Brani tratti dall'opera "Anarchia o socialismo?" Stalin: la lotta del proletariato contro il capitalismo, per il socialismo (...) Lo sviluppo economico dell'ordinamento capitalistico dimostra inoltre che la produzione moderna si estende ogni giorno di più; essa non può essere contenuta nei limiti di singole città e di singoli governatorati, spezza senza tregua questi limiti e invade il territorio di tutto lo Stato: noi dobbiamo quindi salutare l'estendersi della produzione e riconoscere quale base del socialismo futuro non le singole città e comunità contadine ma il territorio intero e indivisibile di tutto lo Stato, che nell'avvenire si estenderà evidentemente sempre e sempre più. Ma ciò significa che la dottrina di Kropotkin, che rinchiude il futuro socialismo nei limiti di singole città e comunità contadine, contrasta con gli interessi d'una poderosa estensione della produzione: essa è nociva al proletariato. Lottare per una larga vita socialista, come obiettivo principale: ecco come dobbiamo servire il proletariato. Questa è la seconda deduzione pratica dall'insegnamento teorico di Marx. È evidente che il socialismo proletario è una deduzione diretta dal materialismo dialettico. Che cos'è il socialismo proletario? L'ordinamento attuale è capitalistico. Ciò significa che il mondo è diviso in due campi contrapposti: il campo di un piccolo pugno di capitalisti e il campo della maggioranza, dei proletari. I proletari lavorano giorno e notte, ma restano ciononostante poveri come prima. I capitalisti non lavorano, ma ciononostante sono ricchi. E questo non avviene perché ai proletari manchi l'intelligenza, e i capitalisti siano geniali, ma perché i capitalisti raccolgono i frutti del lavoro dei proletari, perché i capitalisti sfruttano i proletari. Perché i frutti del lavoro dei proletari sono raccolti proprio dai capitalisti e non dai proletari medesimi? Perché i capitalisti sfruttano i proletari e non i proletari i capitalisti? Perché l'ordinamento capitalistico è fondato sulla produzione mercantile: in esso tutto assume l'aspetto di merce, ovunque domina il principio della compravendita. In esso potete comprare non soltanto gli oggetti di consumo, non solo i prodotti alimentari, ma anche la forza-lavoro degli uomini, il loro sangue, la loro coscienza. I capitalisti sanno tutto questo e comprano la forza-lavoro dei proletari, li assumono. Ma questo significa che i capitalisti diventano i padroni della forza-lavoro da loro acquistata. I proletari perdono ogni diritto su questa forza-lavoro venduta. Cioè quel che viene prodotto da questa forza-lavoro non appartiene più ai proletari, ma appartiene solo ai capitalisti e va nelle loro tasche. Può darsi che la forza-lavoro da voi venduta produca giornalmente merci per cento rubli, ma ciò non vi riguarda e non vi appartiene; ciò riguarda solo i capitalisti e appartiene loro; voi dovete ricevere soltanto il vostro salario giornaliero, che sarà forse sufficiente per soddisfare i vostri bisogni inderogabili, sempreché, certo, viviate facendo economia. In breve: i capitalisti comprano la forza-lavoro dei proletari, assumono i proletari e appunto per questo raccolgono i frutti del lavoro dei proletari, appunto per questo i capitalisti sfruttano i proletari, e non i proletari i capitalisti. Perché la base principale dell'ordinamento capitalistico è la proprietà privata degli strumenti e dei mezzi di produzione. Perché le fabbriche, le officine, la terra e il sottosuolo, i boschi, le ferrovie, le macchine e gli altri mezzi di produzione, sono trasformati in proprietà privata di un piccolo pugno di capitalisti. Perché i proletari sono privati di tutto questo. Ecco perché i capitalisti assumono i proletari per mettere in movimento le fabbriche e le officine; altrimenti i loro strumenti e mezzi di produzione non darebbero nessun profitto. Ecco perché i proletari vendono la loro forza-lavoro ai capitalisti; altrimenti morirebbero di fame. Tutto ciò getta un fascio di luce sul carattere generale della produzione capitalistica. In primo luogo, è evidente che la produzione capitalistica non può essere qualcosa di unico e di organizzato: essa è tutta spezzettata nelle imprese private dei vari capitalisti. In secondo luogo, è anche evidente che il fine immediato di questa produzione spezzettata non è il soddisfacimento dei bisogni della popolazione, ma la produzione di merci per la vendita, al fine di aumentare i profitti dei capitalisti. Ma poiché ogni capitalista tende ad aumentare il suo profitto, ognuno di essi si sforza di produrre la maggior quantità possibile di merci; quindi il mercato si sovraccarica rapidamente, i prezzi delle merci cadono e sopravviene una crisi generale. Così le crisi, la disoccupazione, le interruzioni nella produzione, l'anarchia della produzione, e così via, sono il risultato diretto della disorganizzazione della produzione capitalistica moderna. E se questo ordinamento sociale disorganizzato non è stato ancora distrutto, se ancora tiene testa fortemente agli attacchi del proletariato, ciò si spiega innanzitutto col fatto che esso è difeso dallo Stato capitalistico, dal governo capitalistico. Tale è la base della società capitalistica moderna. (...) Ma dove sono le prove dell'inevitabilità della instaurazione dell'ordinamento socialista? Il socialismo seguirà inevitabilmente lo sviluppo del capitalismo contemporaneo? O, in altri termini: come sappiamo che il socialismo proletario di Marx non è soltanto un dolce sogno, una fantasia? quali prove scientifiche se ne hanno? La storia dimostra che la forma di proprietà dipende direttamente dalla forma di produzione, cosicché col cambiamento della forma di produzione, prima o poi cambia inevitabilmente anche la forma di proprietà. Vi fu un'epoca in cui la proprietà aveva carattere comunista, in cui i boschi e i campi per i quali vagavano gli uomini primitivi appartenevano a tutti e non a singoli individui. Perché esisteva allora la proprietà comunista? Perché la produzione era comunista, il lavoro era comune, collettivo, tutti lavoravano in comune, e non potevano fare a meno l'uno dell'altro. Sopraggiunse un'altra epoca, quella della produzione piccolo-borghese, in cui la proprietà prese un carattere individualistico (privato), in cui tutto ciò che è necessario all'uomo (ad eccezione, s'intende, dell'aria, della luce, del sole, ecc.) fu riconosciuto come proprietà privata. Perché avvenne un simile cambiamento? Perché la produzione era diventata individualistica, ognuno aveva cominciato a lavorare per sé, rintanato nel proprio cantuccio. Subentra infine un'epoca, l'epoca della grande produzione capitalistica, in cui centinaia e migliaia di operai si radunano sotto uno stesso tetto, nella stessa fabbrica e fanno un lavoro comune. Qui non vedrete il vecchio lavoro isolato del tempo in cui ciascuno badava solo a se stesso; qui ogni operaio e tutti gli operai di ogni reparto sono strettamente collegati nel lavoro, sia con i compagni del proprio reparto che con gli altri reparti. Basta che si fermi un qualsiasi reparto, perché gli operai di tutta la fabbrica restino senza lavoro. Come vedete, il processo di produzione, il lavoro, ha già acquistato un carattere sociale, si è già colorato di socialismo. E così avviene non solo in qualche fabbrica, ma in intere branche e fra le varie branche della produzione: basta che scioperino gli operai delle ferrovie perché la produzione si trovi in condizioni difficili, basta che si arresti la produzione del petrolio e del carbone perché dopo un po' di tempo si chiudano intere fabbriche e officine. È evidente che qui il processo di produzione ha acquistato un carattere sociale, collettivo. E poiché il carattere sociale della produzione non ha il suo corrispettivo nel carattere privato dell'appropriazione, poiché il lavoro collettivo moderno deve inevitabilmente portare alla proprietà collettiva, è ovvio che al capitalismo seguirà l'ordinamento socialista con la stessa inevitabilità con cui alla notte segue il giorno. Così la storia giustifica l'inevitabilità del socialismo proletario di Marx. (...) Qual è il mezzo decisivo, grazie al quale il proletariato abbatterà l'ordinamento capitalistico? Tale mezzo è la rivoluzione socialista. Gli scioperi, il boicottaggio, il parlamentarismo, la manifestazione, la dimostrazione: tutte queste forme di lotta sono buone come mezzi che preparano e organizzano il proletariato. Ma nessuno di questi mezzi è atto a distruggere l'ineguaglianza esistente. È necessario concentrare tutti questi mezzi in un mezzo principale e decisivo, è necessario che il proletariato insorga e conduca un attacco decisivo contro la borghesia, per distruggere dalle fondamenta il capitalismo. Questo mezzo principale e decisivo è precisamente la rivoluzione socialista. Non si può considerare la rivoluzione socialista come un colpo improvviso e di breve durata; essa è una lunga lotta delle masse proletarie che sconfiggeranno la borghesia e conquisteranno le sue posizioni. E poiché la vittoria del proletariato sarà al tempo stesso dominio sulla borghesia vinta, poiché, durante lo scontro delle classi, la sconfitta di una classe significa il dominio dell'altra, la prima fase della rivoluzione socialista sarà il dominio politico del proletariato sulla borghesia. La dittatura socialista del proletariato, la conquista del potere da parte del proletariato: ecco come deve incominciare la rivoluzione socialista. Ma ciò significa che finché la borghesia non è completamente vinta, finché non le sarà confiscata la ricchezza, il proletariato deve necessariamente avere a propria disposizione la forza armata, deve necessariamente avere la sua "guardia proletaria", mediante la quale respingerà gli attacchi controrivoluzionari della borghesia morente, proprio come avvenne per il proletariato parigino durante la Comune. La dittatura socialista del proletariato è necessaria perché, grazie ad essa, il proletariato possa espropriare la borghesia, confiscare a tutta la borghesia la terra, i boschi, le fabbriche e le officine, le macchine, le ferrovie, ecc. L'espropriazione della borghesia: ecco a che cosa deve condurre la rivoluzione socialista. Questo è il mezzo principale e decisivo grazie al quale il proletariato abbatterà l'ordinamento capitalistico moderno. Perciò Karl Marx fin dal 1847 diceva: "... il primo passo nella rivoluzione operaia è l'elevarsi del proletariato a classe dominante... Il proletariato si servirà della sua supremazia politica per strappare alla borghesia, a poco a poco, tutto il capitale, per accentrare tutti gli strumenti di produzione nelle mani... del proletariato... organizzato come classe dominante..." (vedi Il Manifesto del Partito comunista). Ecco su quale via deve marciare il proletariato, se vuole attuare il socialismo. Da questo principio generale discendono anche tutte le restanti concezioni tattiche. Gli scioperi, il boicottaggio, le dimostrazioni, il parlamentarismo hanno importanza solo in quanto favoriscono l'organizzazione del proletariato, il rafforzamento e la estensione delle sue organizzazioni, per il compimento della rivoluzione socialista. (...) Dunque, per attuare il socialismo è indispensabile la rivoluzione socialista, e la rivoluzione socialista deve cominciare con la dittatura del proletariato, vale a dire il proletariato deve prendere nelle proprie mani il potere politico, allo scopo di servirsene per espropriare la borghesia. Ma per tutto questo occorre l'organizzazione del proletariato, la compattezza del proletariato, la sua unificazione, la creazione di forti organizzazioni proletarie e il loro sviluppo ininterrotto. Quali forme deve prendere l'organizzazione del proletariato? Le organizzazioni più diffuse e più numerose sono i sindacati e le cooperative operaie (in prevalenza cooperative di produzione e di consumo). Lo scopo dei sindacati è la lotta (principalmente) contro il capitale industriale, per migliorare le condizioni degli operai nei limiti del capitalismo moderno. Lo scopo delle cooperative è la lotta (principalmente) contro il capitale commerciale, per accrescere il consumo degli operai, grazie alla diminuzione dei prezzi dei generi di prima necessità, nei limiti, s'intende, del capitalismo stesso. Come i sindacati, anche le cooperative sono assolutamente necessarie al proletariato, quali mezzi di organizzazione della massa proletaria. Perciò, dal punto di vista del socialismo proletario di Marx e di Engels, il proletariato deve far proprie entrambe queste forme di organizzazione, rafforzarle e consolidarle, nella misura, s'intende, in cui lo permettono le condizioni politiche esistenti. Ma i soli sindacati e le sole cooperative non possono soddisfare le esigenze organizzative del proletariato in lotta. E ciò perché le organizzazioni menzionate non possono uscire dai limiti del capitalismo, in quanto hanno per scopo il miglioramento delle condizioni degli operai nei limiti del capitalismo. Ma gli operai vogliono la liberazione completa dalla schiavitù capitalistica, vogliono spezzare questi stessi limiti e non aggirarsi nei limiti del capitalismo. Di conseguenza è anche necessaria un'organizzazione che raccolga intorno a sé gli elementi coscienti fra gli operai di tutte le categorie, trasformi il proletariato in classe cosciente e si prefigga come compito essenziale la distruzione degli ordinamenti capitalistici, la preparazione della rivoluzione socialista. Questa organizzazione è il partito socialdemocratico* del proletariato. Questo partito dev'essere un partito di classe, assolutamente indipendente dagli altri partiti: e questo perché è il partito della classe dei proletari, la cui liberazione può essere realizzata soltanto con le loro stesse mani. Questo partito dev'essere un partito rivoluzionario: e questo perché la liberazione degli operai è possibile soltanto per via rivoluzionaria, mediante la rivoluzione socialista. (Brani tratti da Stalin, "Anarchia o socialismo?", dicembre 1906-aprile1907, Opere complete, Vol. 1, pagg. 373-376, 381-383, 388-392, Edizioni Rinascita) * Stalin chiama socialdemocratico il partito marxista-leninista. 2 gennaio 2013 |