Intervenendo all'Assemblea fondativa della Sinistra europea in Italia Bertinotti chiede di andare "oltre Rifondazione e la Sinistra europea" "Senza muri né a sinistra né nei confronti delle componenti moderate". Diliberto: "Uniamoci con chi ci sta". La Sinistra democratica però guarda a Borselli Dissensi al vertice del PRC All'Assemblea nazionale costitutiva della Sinistra europea in Italia, tenutasi il 16 e 17 giugno alla Fiera di Roma, il "nuovo soggetto politico" che avrebbe dovuto tenersi a battesimo, ideato da Bertinotti in tempi diversi e come un progetto di lungo respiro, è arrivato già col fiato corto, sotto l'incalzare della "crisi di rappresentanza" che ha colpito il vertice del PRC. E come se non bastasse ha ricevuto un colpo demolitore proprio dal suo ideatore, intervenuto al Palafiera per proporre di "andare oltre" Rifondazione e la stessa SE, puntando subito all'unità di tutte le forze della "sinistra di alternativa", nella prospettiva del "socialismo del 21° secolo". Gli avvenimenti politici, la cui ombra ha condizionato pesantemente il dibattito nella due giorni romana, si possono sostanzialmente riassumere in due corni dello stesso problema: da una parte il grave scollamento tra il vertice e la base di Rifondazione trotzkista, e tra questo partito e i movimenti di lotta, causato da un anno di partecipazione subalterna e servile del PRC al governo antipopolare, liberista e guerrafondaio del dittatore democristiano Prodi, come il fallimento della contromanifestazione di piazza del Popolo del 9 giugno ha messo in evidenza in maniera emblematica. Dall'altra l'accelerazione del progetto neodemocristiano del Partito democratico che, insieme alla legge elettorale maggioritaria che potrebbe essere varata con un accordo tra i due poli del regime neofascista o imposta attraverso il referendum, rende problematica la stessa sopravvivenza del partito guidato da Giordano. Una prospettiva resa ancor più incombente e allarmante dalla dura batosta elettorale subita dal PRC alle amministrative parziali del 27-28 maggio. Nello stesso tempo la nascita del PD apre spazi a sinistra per una forza elettorale che potrebbe arrivare anche al 15%, ma la cui aggregazione si sta rivelando più ardua di quel che non sembrasse sulla carta, e soprattutto sembra richiedere tempi lunghi, mentre la crisi incalza. Le parole "crisi" e "sparizione", infatti, sono state non a caso le più ricorrenti negli interventi di una platea fortemente traumatizzata dalla legnata elettorale, chiaramente percepita da tutti come una dura bocciatura in forma astensionista della politica di acquiescenza e di copertura del PRC alle continue nefandezze del governo Prodi. Ma anche per il clamoroso flop di piazza del Popolo, che ha marcato spietatamente la distanza ormai siderale che separa il vertice di Rifondazione trotzkista dai movimenti. C'è stato perfino chi ha parlato di "uscire dallo sbando", di "superare un tabù" (quello della permanenza al governo, ndr), ed altre espressioni del genere. Un progetto insufficiente e datato Ovvio che per uscire da una così grave e incombente crisi con prospettiva di sparizione la Sinistra europea sia apparsa già in partenza una risposta quantomeno insufficiente e datata. Tant'è vero che Bertinotti, che del resto lo aveva già proposto all'indomani del congresso di scioglimento dei DS, ha avuto buon gioco nell'indicare senza mezzi termini la via d'uscita da questa crisi nel "superamento" della stessa SE, con una fuga in avanti verso l'aggregazione a tutti i costi di tutte le forze a sinistra del PD, ma anche oltre, e anche senza un progetto definito in partenza, ma da costruire in corso d'opera, "senza muri" a sinistra ma neanche a destra. Franco Giordano, che alla proposta anticipata da Bertinotti sul "Corriere della Sera" di andare "oltre" la Sinistra europea per un "cantiere" aggregativo di tutta la "sinistra di alternativa" per fare "massa critica" si era mostrato piuttosto freddo e sfuggente, e che questo progetto aveva continuato invece a portare avanti, se l'è visto praticamente bruciare dal suo predecessore. Ha cercato allora di assecondare gli umori e il disagio della platea annunciando roboanti "svolte" movimentiste per recuperare il consenso della base, lanciando bellicosi (a parole) "ultimatum" al governo Prodi su abolizione dello scalone e Dpef, su Tav e Dal Molin, ma guardandosi bene dal minacciare passi concreti, come l'uscita dalla maggioranza, per sostenere tale improbabile "svolta". Quanto alla SE, anche se a parole si è detto d'accordo con Bertinotti, Giordano ha cercato di raccoglierne i cocci adattandosi molto a malincuore a declassarla a un "punto di partenza", uno "strumento", ovvero un "motore" per ricostruire una "soggettività unitaria" da mettere a "disposizione di tutte le sinistre", cioè del progetto bertinottiano: andare verso una "nuova sinistra unita", ha ammesso mestamente il segretario del PRC, non è una "scorciatoia dalle nostre difficoltà", ma perché alla crisi della rappresentanza "si deve dare una risposta o saremo spazzati via". Per il revisionista Diliberto bisogna addirittura andarci subito, massimo entro pochi mesi: "Sono stufo di cantieri e formule varie", ha detto nel suo intervento il segretario del PdCI, "chiudiamo la fase convegnistica e passiamo dalle parole ai fatti". E ha proposto che entro l'autunno si faccia "qualcosa tutti insieme. Chi ci sta ci sta". Tutte proposte chiaramente rivolte soprattutto alla Sinistra democratica di Salvi, Mussi e Angius costituitasi dopo il congresso di scioglimento dei DS, ma che quest'ultima, pur mostrando "interesse", evita per il momento di incoraggiare, perché preferisce guardare più allo SDI di Boselli che alla cosiddetta "cosa rossa" da assemblare mettendo insieme tutti gli spezzoni a sinistra del PD: "Siamo nati per questo, per riorganizzare la sinistra, ma non bisogna nascondersi le difficoltà", ha frenato infatti col suo intervento Titti Di Salvo, capogruppo di SD alla Camera. Unirsi per non sparire Chi non ha frenato per niente, anzi ha pigiato fino in fondo l'acceleratore sul "nuovo soggetto unitario della sinistra di alternativa" è stato proprio Bertinotti, appena tornato gasatissimo dal congresso di costituzione della Linke di Oscar Lafontaine a Berlino, una sorta di "cosa rossa" tedesca, dove con riferimento alle recenti elezioni in Francia e in Italia il guardiano della Camera aveva già lanciato un allarme sul "rischio per la sinistra alternativa di essere condannata ad una dimensione marginale della politica", cioè in parole povere di sparire. Mentre aveva esaltato come un "esempio per tutta la sinistra europea" la nuova variante socialdemocratica di Lafontaine, che tra i suoi padri ispiratori annovera l'antimarxista-leninista Rosa Luxemburg e i socialdemocratici Willy Brandt e Olaf Palme. Dimostrando come sempre di andare dritto per la sua strada infischiandosene degli umori e del dibattito nel suo partito, il guardiano della Camera ha pronunciato un intervento imprevisto e spiazzante, chiedendo senza mezzi termini di "andare oltre Rifondazione, ma anche la stessa SE", e affrettare il passo verso il nuovo soggetto della sinistra di alternativa. Chiedendo in altre parole di liquidare la creatura appena nata per buttarsi in un volo senza rete verso la costruzione della nuova sinistra unita. E di farlo subito, perché "per fare una sinistra ampia, plurale e forte - ha esclamato - bisogna anche saper cogliere l'attimo, i tempi in politica non sono indifferenti". Verso la socialdemocrazia O si apre subito il cantiere, o si rischia la fine, è in sostanza l'avvertimento di Bertinotti. Per questo deve aprirsi subito "un confronto con tutte le sinistre, con tutti coloro che quale che sia il nostro giudizio, si considerano di sinistra. Senza muri né a sinistra né nei confronti delle componenti moderate". A chi è rivolta quest'ultima espressione? Evidentemente ai socialisti di Boselli, ma anche a forze cattoliche e a chiunque voglia essere della partita. Verso costoro nessuna discriminante politica, del resto ormai liquidata da un pezzo insieme a qualsiasi riferimento al comunismo, sparito anche dalla sua nuova rivista da lui battezzata non a caso "Alternative per il socialismo". Ed è infatti il "socialismo del 21° secolo", ossia la socialdemocrazia da cui proviene, che il narcisista gandhiano propone come traguardo per agganciare il carro della Sinistra democratica che guarda ai socialisti di Boselli e al PSE. Agli spiazzati e perplessi dirigenti di Rifondazione trotzkista il guardiano della Camera, rivolgendosi dall'alto della sua carica istituzionale come da un pulpito, raccomanda di buttarsi in questa impresa a occhi chiusi, "senza chiedere prima come andrà a finire", tanto "sarà quello che ne faranno democraticamente i partecipanti, la gente coinvolta": "Voi sapete certamente, in questo momento, molto meglio di me cosa fare e come farlo. Io vi invito soltanto a farlo: fatelo", è stata l'esortazione finale in chiave misticheggiante di Bertinotti all'assemblea. Lo seguiranno gli ammaccati e frastornati colonnelli di Rifondazione trotzkista, ancora alle prese con il problema di arginare la crescente frattura con la base e i movimenti, in questo sua nuova, megalomaniaca fuga in avanti verso la socialdemocrazia? A giudicare dalle reazioni a freddo al suo intervento, la cosa è tutta da vedere. Del disagio e dell'imbarazzo di Giordano, nel vedersi silurare e affondare la nave della SE appena varata, abbiamo già detto. Che il segretario del PRC non si sia mostrato infiammato dal proclama del suo predecessore, è il meno che si possa dire. E se tra i dirigenti c'è chi è entusiasta della nuova "svolta" bertinottiana, come il "governista" sottosegretario allo Sviluppo economico Alfonso Gianni, non manca chi dissente in maniera esplicita, come il coordinatore della segreteria del partito (quindi molto vicino a Giordano), Walter De Cesaris, il quale accusa Bertinotti e i suoi seguaci di voler "fare il funerale al PRC". La stessa "Liberazione" del 19 giugno, nel titolo di apertura della prima pagina, mette significativamente in forma interrogativa ("Ora si va oltre Rifondazione?") la parola d'ordine con cui Bertinotti ha voluto imprimere un colpo d'acceleratore alla dissoluzione del PRC nel calderone socialdemocratico: esprimendo con ciò tutto il disagio e il marasma in cui versa come non mai il vertice di Rifondazione trotzkista. 20 giugno 2007 |