Voto unanime della destra e della "sinistra" borghese, fuorché la Lega La Camera approva la missione di guerra in Libano Il governo, per bocca di D'Alema, accoglie un odg della Casa del fascio che considera "pacifica" e "in linea" all'articolo 11 della Costituzione anche la missione in Iraq "Molto soddisfatto" Bertinotti Il 26 settembre la Camera, con 507 voti a favore e 20 contrari, ha dato via libera, praticamente all'unanimità salvo la Lega, alla missione di guerra in Libano. La destra e la "sinistra" borghese, dai fascisti di AN fino a Rifondazione, Verdi e PdCI, si sono dunque unite ancora una volta, come per il rifinanziamento di tutte le missioni militari compresa quella in Afghanistan e come nelle commissioni Esteri e Difesa il 14 settembre sul Libano, in un voto "bipartisan" per sostenere la politica militarista ed espansionista dell'imperialismo italiano, europeo ed occidentale nel Medio Oriente e dovunque siano in gioco i cosiddetti interessi nazionali. Soltanto la Lega neofascista, razzista e secessionista di Bossi si è sfilata da questo gran calderone interventista, ma solo perché ritiene la missione "poco chiara" e le regole di ingaggio "non ben definite", e altre critiche del genere. tutti gli altri partiti del parlamento nero hanno approvato senza riserve la nuova missione di guerra, ognuno dandogli l'interpretazione che più gli conveniva: la "sinistra antagonista" spacciandola ipocritamente per una "missione di pace", diversa a suo dire da quella in Iraq e in Afghanistan perché decisa dall'Onu e accettata "da tutte le parti"; i rinnegati e i riformisti perché rilancia il ruolo internazionale dell'Italia, dell'Europa e dell'Onu nel Medioriente e nel Mondo; la Casa del fascio perché prosegue la politica estera e militare del governo Berlusconi: "È un voto ai nostri soldati, a Israele, al Libano, agli Usa e non certo al governo Prodi", ha detto il neoduce spiegando l'adesione del Polo neofascista, Lega esclusa, alla missione militare in Libano. Un infame scambio politico nel segno dell'interventismo Ma questo voto "bipartisan", di cui il nuovo guardiano trotzkista della Camera si è detto "molto soddisfatto", è tanto più grave e infame perché ha segnato un salto di qualità rispetto a tutte le altre votazioni sulle missioni di guerra che c'erano state finora. Per la prima volta, infatti, insieme alla missione in Libano, è stato accettato da tutti i partiti del regime neofascista il principio che tutte le missioni militari decise dal parlamento, compresa quella in Iraq, sono missioni "di pace" e "in linea" con l'articolo 11 della Costituzione. Il golpe è avvenuto grazie ad un accordo dietro le quinte tra il rinnegato D'Alema e il caporione fascista Fini, che hanno concordato uno "scambio" tra il voto della destra alla missione e l'accoglimento da parte del governo di un ordine del giorno proposto dal leader di AN, che così recita: "La Camera dei deputati esprime apprezzamento nei confronti delle Forze Armate per lo spirito umanitario e di pace e per le modalità di comportamento nelle missioni internazionali, sempre in linea con i valori espressi dall'articolo 11 della Costituzione e impegna il governo a sostenerne l'operato". È evidente che con quel "sempre in linea" si legittimano automaticamente tutte le missioni italiane, anche quella in Iraq voluta solo (allora) dal governo Berlusconi e non votata dall'Unione. Nessuna meraviglia allora se, dopo che D'Alema ha annunciato in aula che il governo accoglieva l'odg della destra, per cui non c'era neanche bisogno di metterlo ai voti, il fascista Fini sia intervenuto per proclamare trionfante: "È un ordine del giorno che pone fine a una stagione di polemiche, di disinformazione e di bugie. È un ordine del giorno che dice precisamente che la Camera impegna il governo a sostenere le nostre forze armate, che in tutte le missioni internazionali hanno operato nel rispetto dell'articolo 11 della Costituzione. Chi parla ne era cosciente; credo che gli italiani ne fossero convinti; saluto con personale soddisfazione, credo a nome di tutta la Casa delle libertà, il fatto che oggi il governo dichiari, nell'autorevolezza del ministro degli affari esteri e vicepresidente del Consiglio - autorevolezza della carica e della persona - che esse hanno operato e operano nel rispetto dell'articolo 11 della Costituzione. Invito coloro che dai loro banchi - e anche dai banchi del governo - sostenevano che il governo di centrodestra violava la Costituzione perché irrispettoso dell'articolo 11 a prendere atto che, come ha dichiarato l'onorevole D'Alema, si sbagliavano. Eravamo nel pieno rispetto della nostra Carta costituzionale". Ipocrisia della "sinistra" borghese E pensare che quando Fini avanzò questa infame proposta di scambio a D'Alema, in un dibattito alla festa dell'Unità di Pesaro, il ministro degli Esteri si mostrò quasi scandalizzato, e replicò: "Impensabile che noi facciamo autocritica sull'Iraq, è una pretesa assurda... non ho dubbi che bisogna rendere omaggio a tutti i militari italiani impegnati in qualsiasi missione internazionale, ma non è accettabile che si pretenda un voto ex-post a favore del governo Berlusconi". Le classiche, ultime parole famose: venti giorni dopo è successo esattamente quello che il capofila dei rinnegati del comunismo negava con tanto sdegno. Ma anche la "sinistra" trotzkista e falsa comunista non è stata meno bugiarda e calabraghe. Anch'essa aveva spergiurato che "mai e poi mai" avrebbe accettato un ordine del giorno che definiva "di pace" e "in linea" con la Costituzione tutte le missioni militari. Eppure è proprio quello che ha fatto, e senza nemmeno tante storie. Se si eccettua l'intervento, peraltro ipocrita e ridicolo, di Ramon Mantovani del PRC, che ha tentato la furbata di sostenere che in fondo l'adesione del governo e del parlamento all'odg Fini valeva solo per "il dispositivo" pratico (il sostegno alle forze armate) e non per "la premessa" politica del documento (il carattere "pacifico" e "in linea" con la Costituzione di tutte le missioni). Ancora più squallida la pezza che ha cercato di metterci il capogruppo di Rifondazione trotzkista, Gennaro Migliore, che ha avuto la faccia di bronzo, per usare un eufemismo, di dire "al collega Fini" che se l'odg fosse stato messo ai voti "noi non l'avremmo condiviso". Né miglior figura ha fatto il revisionista, responsabile Esteri del PdCI, Jacopo Venier, il quale prima si è sbilanciato a dire che il governo ha fatto un "errore" ad accettare l'odg Fini, ma poi ha spiegato che lui non si riferiva tanto al merito, al suo contenuto (e a cosa, se no?), ma perché - udite, udite - "la scelta di accettarlo consegna ad una destra in gravissima difficoltà la possibilità di un alibi, proprio di fronte a quella svolta radicale che questo governo, e il suo ministro degli esteri, hanno impresso, finora, alla politica estera del nostro paese". Gli imbroglioni revisionisti, insomma, non si scandalizzano perché il governo di cui sono i paggi butta definitivamente alle ortiche l'articolo 11, trasformandolo addirittura in una fonte di legittimazione del suo contrario, ma solo perché così si "appanna" la "svolta radicale" della politica estera del rinnegato D'Alema. 4 ottobre 2006 |