Provocatorio progetto di legge da terza repubblica presentato in Commissione Difesa Bocciare l'"Ordine del tricolore" che equipara i repubblichini ai partigiani L'Anpi esorta chi si richiama all'antifascismo e alla Resistenza a respingere "questo ennesimo tentativo di sovvertire la nostra storia" "Un 'Ordine del Tricolore' che disonora la storia e le radici della Repubblica": così l'Associazione nazionale dei partigiani d'Italia ha giustamente bollato il disegno di legge che propone l'istituzione di un'onorificenza a tutti coloro che presero parte al secondo conflitto mondiale, compresi i fascisti che militarono nella "repubblica di Salò". Il Disegno di legge, presentato con il numero 1360 alla Commissione Difesa della Camera, propone infatti l'istituzione di un "Ordine del Tricolore" da conferire (art. 2) "a coloro che hanno prestato servizio militare, per almeno sei mesi, in zona di operazioni, anche a più riprese, nelle Forze armate italiane durante la guerra 1940-1945 e invalidi, o nelle formazioni armate partigiane o gappiste, regolarmente inquadrate nelle formazioni dipendenti dal Corpo volontari della libertà, ai combattenti della guerra 1940-1945, ai mutilati e invalidi della guerra 1940-1945 titolari di pensione di guerra e agli ex prigionieri o internati nei campi di concentramento o di prigionia, nonché ai combattenti nelle formazioni dell'esercito nazionale repubblicano durante il biennio 1943-1945". A presiedere l'ordine sarebbe il capo dello Stato e del consiglio di reggenza entrerebbe a far parte anche il presidente dell'Istituto storico della cosiddetta "repubblica sociale italiana". Agli insigniti verrebbe inoltre riconosciuto un vitalizio e ai mutilati ed invalidi di guerra un adeguamento pensionistico. Ci risiamo, dunque, col tentativo infame di riabilitare ufficialmente i boia repubblichini equiparandoli in tutto e per tutto ai partigiani, ai deportati nei campi di sterminio tedeschi e a quanti lottarono per liberare il Paese dal mostro nazifascista. Ci avevano già provato altre volte, in particolare nel 2006 durante il precedente governo Berlusconi col ddl numero 2244, che pretendeva di sancire il "riconoscimento della qualifica di militari belligeranti a quanti prestarono servizio militare dal 1943-'45 nell'esercito della Repubblica sociale italiana". Il tentativo fu allora ritardato per l'ondata di indignazione e di proteste che si levarono nell'opinione pubblica democratica e antifascista, dopodiché durante il governo Prodi si arenò in parlamento. Ora ci riprovano fiutando il vento a favore, grazie ad una maggioranza di "centro-destra" schiacciante e con un'opposizione parlamentare praticamente inesistente e cloroformizzata. A prendere l'iniziativa sono stati alcuni deputati dell'ex PSI di Craxi passati al soldo di Berlusconi, come Caldoro e Barani, seguiti da un nutrito manipolo di deputati del Pdl, in gran parte fascisti provenienti da AN, col contorno di alcuni esponenti del MPA. Ma tra i firmatari del documento, a loro perpetua vergogna, figurano anche tre rappresentanti del PD: Corsini (ex sindaco di Brescia), Fogliardi e Narducci. Anche se sembra che costoro abbiano ritirato la firma dopo che sono scoppiate le proteste e le polemiche, adducendo la risibile scusante della "distrazione", cioè di aver firmato senza essersi accorti della frase finale sui militari di Salò. Il deputato Lucio Barani, che è il primo firmatario del ddl, è quell'ex sindaco di Aulla salito alla ribalta per aver eretto una statua di Craxi in marmo di Carrara nella piazza principale della cittadina. Monumento poi rivenduto dall'amministrazione attuale per fare cassa. Non contento, come sindaco della cittadina di Villafranca in Lunigiana, aveva fatto affiggere una lapide commemorativa in ricordo di Mussolini che era passato di lì nel gennaio 1945, "quando reduce dalle retrovie della linea gotica s'avviava al tragico epilogo della sua vita avventurosa". Una vera vocazione nostalgica, quindi, la sua, che ora si è concretizzata in questa nuova e più infame iniziativa per la riabilitazione dei fascisti repubblichini. Ciò risalta in modo evidente nelle motivazioni che illustrano il provvedimento, dove lo si definisce "un atto dovuto, da parte del nostro Paese, verso tutti coloro che, oltre sessanta anni fa, impugnarono le armi e operarono una scelta di schieramento convinti della 'bontà' della loro lotta per la rinascita della Patria"; e in particolare verso quanti, "combattenti, giovani o meno giovani, cresciuti nella temperie culturale guerriera e 'imperiale' del ventennio, ritennero onorevole la scelta a difesa del regime, ferito e languente". E dove si dichiara esplicitamente l'obiettivo di dare alla proposta un "forte valore simbolico e sociale, che valga a superare tutti gli steccati ideologici che hanno reso difficile per troppi anni la possibilità di riconoscere socialmente i meriti e il sacrificio di coloro che hanno combattuto consapevolmente per il Tricolore". Siamo così al paradosso, come ha denunciato anche lo storico socialista Nicola Tranfaglia, che sarebbero elevati al rango di "combattenti", al pari dei partigiani, con tanto di vitalizio e rivalutazione della pensione, non soltanto i militari e gli ufficiali della "RSI", ma anche i componenti della "Guardia nazionale repubblicana", delle Brigate nere, della X Mas di Borghese, nonché dei torturatori della Banda Carità e della Banda Koch, che operavano direttamente agli ordini delle SS naziste. Come già detto il Comitato nazionale dell'Anpi ha immediatamente emesso un comunicato di protesta, in cui fa appello a chi si richiama all'antifascismo e alla Resistenza a respingere "questo ennesimo tentativo di sovvertire la nostra storia e le radici stesse della nostra Repubblica", e ha indetto una conferenza pubblica su questo tema, con la partecipazione di rappresentanti delle associazioni, di storici e di esponenti politici, che si è svolta il 13 gennaio presso la Camera dei deputati, e dove è stato chiesto in più interventi il ritiro del provvedimento. Certamente a dare il la alla nera iniziativa per la riabilitazione dei boia repubblichini sono state certe imbeccate come quella dell'intervento del ministro della Difesa fascista La Russa alla celebrazione dell'8 settembre a Roma, ma andando un po' più indietro nel tempo si arriva al rinnegato Violante, che da presidente neo eletto della Camera nel '96 chiese per primo il riconoscimento della pari dignità di combattenti ai "ragazzi di Salò". Non a caso i firmatari del documento, per difendersi dalle accuse di aver cercato un modo surrettizio di riabilitare i fascisti repubblichini, si richiamano alle sue posizioni, come hanno fatto in due distinte dichiarazioni il socialista Caldoro e il fascista Laboccetta. E infatti è proprio il tradimento della Resistenza e dell'antifascismo operato dai rinnegati come Violante che ha dato il via ad una serie continua di riscritture e stravolgimenti della storia (di cui i libri-montatura di Pansa sono solo l'esempio più eclatante), e a cui hanno tenuto dietro diversi tentativi di traduzione in atti legislativi, fino ad arrivare all'attuale disegno di legge presentato in Commissione Difesa. Un provvedimento che stavolta ha maggiori probabilità di essere approvato, vista la netta maggioranza di cui può disporre sulla carta, e che perciò occorre contrastare e affossare subito, con la più vasta e ferma mobilitazione antifascista, prima che possa andare ancora avanti in parlamento. 21 gennaio 2009 |