Con la copertura di Napolitano, nuovo Vittorio Emanuele III L'ex prete e plurinquisito Brancher nominato ministro per salvarlo dal processo Travolto come Scajola dall'ondata di indignazione popolare, dopo essere stato scaricato da Napolitano e poi anche dagli stessi Bossi e Berlusconi che lo avevano fatto ministro a tambur battente per sfuggire ai giudici, Aldo Brancher ha dovuto rinunciare al "legittimo impedimento" di cui si era avvalso appena nominato ministro "nonsisadiche". Il plurinquisito ex prete paolino, già in affari con Berlusconi, era stato infatti nominato il 18 giugno da Berlusconi, d'accordo con Bossi, ministro senza portafoglio per l'attuazione del federalismo, ma poi il caporione della Lega, di fronte al malumore della base a Pontida aveva dovuto ribadire pubblicamente che l'unico ministero preposto all'attuazione del federalismo era il suo, e pertanto per Brancher era stato inventato in fretta e furia un nuovo quanto improbabile ministero per il decentramento e la sussidiarietà. Aria fritta, insomma. L'importante era dargli la possibilità di avvalersi del "legittimo impedimento" da poco approvato dal parlamento nero e che consente al premier e ai suoi ministri di rifiutarsi alle convocazioni giudiziarie, per un periodo fino a 18 mesi, sulla base di una semplice autocertificazione di impossibilità a presentarsi per improcrastinabili impegni dovuti al loro ufficio. Il fatto è che Brancher, ex sottosegretario alle riforme, stava appunto per essere convocato il 26 giugno dal Tribunale di Milano nell'ambito di un procedimento per appropriazione indebita per il denaro che avrebbe incassato dall'ex presidente della Banca popolare di Lodi, Giampiero Fiorani, nell'ambito dell'inchiesta per la scalata di Antonveneta in cui era coinvolto anche l'ex governatore di Bankitalia Fazio. Insieme a lui è imputata anche la moglie, con l'accusa di ricettazione. Guarda caso Berlusconi lo promuove ministro di un ministero inventato ad hoc giusto una decina di giorni prima. Nomina che Napolitano firma senza però trovarci nulla da eccepire. E sempre guarda caso il nostro neo ministro, appena avuta la nomina, si affretta ad avvalersi del "legittimo impedimento" con la scusa che deve "organizzare" il suo misterioso ministero, ancorché declassato in corsa da attuazione dal federalismo al decentramento e sussidiarietà per non sminuire le prerogative di Bossi. Facendo sapere ai giudici che ciò lo occuperà almeno fino ad ottobre, poi si vedrà. Il pm del processo di Milano esprimeva tutto lo sdegno per questa furbata meschina sbattendo i documenti sul tavolo e proclamando di sentirsi "preso in giro", oltre a chiedere quali mai fossero queste "deleghe" del ministro che nessuno, neppure lui, conosce. La giravolta opportunista di Napolitano L'ondata di indignazione nell'opinione pubblica provocata da un atto tanto scontato e prevedibile quanto sfacciato e arrogante ha costretto l'inquilino del Quirinale a prendere in qualche modo le distanze per salvarsi la faccia, avendo egli firmato e quindi avallato sia l'indecente legge ad personam sul "legittimo impedimento" sia la nomina stessa di Brancher a un ministero inesistente, quando tutti sapevano che essa serviva solo a sottrarlo alla giustizia. E così il nuovo Vittorio Emanuele III ha dovuto emettere una nota ufficiale in cui, indossando i panni dell'"ingannato", censurava Brancher smentendo il suo alibi, in quanto essendo il suo un ministero senza portafoglio non c'era nulla da "organizzare". A questo punto, mentre l'indignazione generale montava senza accennare a spegnersi, con la richiesta di dimissioni di Brancher, la Lega faceva il pesce in barile, limitandosi con Bossi a dire che il ministro era stato "poco furbo" (sic), e perfino nel PDL, e non solo tra i finiani, in pochi se la sentivano di fare apertamente quadrato intorno a lui, si è svolta una tesa quanto segreta trattativa tra il neoduce, a Toronto per il G8, e il Quirinale, tramite il solito Gianni Letta, per trovare una soluzione di compromesso che evitasse le dimissioni, perché sarebbe stata una sconfitta per il governo e per il neoduce, ma che al tempo stesso calmasse l'opinione pubblica e non sconfessasse la presa di posizione di Napolitano. E così è arrivati al compromesso che il ministro restava al suo posto ma rinunciava al "legittimo impedimento" accettando di recarsi all'udienza il prossimo 5 luglio. Ma anche qui c'è il trucco, perché tramite i suoi legali ha già fatto sapere che "naturalmente" il calendario delle udienze dovrà essere "rivisto" per essere "compatibile" con i suoi numerosi "impegni", secondo la vecchia formula in vigore prima del "legittimo impedimento" e che comunque aveva permesso a Berlusconi di evitare e rimandare lo stesso un bel po' di udienze. Del resto, recitando lo stesso copione arrogante e ben sperimentato del neoduce di Arcore, Brancher si proclama innocente e vittima di un complotto politico, e in un'intervista al Tg3 ha avuto finanche la faccia tosta di lamentarsi perché la "gente" se la prende con lui invece che con l'Italia che ha perso i mondiali di calcio! Ormai la sfacciataggine di questi malfattori di cui si circonda il nuovo Mussolini non ha più limiti e non teme neanche il ridicolo, come dimostrano anche i casi di Scajola e di Bertolaso. Il caso Brancher è perciò tutt'altro che chiuso, come si è affrettato a far sapere informalmente Napolitano. Resta da capire perché Berlusconi e Bossi si siano arrischiati a mettere in pericolo la stabilità del governo e della maggioranza per salvare Brancher, in un momento in cui vi sono altre grane sul tappeto, come la legge bavaglio e la manovra economica. Sembra che Bossi lo volesse addirittura ministro dell'Agricoltura al posto di Galan, che avrebbe potuto traslocare alle Attività produttive dell'ex ministro Scajola, ora occupato ad interim da Berlusconi. In questo modo Bossi avrebbe potuto riappropriarsi di un ministero considerato chiave per la Lega, dal momento che Brancher è considerato "un amico" del Carroccio e uomo di collegamento con Berlusconi. Ma quest'ultimo probabilmente non vuol mollare un ministero che gli è molto utile per il controllo totale dei media (è titolare del contratto di concessione della Rai da rinnovare) e per controllare personalmente il flusso di finanziamenti a imprenditori amici e nemici. E così sarebbe stato trovato l'espediente maldestro del ministero inventato, che poi si è trasformato in un pasticcio inestricabile. Distributore di tangenti per conto del neoduce di Arcore Può darsi che sia andata così. Resta il fatto che si è voluto salvare a tutti i costi Brancher, e questo perché forse tanto Berlusconi quanto Bossi sanno benissimo gli inconfessabili segreti di cui questo losco personaggio è depositario, e temono che dai suoi interrogatori in Tribunale possa trapelare qualcosa di compromettente anche per loro. Infatti Aldo Brancher, 67 anni, ex prete di Trichiana (Belluno), tra gli artefici del successo editoriale del settimanale dei Paolini Famiglia cristiana, poi passato al servizio della Fininvest di Berlusconi prima come manager di Publitalia e amico di Dell'Utri, poi direttamente al servizio di Fedele Confalonieri, fu al tempo di tangentopoli arrestato e rinchiuso per tre mesi a San Vittore dai giudici di Mani pulite per aver versato una tangente di 300 milioni di lire all'allora ministro della Sanità De Lorenzo, per adottare a spese dello Stato una campagna pubblicitaria anti-Aids della Fininvest (quella dello slogan "se lo conosci lo eviti"). Brancher però si rifiutò di collaborare con la giustizia e negò in tutti i modi di aver agito per conto della società del Biscione, sostenendo contro ogni evidenza di aver agito per ottenere dal ministro altre agevolazioni per una sua piccola impresa di copertura. Brancher fu così condannato a due anni e otto mesi per finanziamento illecito ai partiti e falso in bilancio, ma in Cassazione il primo reato fu prescritto e il secondo si giovò della depenalizzazione intervenuta nel frattempo grazie a una delle prime leggi-vergogna di Berlusconi. Per questa sua "fedeltà" omertosa egli si è meritato la riconoscenza "affettuosa" (ma anche interessata) del neoduce, e questo spiega il perché di tanta sua premura nel cercare di sottrarlo a questa nuova inchiesta in cui è coinvolto e che potrebbe riportare alla luce certi vecchi maneggi della Fininvest con i partiti della prima repubblica. Quanto a Bossi anche lui può avere di che temere dagli interrogatori di Brancher, perché Fiorani salvò la Banca leghista Credieuronord dal fallimento, e quando fu interrogato dai giudici per lo scandalo Fazio-Antonveneta dichiarò di aver pagato alcuni politici: il berlusconiano Brancher, appunto, e il leghista Calderoli. Evidentemente anche il caporione neofascista, razzista e secessionista del Carroccio ha interesse a sottrarre l'ex prete alle grinfie della giustizia, ma ha dovuto far finta di prenderne le distanze dopo le proteste della sua base che evidentemente si è sentita presa in giro da chi tuona quotidianamente contro "Roma ladrona" e poi dietro le quinte maneggia per salvare i corrotti. 30 giugno 2010 |