Connivenza con la camorra La Camera nera salva Cosentino dalle manette Il Senato respinge le richieste di dimissioni del sottosegretario Come appariva scontato il parlamento nero ha rifiutato l'autorizzazione all'arresto per il sottosegretario all'Economia Nicola Cosentino (Pdl), accusato dalla procura di Napoli di collusione con la camorra. Lo ha stabilito il 25 novembre la giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera, bocciando a larga maggioranza la richiesta di custodia cautelare in carcere avanzata dai giudici napoletani per i gravi indizi raccolti a carico del gerarca berlusconiano. Contemporaneamente il Senato respingeva due mozioni, una presentata congiuntamente dall'UdC e dal PD e una dall'IdV, che chiedevano almeno le dimissioni di Cosentino dalla carica di sottosegretario e da quella di presidente del Cipe, il Comitato interministeriale per la programmazione economica. Cariche che tra l'altro gli consentono di continuare a manovrare i cordoni della borsa e a trattare affari con la camorra con la quale è in combutta. Ufficialmente, anzi, Cosentino non si è nemmeno ritirato dalla corsa per la poltrona di governatore della Campania, nonostante glielo chiedessero per "ragioni di decenza" anche alcuni rappresentanti del suo stesso partito, come la finiana Claudia Perina, direttrice del Secolo d'Italia, nonché lo stesso vice capogruppo del Pdl Italo Bocchino, che avevano insistito affinché il deputato inquisito per concorso esterno in associazione camorristica facesse "un passo indietro". I finiani si erano spinti fino a ventilare voto favorevole all'autorizzazione, ma sono stati pronti a rientrare e a votare disciplinatamente per il no, accontentandosi che la maggioranza rinunciasse a una mozione a sostegno di Cosentino. In ogni caso quest'ultimo, per quanto riguarda la sua candidatura, ha dichiarato di rimettersi alle decisioni insindacabili di Berlusconi, perché lui - ha sottolineato in chiaro stile mafioso - è "un suo uomo" e farà solo ciò che dice il capo. Da notare che uno dei due deputati dell'UdC, Domenico Zinzi, ha votato con la maggioranza Pdl-Lega per il salvataggio di Cosentino, mentre il radicale del PD Maurizio Turco si è astenuto. Il salvataggio di Cosentino, con lo schiaffo del parlamento nero ai magistrati anticamorra, è stato chiaramente la prova generale dell'intervento del giorno dopo del neoduce Berlusconi all'Ufficio di presidenza del Pdl, in cui ha attaccato frontalmente la magistratura in previsione dell'avviso di garanzia per concorso esterno in associazione mafiosa che starebbe per arrivargli da una o più delle quattro procure - Milano, Firenze, Caltanissetta e Palermo - che indagano sulle stragi di mafia del '92-93. Stragi per le quali il neoduce è stato tirato in ballo, insieme a Dell'Utri, dal collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza e da un altro "pentito", mentre altri elementi sul suo coinvolgimento con la mafia stanno emergendo dalle rivelazioni del figlio dell'ex sindaco di Palermo, Ciancimino. Cosentino, cioè, non è stato difeso a spada tratta dal Pdl e dal premier solo perché è "un suo uomo", ma anche e soprattutto per lanciare una sfida ai magistrati che lo indagano facendo loro sapere che egli non si dimetterà mai e non si farà processare, neanche se dovesse essere accusato di un reato infamante come quello di connivenza con la mafia, nonostante che per sospetti di reati infinitamente meno gravi siano caduti e cadrebbero governi, primi ministri e presidenti in ogni altra parte del mondo. Non per nulla il capogruppo del nuovo partito fascista, Quagliariello, nel pronunciare la sua arringa in difesa di Cosentino, richiamandosi al pentito Spatuzza che tra poco deporrà al processo in appello per Dell'Utri, ha tuonato: "Non ci piegheremo al tentativo di trasformare l'Italia in una repubblica dei pentiti. Ci siamo battuti perché non fosse l'iniziativa di qualche magistrato politicizzato a sovvertire la volontà del popolo sovrano". E poi ha aggiunto: "Non ci nascondiamo dietro un dito; oggi stiamo vivendo le prove generali per l'entrata in scena di Gaspare Spatuzza che l'intensificarsi del rullo dei tamburi e l'iperattivismo dei corifei annidati in alcune procure e redazioni di giornali preannunciano come imminente". 2 dicembre 2009 |