Al Comitato politico nazionale del PRC in vista delle elezioni politiche Bertinotti lancia la sezione italiana della Sinistra europea che ingloberà Rifondazione Man mano che si avvicinano le elezioni politiche Bertinotti spinge l'acceleratore del processo, da lui stesso avviato e ormai lanciato in piena corsa, che porterà alla liquidazione del PRC e al suo scioglimento nel Partito della Sinistra europea neorevisionista, trotzkista e riformista. E' questo il senso politico dell'ultimo Comitato politico nazionale (Cpn), il parlamentino di Rifondazione trotzkista, che si è svolto a Roma il 26 e 27 novembre: Cpn che ha fatto seguito, non a caso, al 2 congresso della Sinistra europea (SE) tenutosi ad Atene alla fine di ottobre, dove grazie alla spinta del suo presidente Bertinotti, coadiuvato dal suo delfino Gennaro Migliore, la SE ha dato un calcio praticamente definitivo al socialismo e ha abbracciato in pieno l'Unione europea imperialista, accettando il ruolo di sua ruota di scorta a sinistra. Sulla scia di quel "successo", Bertinotti ha riunito il Cpn del PRC per fargli digerire un altro passo verso il suo scioglimento, proponendo di dar vita in tempi brevi (due-tre mesi, in ogni caso prima delle elezioni di aprile in modo da fare in tempo per la formazione delle liste elettorali), a una sezione italiana della Sinistra europea, che ingloberà Rifondazione ed altre "soggettività disponibili", come per esempio "Uniti a sinistra" di Folena, Martone e Rinaldini che si è già dichiarata pronta. Un passo ritenuto indispensabile per pilotare il pieno inserimento suo e dei suoi fedelissimi nell'eventuale futuro governo di "centro-sinistra" guidato dal democristiano Prodi e nella nuova collocazione europea che il leader trotzkista e riformista di destra si sta ritagliando. E a giudicare dai risultati pare proprio che l'operazione gli stia riuscendo, vista la sostanziale passività con cui l'opposizione interna della "sinistra" trotzkista ha reagito alla sua nuova spallata a destra, cioè solo con critiche verbali ma evitando lo scontro aperto e la rottura. Non ci sono stati colpi di mano clamorosi, tipo cancellazione della parola "comunista" o della falce e martello dal simbolo, per intenderci. Bertinotti ci aveva già provato ad Atene ad abolire la parola socialismo dal programma della SE, e c'era praticamente riuscito, se non fosse stato per l'insistenza dei greci di Synaspimos che hanno voluto farla ricomparire nel documento finale. Quanto alla falce e martello, erano ancora troppo fresche le polemiche e le proteste per l'uscita liquidazionista di Cossutta, perché il leader del PRC potesse azzardarsi ad avventurarsi su quel terreno minato. Perciò ha assicurato che il simbolo resterà così anche alle prossime elezioni, ma è evidente che è solo questione di tempo e di occasioni più favorevoli. Rafforzamento della linea di destra Per tutto il resto, però, Bertinotti ha tirato dritto senza troppi tatticismi, concedendo alla "sinistra" solo un po' di fumo demagogico sui temi delle lotte sindacali e sociali (metalmeccanici, scuola, Bolkestein-Prodi, No Tav), ma riconfermando punto per punto l'intera sua linea politica opportunista, riformista e capitolazionista, già sancita dal congresso di Venezia. Così ha ribadito per esempio la sua scandalosa acquiescenza verso l'offensiva clericale di Ruini e Ratzinger ("credo sbagliata una risposta simmetrica a questa offensiva: contrapporre l'anticlericalismo a un rinnovato clericalismo", ha detto); cosiccome verso il sionismo imperialista di Israele, a cui ha riconosciuto un'inesistente "volontà di pace" e la "fine della strategia della Grande Israele", con la "novità del ritiro da Gaza", le "novità dentro il Labour party", la ripresa del "negoziato", ecc. Sul tema del programma ha vantato "grandi successi" del PRC ai tavoli di discussione del programma dell'Unione, che a sentir lui "sono di gran lunga superiori, più importanti di quelli che ci si potrebbe aspettare leggendo le tante dichiarazioni dei leader del centrosinistra". E segnatamente sul ritiro dall'Iraq, sulla legge Biagi, sull'abolizione della Bossi-Fini e sui Cpt: cioè proprio i temi su cui chi comanda nell'Unione (Prodi, DS e Margherita), lo ha già pubblicamente e ripetutamente snobbato. Del resto, a dimostrazione di quanto sia ipocrita e strumentale il suo ottimismo sulla possibilità di "spostare a sinistra" il programma dell'Unione, sul ritiro dall'Iraq gli è scappato detto che "è scritto nel programma dell'Unione, lo si può leggere. E' un punto molto importante che non permette nessuna contrattazione ma un rapporto con il governo iracheno che è cosa diversa (sic) rispetto ad intese con gli americani. Nessuno può andar via senza discutere con gli iracheni, non lo ha fatto neanche Zapatero". E infatti, pochi giorni dopo, il leader trotzkista approverà entusiasticamente la formula di "compromesso" trovata dall'Unione, che parla di un "calendario" per il ritiro previa "consultazione" col governo fantoccio iracheno. Aggiungendoci di suo che "l'Italia è in Europa ma è leale alleato degli Usa". Una "nuova soggettività" riformista e trotzkista Dunque, non solo non c'è nessun "condizionamento a sinistra" del programma dell'Unione, sia perché quest'ultima se ne infischia altamente delle richieste del PRC, ma anche perché a Bertinotti importa solo essere imbarcato nel governo a qualsiasi prezzo, e millantare fantomatici "successi" nelle trattative con Prodi, Rutelli e Fassino gli serve solo per tenere buone la base e la "sinistra" interna del suo partito e convincerle della giustezza della sua linea "governista". Tant'è vero che al Cpn, invece che di quello dell'Unione, ha proposto di cambiare il programma del partito, con una formula ipocrita che la dice lunga sul suo vero obiettivo, che è quello di eliminare ogni possibile contraddizione col futuro governo in cui si appresta a entrare: "Proponiamo - ha detto infatti l'imbroglione trotzkista - un aggiornamento di questo nostro programma, non come alternativo a quello dell'Unione ma che sia 'oltre' quello". Il programma del PRC dovrà quindi cambiare. Per diventare cosa? "Quello della sinistra di alternativa'', dice Bertinotti. E la "sinistra alternativa" va costruita a partire da subito attraverso la costituzione di una sezione italiana della Sinistra europea, nella quale entrino il PRC, "soggettività disponibili", "singole personalità che già hanno aderito alla Sinistra europea o che intendano farlo", ecc. Una "nuova soggettività" politica che "attraversi le scadenze elettorali", e per questo Bertinotti propone l'apertura delle liste del PRC a "quelle candidature espressioni delle soggettività e delle esperienze che, con Rifondazione Comunista, decidono di costituire una relazione stabile dentro il Partito della sinistra europea". Ecco che con un giochetto di prestigio (trasformazione della vecchia formula trotzkista della "sinistra di alternativa" in sezione italiana della SE), l'imbroglione Bertinotti ripresenta sotta altra forma alla base del PRC l'indigeribile piatto del suo scioglimento nel Partito della Sinistra europea trotzkista. Giochetto che, almeno in Cpn ha funzionato, visto che la mozione di maggioranza che lo recepiva è passata con 108 voti a favore. Del resto con la blindatura della segreteria realizzata a Venezia Bertinotti si è ormai garantito da qualsiasi sorpresa. L'opportunismo della "sinistra'' interna In ogni caso l'opposizione interna non è che gli abbia dato molte preoccupazioni. La mozione di minoranza che ha raccolto più voti (43) è stata quella di "Essere comunisti" guidata dal cossuttiano Claudio Grassi, che si limita ad avanzare qualche blanda critica alla "passività" della segreteria rispetto alla politica di destra dell'Unione, ribadisce le critiche alla Sinistra europea ma non si oppone alla costituzione della sezione italiana, purché non pregiudichi "l'autonomia" del PRC. Anche le mozioni dell'area "Erre" facente capo ai trotzkisti quartinternazionalisti Cannavò e Malabarba (12 voti) e del gruppo trotzkista Falcemartello di Claudio Bellotti (4 voti), pur criticando un po' più "audacemente" del gruppo di Grassi la politica di cedimento al programma di destra dell'Unione, hanno evitato attentamente di mettersi di traverso alla proposta della sezione italiana della SE: la prima si accontenta di puntualizzare che il progetto della "sinistra alternativa" non deve comportare lo scioglimento del PRC; la seconda si limita a definire tale progetto una "operazione d'immagine". L'unica opposizione formale al progetto bertinottiano è stata espressa dai trotzkisti del gruppo "Progetto comunista" di Marco Ferrando, il quale ha definito la sezione italiana della SE una "rifondazione socialdemocratica del 2000". Ma neanche lui, pur attaccando frontalmente la "subalternità" del segretario che porta il PRC a fare da copertura alla politica di destra del "centro-sinistra", si è spinto fino a chiedere che il partito esca dall'Unione: la mozione di questa corrente, infatti, glissa sulla questione chiedendo una generica "rottura", senza meglio specificare fino a che punto; e nemmeno con l'alleanza in quanto tale, ma solo "col centro dell'Unione". Alla fine Bertinotti, per tranquillizzare le correnti di opposizione, ha accettato che nella mozione di maggioranza fosse scritto che la costruzione della "nuova soggettività politica della sinistra di alternativa" avvenga "senza scioglimenti o annessioni". Ma nella sostanza è stato intransigente senza concedere loro nulla sulla natura riformista del suo progetto: "Trovo assurdo - ha detto infatti l'imbroglione trotzkista - chi vuole il nuovo soggetto politico fuori dall'Unione". Aggiungendo poi, con impareggiabile faccia tosta, che "decidere con un semplice sì o un no se stare dentro la coalizione è una cosa sterile perché proprio il caso della Val di Susa ci dimostra che far parte della giunta regionale contribuisce a sostenere la popolazione nella lotta contro l'alta velocità". E infatti sempre di copertura a sinistra di una politica di destra si tratta: sia nel caso della giunta collaborazionista e calabrache Bresso, sia dell'Unione del democristiano Prodi, sia dell'Unione europea imperialista. Questo è il presente del Partito della Rifondazione trotzkista e il prossimo futuro della "sinistra alternativa", alias sezione italiana del partito della Sinistra europea trotzkista. Prima i sinceri comunisti e fautori del socialismo che militano nel PRC ne prenderanno coscienza, abbandonando al suo destino questo partito falso comunista ormai già quasi del tutto fagocitato dalla borghesia e dal capitalismo, per rivolgersi al vero partito del proletariato, il PMLI, meglio sarà per gli interessi della classe operaia e della causa del socialismo in Italia. 14 dicembre 2005 |