Francesco Rutelli (Margherita) - beni culturali e vice presidente del consiglio

Anticlericale, pacifista e ambientalista, quando era agli esordi della sua carriera politica di radicale pannelliano e filocraxiano negli anni '80 e di "verde" nei primi anni '90; baciapile, papista, militarista e liberista tra i più convinti e accaniti, oggi che da segretario della Margherita punta all'egemonia del "centro-sinistra" in concorrenza con i DS e magari del futuro partito democratico che ingloberà i DS. Questa la parabola politica di Francesco Rutelli, classe 1954, un camaleonte e un carrierista tra i più ambiziosi e spregiudicati che la seconda repubblica neofascista, che pure ne abbonda, abbia mai prodotto.
Rampollo di una famiglia dell'alta borghesia romana, liceo dai gesuiti del Massimo (come Montezemolo e Draghi), marito della giornalista Barbara Palombelli, anche lei proveniente da una famiglia della Roma "bene", con la quale forma una coppia non a caso paragonata per ambizione da molti al duo Bill e Hillary Clinton, Rutelli esordisce in politica nella seconda metà degli anni '70 sotto l'ala protettrice di Pannella, iscrivendosi al Partito radicale e diventandone nel 1980, a soli 26 anni, segretario nazionale. Incarico che terrà per un anno, per poi essere eletto deputato e capogruppo dei radicali alla Camera nell'83. È in questo periodo che stringe forti legami col PSI di Craxi, del quale diventa ammiratore sfegatato e seguace delle sue battaglie politiche ispirate alla "grande riforma" neofascista, presidenzialista e piduista, tanto che Bobo Craxi dirà di lui: "Nel PSI nemmeno Giuliano Amato adottò mai atteggiamenti servili verso Craxi e i suoi vice come quelli che Francesco Rutelli normalmente adottava".
La sua carriera nei radicali cessa nell'89, quando Pannella li trasforma in un partito "trans-nazionale", per ripartire con un'altra formazione politica allora più giovane e sulla cresta dell'onda, i Verdi, di cui diventa deputato e capogruppo alla Camera nel '92. Siamo nel periodo di tangentopoli e del passaggio ufficiale alla seconda repubblica, e il giovane camaleonte e carrierista ne vive tutte le fasi, sempre badando a restare sulla cresta dell'onda: aderisce al patto referendario di Mario Segni, abbandona le vecchie simpatie craxiane, ora che il suo ex maestro è caduto in disgrazia, e si avvicina al PDS. L'occasione di sedersi su una poltrona importante a Rutelli si offre con la candidatura a sindaco di Roma nelle comunali del '93, che riesce a cogliere con l'aiuto del PDS e dei mass media, grazie anche all'appoggio e ai "consigli" dell'amico piduista Costanzo e alle amicizie vantate dalla moglie nel quotidiano di Scalfari e De Benedetti, La Repubblica.
Gli anni da neopodestà della capitale sono il suo vero trampolino di lancio verso le alte sfere della politica borghese. È in questo ruolo, grazie alle appetitose privatizzazioni delle aziende pubbliche comunali come l'Acea e la Centrale del latte, che si fa le ossa di liberista convinto (da cui la sua attuale intransigenza a favore della Tav, della direttiva Bolkestein, ecc.) e consolida i suoi legami con le lobby capitalistiche, come la Bnl, legami venuti alla ribalta con lo scandalo di bancopoli. La gestione dei miliardi stanziati per il Giubileo del 2000 è l'altra occasione d'oro che gli si presenta per stringere altrettanto solidi legami con le gerarchie vaticane, e in particolare con Ruini e con il papa nero Wojtyla, di cui si proclama fervente ammiratore. È in questo periodo che completa la sua "conversione" religiosa di stampo clericale e bigotto, per diventare un vero e proprio baciapile papista, che porterà avanti negli anni insieme alla moglie ex femminista, fino al punto di risposarsi in chiesa nel 1995.
Non basta. Da bravo neopodestà romano Rutelli strizza l'occhio alla destra fascista e monarchica, attraverso alcune operazioni di "riconciliazione" in chiave di revisionismo storico, come la riesumazione della festa mussoliniana del "natale di Roma" e la dedica di strade a gerarchi fascisti come Bottai e alle cosiddette "vittime delle foibe", nonché appoggiando il rientro dei Savoia in Italia.
Nel 2000 la grande occasione per spiccare il volo verso un più ambìto palazzo romano: il 21 ottobre al Palavobis di Milano, in uno scenario da convention all'americana, tra bandiere tricolori e inno di Mameli, Rutelli è incoronato candidato premier del "centro-sinistra" alle politiche del 2001. Il suo discorso di investitura è pieno di riferimenti a santi, preti e personaggi storici liberali e anticomunisti. La sua campagna elettorale sarà all'insegna del presidenzialismo e sempre attenta a esaltare il suo look e dello spettacolo mediatico ad imitazione e in concorrenza con quella del neoduce Berlusconi. Il suo programma è basato sugli stessi valori e obiettivi, e in particolare la "sicurezza", la triade dio-patria-famiglia, l'attenzione alle esigenze della chiesa. Pannella commenterà sarcastico: "Stava con noi quando aveva i pantaloni corti e ora sta coi vescovi, ha fatto la comunione in tutte le parrocchie di Roma".
Dopo la cocente sconfitta del 2001 ha lamentato di aver dovuto "mangiare pane e cicoria" per ritornare protagonista della coalizione dell'Ulivo, quando nel maggio dell'anno scorso tentò di spaccare la Margherita emarginando la componente prodiana. Ma non rinunciò affatto alle sue ambizioni politiche, lavorando per consolidare il suo potere nella Margherita e nell'Ulivo, per spostarne l'asse sempre più a destra, su posizioni liberiste, clericali, neofasciste, federaliste e filoimperialiste.
Non si contano le sue "aperture" alla politica neofascista, presidenzialista, federalista e guerrafondaia del governo Berlusconi, con tentativi di portare l'intero "centro-sinistra" a votare insieme alla casa del fascio, o almeno astenersi, su singoli provvedimenti come il rifinanziamento della missione militare in Iraq. Una politica riuscita, visto lo spostamento progressivo a destra dell'Unione sull'Iraq e non solo, e vista anche la rinuncia nel suo programma a cancellare le infami leggi di Berlusconi, accogliendo il principio rutelliano che "non tutto quel che ha fatto il governo è da buttare".
Addirittura sfacciata, poi, è la politica rutelliana di fiancheggiamento della Cei e del Vaticano, che è giunta a livelli scandalosi con l'appoggio alle campagne più aggressive e martellanti di Ruini e Ratzinger, come quella contro il referendum per l'abrogazione della legge oscurantista sulla fecondazione assistita, contro la legge 194 per il diritto di aborto, contro la scuola pubblica, per il finanziamento della chiesa e delle scuole private, contro l'estensione dei pieni diritti alle famiglie di fatto etero e omosessuali, ecc. Il suo obiettivo strategico evidente è quello di diventare il futuro leader del partito democratico che inghiottirà i DS e che egemonizzerà l'intera "sinistra" borghese.

31 maggio 2006