Processo per le violenze alla Bolzaneto durante il G8 di Genova I manifestanti portati in caserma furono torturati Richiesti 76 anni di carcere per 46 poliziotti imputati. Tra questi non ci sono però i vertici della polizia I reati cadranno in prescrizione Quelle inflitte ai manifestanti no global nella "caserma degli orrori" di Bolzaneto per tre interminabili giorni furono vere e proprie torture, violazioni dei diritti umani vietate espressamente anche dalla Corte europea, ma gli aguzzini che le praticarono non faranno neanche un giorno di carcere: questo l'illuminante ma nello stesso tempo beffardo epilogo a cui sta arrivando, con la conclusione l'11 marzo scorso della lunga requisitoria dei pm Ranieri Miniati e Patrizia Petruzziello, il processo ai 46 tra funzionari, ufficiali dei carabinieri, poliziotti, guardie carcerarie e medici imputati delle violenze gratuite ed efferate di ogni genere, tutte ampiamente dimostrate e documentate ai danni di oltre 300 vittime di diverse nazionalità, tra cui le 209 costituitesi parti civili. Non essendo previsto infatti dal codice il reato di tortura (la legge che adegua il nostro codice alla convenzione internazionale contro la tortura è ferma in parlamento dal luglio 2007), i reati contestati, escluso un imputato per il quale è stata chiesta l'assoluzione, si limitano infatti all'abuso d'ufficio, violenza privata, falso e abuso di autorità contro detenuti o arrestati, violazione dell'ordinamento penitenziario e della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, e le pene richieste dai due pm nella requisitoria vanno solo dai 6 mesi fino a un massimo di 5 anni e 8 mesi, per un totale di 76 anni, 4 mesi e 20 giorni. Praticamente niente in confronto ai secoli di carcere inflitti dal tribunale genovese ai 25 manifestanti condannati per devastazione, ai 50 e passa anni chiesti per i 13 no global del processo di Cosenza e ai 7 anni di carcere per ciascuno dei 13 fiorentini colpevoli di aver manifestato contro la guerra imperialista alla Serbia e l'allora governo D'Alema. Ma la vera è propria beffa è che, ammesso siano accolte dalla corte, molte di queste condanne, tra cui la maggior parte per abuso d'ufficio (pena massima 3 anni), sono già estinte grazie all'indulto, e le altre più gravi andranno tutte in prescrizione nel gennaio 2009 grazie alla ex Cirielli, una delle tante leggi ad personam di Berlusconi e lasciate intatte dal governo Prodi. Nell'inferno di Bolzaneto Ciononostante la requisitoria ha permesso almeno di ristabilire la verità dei fatti su quella che è stata definita, in maniera eloquente ma forse perfino riduttiva la "Guantanamo italiana". I due pm hanno dovuto impiegare ben due udienze solo per elencare la lunga lista degli orrori attraversati dai prigionieri sequestrati nell'inferno di Bolzaneto, orrori documentati da centinaia di testimonianze inoppugnabili e concordanti durante 157 udienze svoltesi nell'arco di due anni: un'infinita e agghiacciante serie di violenze fisiche e morali, fatta di pestaggi brutali e gratuiti, insulti, oscenità, saluti e inni fascisti, minacce di stupri a ragazze e ragazzi, prigionieri costretti a restare in piedi per ore, anche nudi, bastonati anche nelle parti intime, piercing strappati dalla carne viva, bruciature di sigaretta, ossa fracassate, donne costrette a stare nude davanti agli aguzzini e a sopportare le loro oscenità e minacce di stupro, medici e infermieri che anziché curare i feriti infierivano a loro volta con altre violenze, insulti e torture. Insomma un girone infernale in cui per tre giorni, dal 20 al 22 giugno 2001, i manifestanti rastrellati alla Diaz e nelle strade di Genova sono stati alla completa mercé di sadici fascisti in divisa, liberi di scatenare la loro violenza psicopatica e criminale perché sicuri dell'impunità accordata loro dal governo neofascista Berlusconi, ma anche grazie alla copertura e all'omertà dell'intero establishment politico, dal capo dello Stato Ciampi, alla "sinistra" borghese e ai mass media del regime, tutti interessati solo alla riuscita del G8 e al prestigio nazionale e sempre pronti alla difesa a priori e ad oltranza delle "forze dell'ordine". Dalle testimonianze emerge uno scenario da incubo, che comincia fin dall'arrivo dei fermati e degli arrestati nel cortile della caserma, dove sono accolti dagli agenti con sputi, insulti, calci e cori fascisti, compreso un eloquente "Benvenuti ad Auschwitz" che preannuncia lugubremente il seguito: "Tanto con Berlusconi con voi facciamo quel che vogliamo", si sentono annunciare minacciosamente le vittime. Subito dopo vengono fatti passare in fila in un lungo corridoio che porta alle celle tra due ali di poliziotti invasati e nuovamente picchiati, insultati e minacciati ("ci dicevano che ci avrebbero usato come le sagome dei poligoni di tiro", riferirà un testimone. Poi vengono identificati, fotografati e costretti a firmare un documento falso in cui rifiutano "spontaneamente" di contattare la famiglia e un avvocato. A chi si rifiutava o protestava arrivavano minacce tipo "vengo a trovarti a casa", "non rivedrai i tuoi figli", "ti tagliamo la gola", e così via. Poi è la volta dell'infermeria, dove invece di essere curati delle ferite e delle percosse vengono denudati, perquisiti, anche con l'asportazione violenta di piercing e ancora minacciati e insultati. In ciò si distingue per ferocia il responsabile medico di Bolzaneto, Giacomo Toccafondi, che alcuni testimoni hanno visto costringere una donna con le mestruazioni a togliersi un piercing dalle parti intime e strapparne altri personalmente. Per lui i pm hanno chiesto 3 anni e 3 mesi, che andranno sicuramente in prescrizione. Non è mai stato sospeso dai suoi incarichi e continua a essere medico all'ospedale di Pontedecimo, ed è stato pure selezionato dall'esercito per "missioni di pace" all'estero. Nelle celle e lungo i corridoi i prigionieri vengono fatti stare in piedi per ore, senza poter fare i propri bisogni, spesso nudi, faccia al muro, gambe divaricate e braccia alzate, in quella che gli agenti chiamano in gergo "posizione del cigno". Oppure addirittura ritti sulla punta dei piedi ("posizione della ballerina"). E intanto continuano le percosse, le minacce, i cori fascisti, gli insulti e le oscenità da parte di poliziotti e guardie carcerarie. Molte donne hanno riferito di agenti che dalle finestre delle celle lanciavano insulti e minacce del tipo: "Troie, puttane, vi scoperemo tutte, vi stupreremo come hanno fatto in Bosnia", e così via. Ai ragazzi erano rivolti insulti più "politici", come "comunisti di merda, vi ammazzeremo tutti come Carlo Giuliani", ma non sono mancati neanche per loro gli insulti osceni, le minacce di sodomizzazione, le botte sui genitali, ecc. Molti vengono costretti a gridare "viva il duce", "viva Mussolini", ad abbaiare come cani, a ragliare come asini, a camminare carponi tra le risate e i cori di "faccetta nera" dei sadici aguzzini in divisa. Altri sono stati spruzzati in faccia con gas urticante. A un ragazzo greco viene spappolata la milza. Una donna subisce la rottura di alcuni denti e la frattura della mandibola. Ad un altro viene lacerata una mano fino all'osso, altri due vengono legati insieme e le loro teste sbattute con violenza tra di loro. Il silenzio dei partiti del regime neofascista La lista degli orrori di Bolzaneto è praticamente infinita. Bolzaneto è stata "l'umiliazione, l'annientamento delle persone recluse", ha detto con gravità lo stesso pm Miniati: "Un luogo dove per tre interminabili giorni sono stati sospesi i diritti umani". Anche se poi, però, a fronte di questa spaventosa verità, l'accusa si è stretta nelle spalle attribuendo alla legislazione italiana inadeguata il non aver consentito di chiedere pene più severe. Basti pensare, per esempio, che per Alessandro Perugini (quello che i numerosi filmati sugli scontri del G8 mostrano infierire a calci contro un ragazzo inerme steso a terra), ex numero due della Digos di Genova e funzionario più alto in grado nella caserma, la richiesta è di soli 3 anni e 6 mesi. Che andranno in prescrizione, naturalmente. La pena più alta, 5 anni e 8 mesi, è stata chiesta solo per Antonio Biagio Gugliotta, ispettore della polizia penitenziaria responsabile della sicurezza a Bolzaneto. In pratica tutta la giustizia che le vittime di Bolzaneto riusciranno ad avere sono solo i risarcimenti in denaro. Alcuni milioni di euro in tutto, che però non saranno pagati dai responsabili ma dallo Stato, ossia dalla collettività. Senza contare che non solo i responsabili diretti non pagheranno un centesimo né faranno un giorno di carcere per le violenze e le torture commesse, ma tantomeno i loro superiori ai vertici della polizia e dei carabinieri, che non sono stati neanche sfiorati dal processo che si concluderà a fine maggio-inizio giugno. Basti pensare che i responsabili più alti in grado della mattanza di Genova sono stati tutti promossi dal governo Berlusconi, e mantenuti ai loro posti dal governo Prodi. Anzi, l'allora capo della polizia De Gennaro è stato promosso a capogabinetto del ministro dell'Interno Amato, e di recente commissario straordinario plenipotenziario per i rifiuti in Campania. Quale giustizia ci si può aspettare, dunque, da questo regime neofascista sostenuto e difeso congiuntamente dalla destra e dalla "sinistra" borghese? E d'altra parte come interpretare il silenzio assordante con cui la requisitoria di Genova è stata accolta dall'intero arco dei partiti di regime? Non soltanto cioè, come è comprensibile, da parte della destra neofascista capeggiata da Berlusconi, che è il massimo responsabile dei massacri di Genova e di Bolzaneto, ma anche da parte del PD del neonazionalista e presidenzialista Veltroni, che non ha neanche accennato alla spaventosa verità ormai accertata sulle torture a Bolzaneto dal suo baraccone elettorale ambulante, e dal quale al contrario chiama le masse a stringersi ancor più intorno alle istituzioni, all'esercito e alle "forze dell'ordine" del regime neofascista. 19 marzo 2008 |