Annamaria Cancellieri, da manganellatrice degli operai a manganellatrice dei magistrati Annamaria Cancellieri, ministro della giustizia del governo Letta ed uscente ministro degli interni del governo Monti, nasce a Roma nel 1943. Si laurea in Scienze politiche alla Sapienza nel 1972. Giornalista pubblicista, giovanissima inizia una folgorante carriera presso la presidenza del Consiglio. La giovane carrierista proviene da una famiglia italo-libica. Non certo una famiglia operaia. Il nonno partecipa alla guerra di aggressione all'Impero Ottomano del 1911 e dopo la conquista della Libia viene nominato "commissario ai beni sequestrati ai berberi". La Cancellieri non si vergogna e ne fa quasi un vanto di tale nauseabondo titolo ricevuto dal suo avo. Il padre della Cancellieri sempre in Libia è impegnato per tutta la vita nell'affare della costruzione di centrali elettriche. La famiglia Cancellieri, come altri sfruttatori dei beni del popolo libico, viene giustamente cacciata dalla Libia da Gheddafi dopo la conquista del potere nel '70. Dopo una ventennale carriera dirigenziale nello Stato borghese, la Cancellieri nel 1993 è nominata prefetto, carica che ricopre a Vicenza, Bergamo, Brescia, Catania e Genova. Da prefetto a Genova nel 2007, pronunciò queste famigerate parole: "Emergenza mafia? Non ci risulta". In corso nel capoluogo ligure vi erano inchieste della magistratura e numerosi arresti di uomini connessi alla 'ndrangheta. La prefetta che non si accorge, o fa finta di non accorgersi, dell'esistenza della mafia è nominata dall'ex governatore siciliano Lombardo (MPA,), successivamente indagato per mafia, a presiedere nel 2009 la commissione per il piano rifiuti, settore in mano alla mafia nell'isola. In quella veste la Cancellieri concorre a determinare i cumuli di spazzatura ancora presenti nelle metropoli siciliane. Nel novembre di quell'anno Lombardo la nomina commissario straordinario del Teatro Bellini di Catania. Alla fine del 2009 viene indagata dalla Procura etnea per abuso d'ufficio. Il Pubblico ministero Alessandro La Rosa le contesta consulenze "inutili e costose per i bilanci del teatro". Da commissario straordinario a Bologna nel febbraio 2010, dopo lo scandalo del "Cinziagate" che coinvolse il sindaco Delbono (PD), si contraddistingue per la politica antipopolare dal pugno di ferro. Nell'ottobre del 2011, diventa commissario prefettizio a Parma, dopo che Vignali, "centro-destra", si era appena dimesso in seguito agli arresti per corruzione di funzionari comunali e assessori. A Parma bypassando la volontà popolare la Cancellieri si impegna in una trattativa con Iren con l'obbiettivo di riaprire il cantiere dell'inceneritore dietro una cospicua transazione finanziaria. Dal 16 novembre 2011 al 28 aprile 2013, la Cancellieri è ministro dell'Interno nel governo Monti. In coerenza con il suo piglio fascista e antifemminile dichiarerà: "Io l'8 marzo lo abolirei", rivelando un odio profondo verso lo spirito di classe della Giornata delle Donne. La Cancellieri dimostra di odiare tutto quanto proviene dalla classe operaia, in primis le proteste per il lavoro e usa il pugno di ferro poliziesco contro le lotte operaie che viene usato dalla ministra in diverse occasioni: contro gli operai dell'Alcoa e contro gli operai dell'Ikea, ad esempio, contribuendo a far alzare la tensione che poi scoppierà in una vera e propria battaglia in Sardegna quando nel novembre del 2012 le "forze dell'ordine" caricarono i minatori del Sulcis che risposero costringendo alla fuga gli allora ministri Fabrizio Barca e Corrado Passera. E ricordiamo ancora le manganellate che massacrano gli studenti il 14 novembre 2012 a Roma, quando i lacrimogeni furono presumibilmente lanciati dal tetto del ministero della Giustizia in via Arenula sui giovani in fuga dalle cariche. La repressione della ministra Cancellieri ha colpito duramente anche le lotte di massa della Valsusa, con continue cariche e scontri, ricordiamo quelli di luglio e novembre 2012, nonché decine di arresti. Lo stesso dicasi della gestione della protesta contro il MUOS in Sicilia, dove gli attivisti sono stati caricati violentemente a più riprese negli ultimi mesi. È innegabile che con l'arrivo della Cancellieri al governo la repressione antioperaia e antipopolare delle "forze dell'ordine" diventa sistematica, capillare e frequente. Nel corso del suo mandato la ministra mostra un altro lato della sua concezione fascista del ruolo delle "forze dell'ordine": la difesa ad oltranza dei comportamenti criminali e degli abusi da parte della polizia. Quando la Cassazione conferma nel 2012 le pene ai poliziotti per la morte del giovane Federico Aldrovandi, la ministra commenta: "Se ci sono stati, come sembrerebbe, degli abusi gravi, è giusto che vengano colpiti". L'uso del condizionale di fronte all'accertamento di un'inaudita e ingiustificata violenza, confermata peraltro in via definitiva dalla Cassazione, che aveva prodotto non "degli abusi gravi", bensì la morte del giovane, suona come una vera e propria provocazione o presa di distanza tanto da suscitare l'indignata reazione dei genitori del ragazzo. Come la sua collega Fornero, dall'alto della sua rendita milionaria la Cancellieri non ha perso occasione di attaccare verbalmente i lavoratori, i disoccupati e i precari. Così quando affermò: "Noi italiani siamo fermi al posto fisso nella stessa città di fianco a mamma e papà". Ma come la Fornero che ha la figlia col sedere ben saldo su una poltrona universitaria, anche la Cancellieri ha un figlio, Piergiorgio Peluso, dai contratti di lusso. A 42 anni era direttore generale di Fonsai (Fondiaria Assicurazioni), con centinaia di migliaia di euro di stipendio. Uscito con 3,6 milioni di euro di liquidazione dalla Fonsai, il figlio della ministra diventa alto dirigente Telecom. Di mezzo c'è un enorme conflitto di interessi. Nel 2003 il ministero dell'interno e Telecom siglavano un accordo per l'utilizzo dei braccialetti elettronici per i detenuti ai domiciliari. Il contratto di 81 milioni scadeva a fine 2011. Nonostante le critiche della Corte dei Conti su tale intesa "antieconomica ed inefficace", nel 2012 la ministra rinnova il contratto con Telecom per altri 7 anni. Poco dopo al figlio viene affidato il settore "amministrazione, finanza e controllo" di Telecom, con un contratto di circa 600mila euro l'anno. Alla faccia del conflitto d'interessi. Il 18 aprile 2013 è candidata alla presidenza della Repubblica da parte di Scelta Civica di Monti. Il 19 aprile 2013 alla quarta votazione raggiunge 78 voti, sui 69 iniziali di Scelta Civica. Risulta non sgradita alla "sinistra" borghese, tanto che lo stesso Roberto Saviano ha chiesto pubblicamente la riconferma della manganellatrice fascista agli interni. Ed è molto gradita a destra, al punto che Giuliano Ferrara la adora. Il 27 aprile 2013 viene nominata ministro della Giustizia del governo Letta con l'imperativo: da manganellatrice di operai a manganellatrice di magistrati. 2 maggio 2013 |