una "contestazione partecipata" e ribadendo, in un comunicato firmato dal Coordinamento dei Collettivi La Sapienza e dalla Rete per l'Autoformazione (La Sapienza, Roma3), promotori della contestazione, le rivendicazioni poste al governo Prodi: "Ritiro delle truppe dall'Afghanistan. Abrogazione delle leggi Moratti e Zecchino-Berlinguer sull'università. Abrogazione della legge 30 e del pacchetto Treu sul lavoro. Abrogazione della Bossi-Fini e chiusura dei Cpt. Abrogazione della Fini-Giovanardi sulle droghe". Su questi punti, sottolineano, "non ci sono mediazioni possibili" e solo dopo aver ottenuto questi provvedimenti, "eventualmente ne riparliamo". Dal mondo politico borghese e da quello istituzionale, nonché dalle penne giornalistiche legate al "centro-sinistra" tante parole di solidarietà per il guardiano della Camera "pizzicato" proprio su uno degli argomenti che lo avevano portato al vertice della celebrità nel mondo della "sinistra" borghese e a un certo successo elettorale anche tra parti dei "movimenti" che per anni ha ipocritamente blandito per esserne mallevadore. Il dittatore democristiano Romano Prodi, che teme di subire ben presto la stessa sorte del suo alleato governativo, ha colto l'occasione per ammonire: "Guai se la democrazia si lascia influenzare da questi tipi di espressioni che sono legittime espressioni di pochi ma che non sono il polso del Paese". Tra i tanti commenti, significativo quello del leader del Centro sociale Leoncavallo di Milano, l'ex "antagonista" oggi deputato di Rifondazione trotzkista, Daniele Farina. Riferendosi ai contestatori di Roma ha detto che "sono quelli che mi hanno dato del traditore", evidentemente perché a lui, come a Bertinotti e soci, non si può perdonare il "salto della quaglia" politico anche a livello formale oltre che sostanziale. Morale della favola, la sostanziale unanimità con cui la classe dominante borghese si è stretta attorno a Bertinotti è il rovescio della medaglia della giustezza e della legittimità della contestazione organizzata dagli studenti di sinistra de "La Sapienza" nei confronti dell'imbroglione opportunista e trotzkista. 28 marzo 2007 |