Prodi si gonfia il petto e riconferma la "missione di pace" Blitz di guerra alla Bush per liberare due 007 italiani rapiti in Afghanistan La Casa del fascio applaude Ritirare subito le truppe dall'Afghanistan Nel pomeriggio del 23 settembre il ministro della Difesa Arturo Parisi, di concerto con Prodi e D'Alema in missione all'Onu e col consenso del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ha stilato l'ordine scritto al comando del contingente di occupazione italiano ad Herat che autorizzava, per la prima volta nella storia repubblicana, un'operazione di guerra in territorio estero; un atto grave che dava il via libera al blitz stile Bush per liberare i due sottufficiali dei servizi segreti rapiti da un gruppo locale il giorno precedente nel distretto di Farah, nell'Afghanistan occidentale. Un atto di guerra che smaschera definitivamente, se ce ne fosse stato bisogno, la reale natura della "missione di pace" imperialista in Afghanistan nonostante Prodi si affanni a dimostrare il contrario. I due 007 italiani, due sottufficiali del Sismi, non rispondevano ai contatti nella mattina del 22 settembre mentre assieme a due accompagnatori afghani erano impegnati in una missione nella zona compresa tra i distretti di Shindad e Farah. Parisi teneva a precisare che i due militari "svolgevano attività di collegamento con autorità civili locali" ma in una zona dove è attiva la resistenza all'occupazione imperialista e dove lo scorso aprile decine di civili erano morti sotto i bombardamenti americani. Il gruppo dei sequestratori e i prigionieri erano individuati la mattina del 23 settembre in un piccolo villaggio del distretto di Shindad grazie alle informazioni raccolte dai servizi italiani, tedeschi e inglesi e confermate dalle foto scattate dai velivoli spia Predator e dai satelliti Nato. Dopo il via libera di Parisi all'atto di guerra il comando italiano e quello della Nato, Isaf, mettevano a punto il piano che prevedeva l'attacco da parte dei paracadutisti italiani del "Col Moschin", appoggiati a terrra dai commando di marina inglesi dello "Special boat service" e dal cielo dagli elicotteri spagnoli. Il blitz scattava nella mattina del 24 settembre mentre il gruppo dei rapitori lasciava la base individuata per cui, secondo la versione ufficiale, veniva intercettato dai soldati inglesi che sparavano sul convoglio, uccidevano nove sequestratori e uno dei due accompagnatori afgani; l'altro e i due militari italiani restavano feriti, uno degli 007 in maniera gravissima. Commentando con i giornalisti a New York il successo del blitz Prodi gonfiava il petto e affermava che "il risultato dell'operazione militare è stato una dura sconfitta dei rapitori e quindi un ammonimento per il futuro". Come dire che anche il contingente di occupazione italiano è pronto alla guerra e infatti aggiungeva che "non abbiamo avuto un momento di incertezza nell'incaricare coloro che erano sul luogo di agire con la massima sollecitudine". "Questo episodio non cambia il ruolo e il senso della missione internazionale per l'Afghanistan, missione nella quale l'Italia ha un ruolo di rilievo", concludeva Prodi, confermando la "missione di pace" e sottolineando fantomatici "progressi fatti nella riorganizzazione del paese". L'atto di guerra deciso dal governo riceveva il plauso della Casa del fascio. Dal fascista Fini secondo il quale la decisione di far partire il "blitz che ha portato alla liberazione dei nostri soldati" è stata "una scelta obbligata e un'assunzione di responsabilità che fa onore" al ministro della Difesa che l'ha assunta insieme al presidente del Consiglio. Al coordinatore di Fi, Sandro Bondi, che esprimeva "soddisfazione e felicità per la liberazione dei due militari italiani, grazie anche alla corale unità di intenti delle istituzioni del nostro Paese". Della stessa vergognosa opinione il presidente della Camera Fausto Bertinotti che commentava: "è bene quel che finisce bene. Tiriamo tutti un sospiro di sollievo. È bene che tutto il Paese sia unito in questa soddisfazione perché è finito il rischio per la vita di due persone". Tutti a favore dell'atto di guerra, da Veltroni a Pecoraro Scanio, alla deputata del Prc Elettra Deiana che si limitava a chiedere di "aprire un dibattito serio sulle strategie che la Nato intende perseguire nel comando della missione Isaf, perché è evidente che lo scenario afghano in questi ultimi mesi sia mutato (sic!)". E a Oliviero Diliberto, che comunque aveva avallato anticipatamente il blitz con la dichiarazione "mi impegnerò affinché non si lasci nulla di intentato per il loro ritrovamento o la loro liberazione", che chiedeva il ritiro immediato delle truppe dall'Afghanistan rispondevano tra gli altri la Ds Marina Sereni, "non c'è scritto nel programma dell'Unione", il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Enrico Letta, "il ritiro delle truppe dall'Afghanistan è un argomento che non esiste" e il ministro Antonio Di Pietro, "l'Italia non può sfilarsi dagli impegni assunti a livello internazionale e non può dalla sera alla mattina bloccare gli aiuti umanitari". L'atto di guerra deciso dal governo Prodi segna invece una pericolosa escalation nell'intervento dell'imperialismo italiano, schierato in prima linea nell'occupazione del paese; una escalation che deve essere fermata col primo atto necessario, il ritiro immediato delle truppe dall'Afghanistan. 26 settembre 2007 |