Lega ladrona Bossi indagato per truffa allo Stato Sotto inchiesta anche i figli Renzo e Riccardo e il senatore Stiffoni Il caporione leghista Umberto Bossi era a conoscenza della circostanza che parte dei soldi dei rimborsi elettorali rubati al popolo e utilizzati dallo Stato per foraggiare i partiti parlamentari venissero versati all'ex tesoriere della Lega, Francesco Belsito, e ai suoi figli, Renzo e Riccardo: per questo motivo il 16 maggio i Pubblici ministeri (Pm) Roberto Pellicano e Paolo Filippini che da mesi indagano sulla distrazione dei fondi pubblici della Lega lo hanno iscritto nel registro degli indagati della procura di Milano per truffa ai danni dello Stato. Indagati anche i suoi due figli, Renzo "il Trota" e Riccardo, accusati di appropriazione indebita; mentre il senatore Piergiorgio Stiffoni deve rispondere di peculato per aver usato a fini personali il denaro depositato sul conto del gruppo parlamentare Lega Nord a Palazzo Madama. Ai due figli di Bossi Belsito assicurava una "paghetta" mensile da cinquemila euro negli ultimi quattro anni e, sempre coi soldi dei rimborsi elettorali pagava anche le spese extra come quelle relative ad auto e benzina dei due rampolli in camicia verde. Gli inquirenti hanno accertato che sui rendiconti della Lega Nord da inviare a Roma per i rimborsi elettorali c'è sempre la firma di Bossi accanto a quella di Belsito. Una firma apposta nella consapevolezza della gestione a dir poco truffaldina delle spese da parte dell'ex tesoriere che ha maneggiato uno sperpero di denaro pubblico per una cifra che si aggira attorno ai 18 milioni di euro. A tanto ammontano i rimborsi elettorali liquidati lo scorso agosto da Camera e Senato in base a un rendiconto ritenuto non veritiero, firmato da Belsito e controfirmato da Bossi. A convincere i magistrati milanesi a indagare Bossi sono stati una serie di indizi venuti a galla dai documenti raccolti nel corso dell'indagine, dalle intercettazioni e dalle dichiarazioni messe a verbale da Belsito e dall'allora suo braccio destro Nadia Dagrada. Oltre ai rendiconti controfirmati da Bossi, ci sono riferimenti anche scritti sulla documentazione contabile acquisita che dicono che il caporione leghista ha autorizzato a voce quelle spese che per i Pm invece impossibili da giustificare sotto il capitolo attività politica. Basti pensare a una delle tante lettere spuntate dalla cartelletta 'The family', sequestrata a Belsito, in cui Riccardo Bossi, nel fare i conti delle sue uscite personali all'ex tesoriere, aggiunge di averne "parlato con papà". Riccardo fa poi un elenco di alcuni suoi debiti e spese da saldare, tra cui alcuni pagamenti relativi a cause legali. Poi ci sono i dialoghi intercettati fra Belsito e la Dagrada da cui emerge che, come hanno annotato gli investigatori, "entrambi convergono che è Bossi che deve autorizzare" e "che lui sa bene cosa rischia". Oppure quando, a proposito degli investimenti a Cipro e Tanzania, l'allora amministratore parla di un "capo (...) molto nervoso perché ha paura che i soldi non rientrano". Di particolare importanza anche le affermazioni rese agli inquirenti da Belsito il quale, interrogato qualche settimana fa, aveva detto che Umberto Bossi sarebbe stato avvisato delle spese "più significative" effettuate per i suoi familiari, mentre la Dagrada (sentita come testimone) aveva ricordato non solo come il boss della Lega firmasse i rendiconti, ma anche un episodio: "Belsito mi ha sicuramente detto di aver registrato un suo colloquio con l'onorevole Bossi, colloquio nel quale aveva ricordato al segretario onorevole Bossi tutte le spese sostenute nell'interesse personale della famiglia (...) con i soldi provenienti dal finanziamento pubblico. Non so se abbia effettuato tale registrazione", che avrebbe voluto utilizzare, a caso ormai scoppiato, "come strumento di pressione, dal momento che volevano farlo fuori". Per quanto riguarda il coinvolgimento di Stiffoni, a pesare sulla sua iscrizione nel registro degli indagati per peculato, oltre a riscontri contabili, ci sono le parole del capogruppo al Senato della Lega, Federico Bricolo, sentito come persona informata sui fatti. Da una prima ricostruzione dei magistrati milanesi ci sarebbero diversi travasi e rientri di denaro dal conto Bnl del Senato a quello personale di Stiffoni che fanno pensare a operazioni anomale per circa 500mila euro. Questo filone d'inchiesta presto sarà oggetto di ulteriori approfondimenti da parte della Procura capitolina appena riceverà gli atti da Milano. Accanto a tutto ciò i Pm milanesi, che fra l'altro hanno riqualificato il reato contestato al consulente Paolo Scala, modificandolo da concorso in appropriazione indebita in riciclaggio, stanno effettuando anche diversi accertamenti inerenti, fra l'altro, i finanziamenti, per circa un milione e mezzo di euro girati tra il 2008 e il 2011, alla cosiddetta "Guardia padana". Sotto esame degli inquirenti anche le posizioni della moglie di Umberto Bossi, Manuela Marrone, e della vicepresidente del Senato, Rosy Mauro. La moglie del caporione leghista avrebbe ricevuto almeno 300mila euro da Belsito da destinare alla scuola Bosina, da lei fondata a Varese. Mentre la vicepresidente del Senato, espulsa dal Carroccio, avrebbe ricevuto ingenti somme per il "sindacato padano" Sinpa, provenienti dalle casse della stessa Lega. 23 maggio 2012 |