Spiazzando tutti gli imbroglioni politici suoi simili Bertinotti ora vuol fondare un partito che vada da PRC a IDV "Le elezioni europee sanciscono la fine della sinistra novecentesca, dai comunisti ai socialisti, dai socialdemocratici ai laburisti" Un partito nella logica bipartitica della terza repubblica "Tutti nel super PD": è la formula con cui il "politologo" economista Michele Salvati, uno dei massimi teorici della nascita del PD, ha sintetizzato non impropriamente sul berlusconiano Il Foglio del rinnegato Ferrara l'ultima "alzata di ingegno" dell'imbroglione liberale Bertinotti: la proposta cioè di un "partito nuovo" in cui imbarcare tutti quelli "più o meno di sinistra", da Rifondazione fino all'IdV di Di Pietro. L'idea è stata lanciata dal narcisista trotzkista ex leader del PRC ed ex guardiano della Camera all'indomani delle elezioni europee, in un'intervista a La stampa dell'11 giugno, che gli ha dedicato un'intera pagina. A fargli da anfitrione presso il quotidiano della Fiat l'ex suo sostenitore ed ex direttore de il manifesto, Riccardo Barenghi, che ha condotto l'intervista. "Bisogna far nascere un partito nuovo della sinistra italiana, di tutta la sinistra italiana", ha subito esordito Bertinotti. "Un partito creato da tutti quelli che oggi sono all'opposizione e che si sentono più o meno di sinistra, da Rifondazione all'Italia dei valori, dal Partito democratico al movimento di Vendola, dai socialisti ai Verdi, dai Comunisti italiani ai Radicali". All'obiezione di Barenghi se non si tratti di una proposta "suggestiva ma un po' velleitaria", Bertinotti replica così: "Velleitaria? E allora che facciamo, stiamo fermi ognuno a guardarsi allo specchio della sua sconfitta storica, epocale? Abbiamo perso tutti. Queste elezioni, in Italia e in Europa, sanciscono la fine della sinistra novecentesca, dai comunisti ai socialisti, dai socialdemocratici ai laburisti. Se ognuno di noi non prende atto di questo fatto e non è disposto a rimettersi in discussione, non ne usciremo mai. E continueremo ad agonizzare fino alla morte". L'ennesima e definitiva svolta a destra di Bertinotti Dunque siamo in presenza di un nuovo colpo di scena, l'ennesimo, del megalomane e imbroglione ormai apertamente liberale, che ora butta senza rimpianti alle ortiche la sua precedente proposta di una "sinistra antagonista" da affiancare alla "sinistra moderata" del PD, per proporre un "partito nuovo" di tutta la "sinistra" borghese, che in pratica consisterebbe nell'allargare il PD a sinistra fino ad includere i partiti dell'ex Sinistra arcobaleno (quella che avrebbe dovuto secondo i suoi piani costituire il nucleo della tramontata "sinistra antagonista"), e a destra fino ad includere socialisti, Di Pietro e Radicali. E per sostenere la nuova proposta, che lo rilancerebbe nel gioco politico dal limbo in cui è finito dopo la catastrofe elettorale del 2008 e la perdita del seggiolone più alto di Montecitorio, prova a mettere tutti gli imbroglioni politici suoi simili che stanno ai vertici dei partiti di "opposizione" di fronte allo specchio del loro fallimento, in Italia e in tutta Europa. Ecco allora che a costoro Bertinotti manda a dire che "dovrebbero essere tutti più umili e capaci di rimettersi in discussione, abbandonando recinti, simboli e vecchie ideologie perché sono state tutte cancellate dalla storia". Cominciando col prendere atto che "nessuna delle nostre storie ha più senso se va avanti da sola. Avevamo due sinistre, una moderata e una radicale, oggi non ne abbiamo più nessuna. Avevamo tentato la carta del centrosinistra ma anche quello è fallito. Quindi bisogna rompere gli steccati e i recinti. E poi cercare di sfondare nel campo avversario, facendo un'operazione analoga a quella che ha fatto la destra che è riuscita a conquistare grosse fette della nostra ex base sociale, basti pensare agli operai che votano Lega. Tocca a noi riprendercela ma lo possiamo fare solo se diamo un fortissimo segnale di novità, appunto un Partito nuovo e unitario". Un partito - aggiunge Bertinotti ignorando l'osservazione di Barenghi che si tratterebbe di un'operazione lunga e faticosa, ammesso che venga accolta - che "dovrebbe non solo nascere ma anche proporsi un primo traguardo presentandosi alle prossime elezioni politiche". Un partito nella logica bipartitica della terza repubblica Il partito a cui pensa Bertinotti, dunque, non è nemmeno più un partito socialdemocratico o laburista classico (che egli considera del resto partiti storicamente finiti in tutta Europa), ma in tutto e per tutto un partito liberale borghese, perfettamente sovrapponibile al Partito democratico americano e in sintonia col quadro bipartitico da terza repubblica. Un partito in cui secondo Salvati potrebbero starci benissimo personaggi come Tremonti, Sacconi e Brunetta, e con loro "tutte quelle anime socialiste che oggi non trovano spazio nel PdL". Anzi, Tremonti potrebbe esserne addirittura "ai vertici". Un paradosso? Non tanto se si pensa al "governissimo" a cui sembra stia lavorando D'Alema nella speranza di una caduta prematura di Berlusconi. Va da sé che per rendere più drammatica l'urgenza di un simile calderone liberale Bertinotti tratteggi un quadro del tutto esagerato e falso della "vittoria" della destra, attribuendole uno "sfondamento" nella classe operaia, soprattutto da parte della Lega, che non ha un fondamento reale e determinante. Mentre al tempo stesso stravolge completamente il significato del forte astensionismo a sinistra, ignorando il suo valore di pronunciamento cosciente contro l'opportunismo della "sinistra" borghese e inquadrandolo viceversa in un fenomeno di "allontanamento dalla politica" e di "crisi della democrazia". Lo sconcerto di Ferrero e Diliberto La proposta di Bertinotti ha spiazzato non poco i suoi ex compari Ferrero e Diliberto, che si stanno affannando insieme al movimento Socialismo 2000 di Salvi per proseguire l'esperienza fallimentare della "Lista anticapitalista", in vista di un'eventuale unificazione in un unico contenitore per ritentare la via della "sinistra alternativa". Ancora una volta è l'imbroglione trotzkista e liberale a condurre il gioco con le sue sortite di destra che sparigliano le carte e fanno apparire di colpo invecchiate e velleitarie le estenuanti manovre dei suoi ex sodali per far sopravvivere l'imbroglio della "sinistra alternativa". Mentre Vendola è già sulla lunghezza d'onda del suo maestro, giacché dopo il flop elettorale del suo movimento ha avviato un fitto dialogo col PD per essere imbarcato. Per Diliberto, stando a quanto ha dichiarato a il manifesto del 13 giugno, si tratta di "una proposta inaccettabile e velleitaria. Un partito si costruisce su un progetto, non sommando sigle. Tanto più quando su tutte le questioni si è in contrasto, dalla politica economica alla politica estera. Credo che sia un ballon d'essai per dire: vedete, la sinistra non si può ricostruire ed è meglio andare nel PD". Più cauto invece il giudizio di Ferrero, per il quale si tratta di "una proposta tutta interna al bipartitismo", che però "ha comunque una sua coerenza". Un giudizio che tiene evidentemente conto dell'esigenza di non urtare i bertinottiani rimasti nel PRC. Per il momento, quindi, PRC e PdCI bocciano la proposta di Bertinotti, anche per la forma brutale con cui gliel'ha ammannita. Ma potrebbero esserci dei ripensamenti, perché per questi due partiti falso comunisti, che puntano tutto sull'elettoralismo e il parlamentarismo, le ferree regole del regime bipartitico non lasciano alcuna speranza di sopravvivenza, e alla fine non avranno davanti altra alternativa che quella già abbracciata con convinzione dal megalomane e imbroglione trotzkista e liberale. 17 giugno 2009 |