Decine di indagati per associazione a delinquere, sequestro di persona, minacce, frode sportiva, scommesse illegali, violazione del segreto d'ufficio e peculato Calciopoli: specchio di questo marcio sistema capitalista Coinvolti dirigenti, designatori, arbitri, guardalinee, giornalisti, calciatori, allenatori e perfino alti ufficiali della Guardia di finanza, uomini dei servizi segreti e del Viminale Il ciclone giudiziario che a partire dai primi di maggio si è abbattuto sul calcio italiano non è figlio del cosiddetto "sistema Moggi" ma è lo specchio fedele di questo marcio sistema economico capitalista dove la ricerca del massimo profitto, la corruzione e il malaffare la fanno da padrone in tutti i campi. Dalle inchieste giudiziarie in corso, che vedono impegnate 7 procure con decine di indagati fra dirigenti, designatori, arbitri, guardalinee, giornalisti, calciatori, allenatori e perfino ufficiali delle "forze dell'ordine", tutti accusati a vario titolo di associazione a delinquere, sequestro di persona, minacce, frode sportiva, scommesse illegali, violazione del segreto d'ufficio e peculato, emerge uno spaccato di corruttele, immoralità e malcostume che coinvolge non solo il governo del calcio ma anche quello politico, istituzionale economico e finanziario ai massimi livelli. Interventi legislativi di favore Basti pensare a Berlusconi che in qualità di padrone del Milan e di presidente del Consiglio ha varato condoni e leggi ad hoc per ripianare i debiti delle società; al suo uomo di paglia Galliani, presidente dimissionario della Lega calcio (la Confindustria del pallone) nonché, allora, presidente del Milan che, in pieno conflitto di interessi, legiferava a proprio favore; all'ex ministro degli Interni Pisanu "pronto a intervenire" a favore di Carraro e Moggi sulle manovre politiche per il controllo della Federcalcio, al boss Franco Carraro, presidente dimissionario della Figc, Federazione italiana giuoco calcio (il governo del calcio) presidente della banca d'affari di Capitalia (tra le maggiori finanziatrici del sistema) e membro di mille altre società, ex craxiano e ora berlusconiano di ferro; al capobastone Antonio Giraudo, che nella Juventus era la longa manus degli Agnelli o ai figli di Tanzi, Geronzi e Cragnotti che governavano la Gea World (la più grande società monopolistica di procuratori in grado di decidere la carriera di centinaia di giocatori e allenatori (il 40% di tutti quelli di serie A) con a capo Alessando Moggi, figlio di Luciano, e contro cui l'Antitrust non ha mai avuto il coraggio di alzare un solo dito. Ritrovare nell'inchiesta di calciopoli gli stessi nomi: Cragnotti, Tanzi, Geronzi, Gaucci, tanto per citare i più importanti, che hanno riempito le cronache del malaffare finanziario e giudiziario di questi ultimi anni, la dice lunga sull'attuale livello di corruzione raggiunto nel calcio che, detto per inciso, rappresenta una delle maggiori 15 imprese italiane per fatturato. Ecco perché la Consob non è mai intervenuta sulle false fatturazioni, falsi bilanci, manipolazioni, trucchi e speculazioni finanziarie delle società quotate in borsa. Ecco perché la Federcalcio ha permesso il traffico di passaporti falsi, le false fidejussioni, l'iscrizione al campionato di società fallite, la retrocessione o il recupero di squadre per via politica o governativa, le prepotenze sui diritti televisivi e l'arroganza della Lega di Galliani (e di cui Carraro per diverso tempo è stato anche presidente). Ecco perché perfino molti giornalisti di "grido" e quindi anche l'Usigrai che si autoproclamano indipendenti e paladini della libertà di stampa, pur essendo a conoscenza di tutto questo marciume, se ne sono dimostrati succubi e in alcuni casi perfino conniventi. Tifosi spennati e turlupinati Alle spalle di milioni di tifosi e appassionati, che sono le vere vittime di questo mercimonio in quanto scippati di uno sport considerato tra i più belli del mondo, truffati, presi in giro e costretti a pagare cifre esorbitanti credendo di assistere a uno spettacolo di lealtà e correttezza quale dovrebbe essere una partita di calcio, agiva invece la cosiddetta "cupola del pallone" con alla testa Carraro, il suo vice Innocenzo Mazzini, Antonio Giraudo e Luciano Moggi, i designatori arbitrali Paolo Bergamo e Pierluigi Pairetto e l'arbitro nonché ex commissario di polizia Massimo De Santis che, in barba a qualsiasi legge, regolamento, morale e etica sportiva decidevano a tavolino l'esito degli incontri e dei campionati, pilotavano la designazione delle terne arbitrali, vendevano e compravano i giocatori realizzando plus valenze da capogiro a favore delle società amiche fra cui spiccano Juventus, Milan, Fiorentina e Lazio con i rispettivi vertici dirigenziali ora tutti finiti nel registro degli indagati della procura di Napoli. Quando uno sport si trasforma in un'attività industriale, i giocatori professionisti diventano attori e complici pagati a peso d'oro di questo sistema, la società di appartenenza diventa il datore di lavoro, la partita diviene il bene offerto sul mercato e gli spettatori sono spennati e turlipinati, a quel punto il successo sportivo per le società di calcio professionistiche non è più l'obiettivo della loro attività ma costituisce il mezzo per ottenere profitti sempre più grandi. Ecco perché, a partire dalla metà degli anni '80, guarda caso proprio con l'ingresso di Berlusconi nel calcio furono progressivamente trasformate in vere e proprie aziende, alcune delle quali (Juve, Roma e Lazio) quotate addirittura in borsa, con bilanci dell'ordine di centinaia di milioni di euro. Il primo passo fu l'attuazione della legge 23 marzo 1981 n. 91, varata dal governo del DC Forlani che trasformò tutte le società sportive professionistiche in Spa e regolamentò giuridicamente la figura dello sportivo (non solo calciatore) professionista. Poi il D.L. 17 maggio 1996, n. 272, primo governo di "centro-sinistra" Prodi, che eliminò l'obbligo di reinvestimento degli utili per le società professionistiche che di fatto divennero a tutti gli effetti società di capitali con la possibilità di perseguire un reddito e di distribuirlo tra i "soci". Walter Veltroni, allora vicepresidente del Consiglio, in un'intervista al "Sole - 24 Ore" del 16 settembre 1996 dichiarava: "Le società (calcistiche, ndr) devono fare un passo di qualità, entrare in una logica diversa, non aspettare che i soldi arrivino solo dal botteghino e dagli sponsor. Deve insomma formarsi una cultura d'impresa: né più né meno di una normale azienda industriale. Perché il calcio, come tutto lo sport, potrà essere un elemento trainante per l'economia mondiale con forte capacità d'espansione anche in campo occupazionale". Il successivo decreto del 20 settembre 1996 n. 485 introdusse la possibilità per le società di ricorrere all'azionariato popolare e quindi di quotarsi in borsa. Con questa disposizione le società diventarono più libere di gestirsi senza vincoli, internalizzando i controlli e acquisendo una notevole autonomia, lasciando alla CO.VI.SO.C. la sola verifica dell'equilibrio finanziario allo scopo di "garantire il regolare svolgimento dei campionati". A chiudere il cerchio, la legge n. 78 del 1999 varata dal governo del rinnegato D'Alema che ha dato il via libera alla vendita soggettiva dei diritti televisivi. Ecco chi e come ha alimentato tutto il marciume del calcio! Chi sono i "grandi vecchi" politici, istituzionali, bancari, societari, proprietari e presidenti di società che si sono riempite le tasche con le fortune di calciopoli? Tentativo di salvare il sistema "Moggiopoli", come è stata riduttivamente ribattezzata l'inchiesta, è solo la punta di un iceberg ben più profondo e corrotto dietro cui si celano i veri burattinai del calcio. Le pene, a dir poco ridicole, inflitte a livello sportivo il 14 luglio dalla Commissione di appello federale (Caf) ai protagonisti della vergognosa vicenda rappresentano, da un lato, il chiaro tentativo di salvare a tutti i costi il sistema scaricando la responsabilità sui terminali e sui singoli peraltro nemmeno radiati dalla Federazione, e, dall'altro lato, di far scivolare in secondo piano le inchieste penali su cui indagano le altre procure. Dalle varie inchieste è emerso che Moggi e la sua banda avevano anche diverse "talpe" tra le "forze dell'ordine", della Guardia di Finanza, agenti dei servizi segreti e del Viminale che lo informavano sugli sviluppi delle inchieste, tant'è vero che se non ci fosse stata la fuga di notizie, che tra l'altro ha permesso agli imputati di concordare il muro difensivo, la procura di Napoli aveva già pronti decine di mandati di arresto. Tre di queste "talpe" sono state identificate e sono finite sotto inchiesta. Si tratta di Donato Paradiso, poliziotto della Digos, che per conto di Moggi effettuava controlli nella banca dati del Viminale; Giuseppe D'Amelio, maresciallo della Gdf in congedo dal 2000, e Rocco Stasi, detto "peppe" ex maresciallo della Gdf e già collaboratore del giudice torinese Bruno Tinti, poi arrestato per tangenti, che grazie alle loro amicizie nelle Fiamme gialle conoscevano in anticipo le mosse delle procure e informavano Moggi. E gravi sospetti di rivelazione di atti d'ufficio sono emersi anche fra i giudici della Caf e gli stessi magistrati che indagano, come testimonia il fatto che ben 24 ore prima che la Caf pronunciasse le sentenze di primo grado, il principale quotidiano sportivo ha pubblicato tutte le condanne poi effettivamente inflitte alle squadre e ai principali imputati. Ancora molte inchieste aperte Napoli rappresenta l'epicentro dell'inchiesta. Qui gli inquirenti analizzano le intercettazioni telefoniche della stagione 2004-2005. Fra dirigenti della Figc, dirigenti di squadre di serie A, arbitri, poliziotti, alti ufficiali della Guardia di Finanza e giornalisti, sono 41 gli indagati con l'accusa di aver falsato almeno 29 giornate del campionato 2004-2005. Questi i capi di accusa: per 13 indagati si ipotizza l'associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva, per 24 la frode sportiva, per due la violazione del segreto d'ufficio e altri due il peculato. Poi c'è Torino che indaga sul cosidetto "doping amministrativo". Sotto inchiesta la vendita dei calciatori Brighi al Parma nel 2002 e lo scambio tra Juve e Napoli di Amoruso e Ametrano. Tra gli indagati figura Giraudo iscritto nel registro per falso in bilancio. A Roma si indaga sulla Gea, tra gli indagati principali figurano Luciano Moggi, suo figlio Alessandro, Chiara Geronzi e Franco Zavaglia, accusati di "illecita concorrenza con violenza e minacce". A Parma invece è stato aperto un fascicolo in pool con la procura di Torino sulle scomesse clandestine nel quale sarebbero coinvolti quattro giocatori di proprietà Juventus: Buffon, Chimenti, Iuliano e Maresca. Il Pm sta lavorando con le Fiamme gialle di Roma per appurare su quali eventi sportivi venivano effettuate le puntate illecite, forse attraverso dei prestanome. Una seconda inchiesta sempre sulle scommesse clandestine viene portata avanti dalla procura di Udine in cui sono implicate una ventina di persone e diversi altri giocatori di serie A, fra cui Iaquinta, Jankulovski, Pinzi, Kalac, Di Michele, Margiotta e Abejon. Infine a Reggio Calabria la procura ha aperto un'inchiesta con l'obiettivo di valutare le possibili implicazioni penali inerenti il sequestro dell'arbitro Gianluca Paparesta chiuso negli spogliatoi del Granillo per rappresaglia da Moggi al termine della gara Reggina-Juventus. 19 luglio 2006 |