Biografia di Anna Finocchiaro Dal nostro corrispondente della Sicilia La candidata alla presidenza della regione Sicilia per il "centro-sinistra", Anna Finocchiaro, nasce a Modica, in provincia di Ragusa nel 1955 da una famiglia dell'alta borghesia catanese. Cresce a Catania, dove si laurea in giurisprudenza, sposa il ginecologo Melchiorre Fidelbo e ha due figlie. La sua carriera da politicante borghese inizia nel 1972. Mentre in tutta Italia imperversa la contestazione giovanille sull'onda delle idee della Grande Rivoluzione culturale proletaria in Cina, la Finocchiaro fa la sua prima e definitiva scelta di campo: schierandosi dalla parte del capitalismo, aderisce al PCI revisionista. Da quel momento è per lei un progressivo scalare i posti che contano per la borghesia. Nel 1981 diventa funzionario della Banca d'Italia nella filiale di Savona. Dal 1982 al 1985 è Pretore a Leonforte, in provincia di Catania. In seguito diviene sostituto procuratore nel tribunale di Catania carica che mantiene fino al 1987. Iscritta a Magistratura Democratica, ne diventa quasi subito segretaria per la Sicilia orientale. Dal 1988 al 1995 è consigliere comunale a Catania, prima con il PCI e poi con il Partito Democratico della Sinistra. Nel 1987 il salto nazionale. Nella decima legislatura, dal 1987 al 1992, viene eletta alla Camera nelle file del PCI. È l'unica volta che entra in parlamento con le "sue" forze. Dall'undicesima legislatura in poi il profondo solco che lei stessa scava con le masse popolari catanesi, che smettono di votarla, ed il cambio del sistema elettorale da proporzionale a uninominale, la lasciano fuori ad ogni tornata elettorale. Riesce a rientrare alla Camera grazie alla quota proporzionale, dalla undicesima alla quattordicesima legislatura, ed al Senato alla quindicesima legislatura. Alla Camera si occupa di temi riguardanti la giustizia. In quel covo di imbroglioni patentati che è il parlamento borghese ha le carte in regola per un incarico del genere, infatti appena eletta, nella sua prima legislatura, viene richiesta un'autorizzazione a procedere a suo carico per "corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio, aggravata", "concussione aggravata" e "interesse privato in atti di ufficio". Nel 1989 inizialmente si oppone alla svolta della Bolognina ma poi finisce col confluire sulle posizioni di Occhetto. La sua carriera istituzionale, del resto, è un continuo svoltare a destra dal PCI al PDS ai DS, all'Ulivo, all'Unione e infine al PD. Nella tredicesima legislatura, dal 1994 al 1996, entra con gli scarti proporzionali in parlamento con L'Ulivo-PDS. Viene chiamata a fare parte del primo governo Prodi come ministra alle "Pari opportunità": non si segnalano interventi di rilievo a favore delle masse popolari femminili. Nel 2001 ancora grazie ai resti proporzionali entra in parlamento, questa volta con i Democratici di Sinistra. A partire da questo momento consolida il suo potere in seno alla segreteria nazionale dei DS e diviene responsabile del settore giustizia per il suo partito. Sono gli anni neri, dal 2001 al 2006, del secondo e terzo governo del neoduce Berlusconi. Nel dicembre 2001 Berlusconi, portando avanti il piano piduista di restaurazione del fascismo sotto nuove forme e nuovi vessilli, attacca ferocemente l'indipendenza della magistratura e il "centro-sinistra" gli dà più di una mano. La Finocchiaro arriva ad affermare: "Non abbiamo paura di affrontare i nodi che pesano sul dibattito istituzionale, come l'obbligatorietà dell'azione penale e l'indipendenza del pm". Nel 2004 il Tribunale di Milano regala le attenuanti generiche a Berlusconi, mandando così in prescrizione la sua tangente da 500 milioni di lire al giudice Squillante. Anna Finocchiaro va ben oltre e, in piena sintonia con i vertici dei DS, assolve con formula piena il neoduce: "Io credo-afferma- che una sentenza di assoluzione per il presidente del Consiglio, rispetto a fatti così gravi, sia una buona notizia. Un Tribunale della Repubblica ha deciso dopo un lungo processo che il premier di questo paese non è colpevole di reato gravissimo come la corruzione in atti giudiziali. Mi fa piacere per l'Italia". È in questi anni che la Finocchiaro, con il suo spregiudicato atteggiamento si guadagna sul campo l'ammirazione del "centro-destra", a tal punto da essere incensata a più riprese dai pennivendoli del "Giornale" della famiglia di Berlusconi e del "Foglio" di Ferrara. Non a caso tanti elogi dai neofascisti: la Finocchiaro, infatti, è stata una delle punte più avanzate tramite cui il "centro-sinistra" italiano ha collaborato alla costruzione della seconda repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista, federalista e interventista voluta dal neoduce. Nella quindicesima legislatura viene ancora una volta eletta con gli scarti proporzionali in Senato, e in più occasioni si distingue per il suo atteggiamento inciucista con il "centro-destra" e per le posizioni ed i provvedimenti antipopolari in politica interna e imperialisti in politica estera. Diviene presidente del gruppo dei senatori dell'Ulivo e dal 2007 del Partito Democratico-L'Ulivo. Dal 23 maggio 2007 è uno dei 45 membri del Comitato nazionale per il PD. La sua immediata adesione al progetto veltroniano fa prevedere per il futuro un attivo impegno nella costruzione della terza repubblica voluta da Berlusconi e Veltroni. Finocchiaro e la mafia La Finocchiaro è un candidato assolutamente improponibile alle masse popolari siciliane in quanto non è affidabile neanche sul piano dell'antimafia. Da responsabile del settore giustizia dei DS ha lanciato dei messaggi che lasciano a bocca aperta. Ne ricordiamo alcuni. Nel 2003 la Corte d'Appello di Palermo dichiara Andreotti colpevole nel processo per mafia fino alla primavera del 1980, ma il reato risulta prescritto. Nessuna indignazione da parte della responsabile giustizia dei DS. Rimane anzi agli atti la sua affermazione circa un presunto "comportamento esemplare" di Andreotti nel corso del processo. Con la dichiarazione della Finocchiaro il "centro-sinistra" partecipa attivamente al tentativo di "santificare" l'ex-presidente del consiglio (DC), nonostante il riconoscimento di colpevolezza in reati di mafia. La responsabile giustizia dei DS ci riprova ancora e questa volta oltrepassa il limite: sempre nel 2003, sorvolando sul fatto che stava intervenendo su una vicenda gravissima, in quanto la Cassazione aveva annullato la condanna a 24 anni subita da Andreotti per l'omicidio del giornalista Pecorelli, lei afferma: "Il fatto che uno degli uomini politici più rappresentativi della storia della Repubblica italiana non venga ritenuto dalla Corte di Cassazione come un mandante di un omicidio dovrebbe essere un sollievo per il paese, per tutti i cittadini di questa Repubblica". La Finocchiaro non risparmia gli elogi anche ad altri inquisiti e processati per mafia: Cuffaro per lei diventa apprezzabile per il solo fatto di essersi sottoposto al processo: "al contrario di altri non si è sottratto ai suoi giudici, pur avendone la possibilità". Ma non riesce a darla a bere alle masse siciliane, le quali non dimenticano che Cuffaro, essendo sotto giudizio per accuse gravissime, tra le quali quella di aver fatto fallire una indagine a carico di un boss mafioso, non ha altra scelta che presentarsi in processo e sperare nell'assoluzione. Se non si fosse sottoposto al processo i siciliani lo avrebbero mandato a casa a calci come è successo dopo la condanna, quando ha tentato di rimanere attaccato alla poltrona in ogni modo. La Finocchiaro è lontana anni luce dalle masse popolari siciliane. Il suo rapporto col movimento antimafioso siciliano è gelido. Ha pesato sull'evolversi di questa situazione il suo disinteresse verso le battaglie antimafiose, la sua lontananza ed i suoi silenzi nei "momenti caldi", dalle stragi degli anni Novanta alle successive manifestazioni e proteste popolari. I catanesi sanno quanto ha influito il suo silenzio omertoso sul "Caso Catania" che tenne banco sulle cronache nazionali qualche anno fa. Nel 2002 il presidente del Tribunale dei minori Giambattista Scidà e il pm Nicola Marino di Catania denunciarono in Commissione Antimafia l'esistenza nella metropoli etnea di una lobby di magistrati, politici ed imprenditori che faceva pressioni su magistrati che intendevano indagare senza guardare in faccia nessuno. Questa lobby aveva gestito, secondo le denunce, la compravendita di immobili passati da personaggi mafiosi a politici, anche del "centro-sinistra", e a loro familiari, nonché alcune inchieste, in particolare quella sullo scandalo dell'ospedale "Garibaldi" e quella sul "re dei supermercati" Scuto. Marino e Scidà finirono nel mirino dei politici. Quando il CSM propose di trasferire Scidà per incompatibilità ambientale la Finocchiaro tacque ostinatamente giocandosi la sua credibilità e il suo onore di antimafiosa, se l'ha mai avuto, proprio nella sua città Catania, di fronte a coloro che l'avevano votata. Del resto il nome di Anna Finocchiaro proprio nel "Caso Catania" affiora in una storia di ville di lusso costruite a San Giovanni La Punta da un'impresa di un prestanome del clan Laudani, un certo Carmelo Rizzo. Un cognato della Finocchiaro, infatti, acquista proprio una di quelle ville del clan mafioso. Un testimone in un processo che ne seguirà dichiara: "Era notorio a San Giovanni La Punta che Rizzo fosse il prestanome del clan Laudani. Costruiva villette lussuose da vendere a persone rispettabili. Capitò, così, che avendo dei rapporti di conoscenza con l'onorevole Finocchiaro Anna, sentii il bisogno di informarla". Ma l'affare si concluse ugualmente. Nella stessa vicenda viene implicato un giudice della procura di Catania, Carmelo Gennaro: anche lui acquista una villa di lusso dal prestanome dei Laudani. Nel 1997 Carmelo Rizzo viene assassinato dalla mafia, forse perché stava per divenire collaboratore di giustizia. Scirò nel 2007 manda al presidente della Commissione Antimafia, Francesco Forgione, del PRC, una lettera aperta in cui afferma: "I fatti locali Le sono presenti: quelli, in particolare, successivi alla uccisione di Carmelo Rizzo, imprenditore di San Giovanni La Punta da lungo tempo affiliato ad una temibile cosca. Costui venne ucciso in febbraio del '97, per mandato del vertice di quel clan, perché non potesse pentirsi, come si riteneva che stesse per fare. Quali cose avrebbe rivelato il Rizzo? lui che di molte, e di grande rilievo, era certo a conoscenza (composizione della squadra; omicidi; riciclaggi; connessioni con imprenditori e pubblici funzionari; favori fatti dal clan a chi non doveva accettarne, e favori venuti, al clan, da persone che non avrebbero dovuto farne a nessuno)?". Forgione non risponde alla lettera, che contiene anche la proposta di un pubblico dibattito sulla giustizia a Catania in cui si parli, fra l'altro, della discussa nomina a consulente della stessa commissione Antimafia proprio di quel giudice Gennaro che aveva acquistato la villa di lusso dai Laudano: "a cui - afferma Scirò nella sua lettera - dovrebbero essere chieste spiegazioni di ciò che è stato fatto in procura o di ciò che è stato omesso o ritardato a vantaggio della cosca mafìosa di San Giovanni La Punta in offesa al normale funzionamento dell'ufficio". In un articolo di un giornale catanese si chiede "Quali segreti conosceva l'imprenditore Rizzo di S. Giovanni La Punta, ucciso dalla mafia dei 'Laudani', poco prima che si pentisse? Perché Rizzo si sarebbe vantato di aver venduto ville non solo a Gennaro, ma anche a parenti di esponenti di punta della sinistra catanese, come Anna Finocchiaro?" Il disprezzo della candidata verso le lotte dell'antimafia siciliana si evince anche da un altro grave fatto: il suo programma elettorale glielo sta scrivendo l'ex-ministro socialista Salvo Andò, uno dei più loschi personaggi della politica borghese nazionale: processato per voto di scambio con Cosa nostra, poi assolto, viene rinviato a giudizio per le tangenti su un centro fieristico. Per queste viene condannato in primo grado a 5 anni e 6 mesi e in appello a 4 anni. La Cassazione annulla con rinvio e nel secondo appello scatta la prescrizione, grazie alle attenuanti generiche. Viene arrestato per le mazzette sulla ristorazione nell'ospedale di Catania. L'accusa, poi derubricata in finanziamento illecito, cade in prescrizione. Questa, in sintesi, la storia politica di Anna Finocchiaro alla quale auspichiamo non vada neanche un voto dell'elettorato di sinistra in Sicilia. 2 aprile 2008 |