Davanti alla Commissione d'inchiesta britannica Blair: "Rifarei la guerra in Iraq" I contestatori in piazza: "Sei un criminale e un bugiardo" L'ex primo ministro laburista britannico Tony Blair, interrogato dalla Commissione d'inchiesta sulla guerra in Iraq lo scorso 29 gennaio, ha arrogantemente difeso la sua decisione di partecipare all'aggressione imperialista del 2003, guidata dagli Usa di Bush. Alla commissione incaricata di ricostruire perché la Gran Bretagna sia entrata in guerra contro l'Iraq, Blair ha ripetuto che "non provo alcun rimorso" e "rifarei la guerra in Iraq". Nei giorni precedenti vi erano state diverse dichiarazioni, tra le quali quella di Lord Goldsmith, il rappresentante dell'avvocatura generale dello Stato, il quale all'epoca aveva dato il via libera alla partecipazione della Gran Bretagna e che ha ammesso che la guerra era illegale. Non ha invece avuto alcun dubbio Blair, e anche una consistente faccia tosta imperialista, nel ripetere alla commissione che "viste le informazioni che erano a mia disposizione, non ero disposto a correre il rischio di lasciare in mano ad un paese pericoloso armi di distruzione di massa". Quelle fantomatiche armi in mano a Saddam che non esistevano, inventate di sana pianta dai servizi imperialisti quantomeno di Usa, Italia e Gran Bretagna. Un falso dossier del settembre 2002 che sosteneva che l'Iraq possedeva armi di distruzione di massa e che servì come giustificazione per l'entrata in guerra era passato nelle sue mani ma "non me ne occupai molto a quel tempo", ha tentato di svicolare Blair che ha scaricato ogni responsabilità in merito sui servizi inglesi. In ogni caso, ha affermato che nel dubbio sulla loro esistenza è stato meglio agire. Tantopiù che l'obiettivo principale dell'attacco all'Iraq, come aveva dichiarato in una intervista rilasciata l'anno scorso alla Bbc, era quello di spodestare il dittatore Saddam. Blair ha richiamato la situazione che si era creata dopo gli attentati terroristici dell'11 settembre, quando "ci rendemmo conto che se i terroristi avessero potuto avrebbero ucciso non solo 3.000 ma anche 30.000 persone" e a quel punto "il calcolo del rischio cambiò drasticamente"; in altre parole ha ripetuto che c'era un "pericolo" terrorista, ma senza portare alcuna prova, e per rispondere a tale pericolo ogni azione sarebbe stata giustificata. Compresa quella contro l'Iraq, pur in mancanza di alcuna prova di legami del regime di Saddam con gli attentati dell'11 settembre. Non a caso nelle manifestazioni contro la guerra in Iraq svoltesi in Gran Bretagna, Blair era chiamato Bliar, bugiardo. Blair stava con Bush e ha ammesso di aver garantito con un anno di anticipo all'alleato imperialista americano che sarebbe stato comunque al suo fianco "nel caso in cui si fosse reso necessario l'uso della forza". Non ha detto nulla, e d'altra parte neanche la commissione pur sollecitata dal movimento pacifista glielo ha chiesto, sulla disponibilità manifestata da Saddam Hussein ad andare in esilio e quindi della possibilità di arrivare a un cambio di regime a Baghdad senza bombe. La vicenda è stata richiamata da una recente inchiesta del quotidiano Guardian che, sulla base degli appunti dell'ambasciatore spagnolo in Usa desecretati dal governo Zapatero, ha reso noto che nella riunione del 22 febbraio 2003 nel ranch di Crawford, negli Usa, presenti Bush e Aznar e collegati al telefono Blair e Berlusconi, l'ipotesi dell'esilio di Saddam era stata ampiamente discussa, e accantonata. Il successivo 1 marzo, analoga ipotesi era stata valutata nella riunione a Sharm-el-Sheik della Lega Araba; la Lega era pronta a chiedere formalmente l'esilio di Saddam ma la richiesta era stata stoppata da Gheddafi. I leader imperialisti avevano da tempo deciso per la guerra, per avere direttamente il controllo del paese e delle sue risorse nelle loro mani. Da notare che Blair, durante la sua deposizione davanti alla commissione, ha più volte richiamato la situazione internazionale di allora ma anche di oggi, con particolare riferimento alla "minaccia" costituita dall'Iran, come a voler suggerire che sarebbe necessario e legittimo un interevento come quello contro l'Iraq anche contro la Repubblica islamica dell'Iran. Alcune centinaia di pacifisti hanno manifestato per tutta la durata della lunga audizione dell'ex premier laburista, fuori dal Queen Elizabeth Conference Center, gridando "arrestate Tony" o "Blair al tribunale dell'Aia" e leggendo l'elenco degli iracheni e dei britannici che hanno perso la vita "per colpa di Blair". 10 febbraio 2010 |