Direttivo Cgil. Nonostante il successo ottenuto con lo sciopero generale Camusso conferma la linea dell'accordo del 28 giugno La sinistra contesta: "Decisione sbagliata e grave" Proprio in vista della riunione del direttivo nazionale tenutosi il 9 settembre, il Comitato centrale della FIOM, con un documento votato a larga maggioranza, aveva chiesto alla CGIL di ritirare la sua adesione sull'accordo interconfederale sul modello contrattuale e la rappresentanza sindacale del 28 giugno divenuto, di fatto, "carta straccia" a seguito della decisione del governo di inserire nella manovra l'articolo 8 i cui contenuti sono finalizzati a cancellare il contratto nazionale e lo Statuto dei lavoratori, a distruggere l'insieme dei diritti dei lavoratori; per giunta con il consenso di Confindustria e di CISL e UIL. Una richiesta questa rafforzata dallo straordinario successo di partecipazione allo sciopero generale del 6 settembre. Susanna Camusso, segretario generale della Confederazione, e dietro di lei la maggioranza del direttivo hanno fatto orecchie da mercante: pur esaltando il risultato della mobilitazione, pur continuando a rivendicare la cancellazione dell'articolo 8 della manovra, in modo contraddittorio e perdente, hanno confermato il giudizio positivo e la volontà di applicare l'accordo del 28 giugno. Non solo, hanno rifiutato la proposta ragionevole e precauzionale, avanzata dagli esponenti della sinistra organizzati in "La CGIL che vogliamo" di sospendere ogni decisione per verificare la disponibilità di Confindustria e di CISL e UIL per richiedere unitariamente al governo di togliere l'articolo contestato e comunque per concludere la consultazione tra gli iscritti e i lavoratori sul suddetto accordo. Nella sua relazione, la Camusso questa posizione l'ha giustificata così: "L'articolo 8 della manovra è stato fortemente voluto dal ministro del Lavoro e dal governo come reazione e negazione - ha affermato in modo assai discutibile - dell'accordo del 28 giugno. È dunque evidente - ha aggiunto mentendo - che l'ipotesi d'intesa raggiunta con CISL, UIL e Confindustria rappresenta ... uno strumento di tutela dei lavoratori". Su questa linea Camusso ha espresso la necessità di trovare una modalità che "impegni tutte le parti firmatarie ad applicare integralmente (comprese le deroghe al contratto nazionale, ndr) dell'intesa". Tempestivi sono giunti gli applausi del segretario della CISL, Raffaele Bonanni, cui faranno seguito, si presume, quelli di Angeletti e della Marcegaglia. L'Indirizzo impresso dalla Camusso su questo aspetto centrale della linea della CGIL ha suscitato molti malumori e aperte contestazioni da parte della sinistra. Per Giorgio Cremaschi, presidente del Comitato centrale della FIOM, "con questa impostazione l'accordo del 28 giugno diventa la piattaforma con cui la Cgil va alla trattativa per ottenere qualche sconto sul decreto; ci si muove in una logica emendativa, in totale contraddizione con la radicalità del movimenti di protesta". Il segretario generale FIOM, Maurizio Landini, ha ribadito che, con la manovra, "l'accordo del 28 è divenuto carta straccia" e quindi non ci si deve sentire impegnati verso di esso. Per Landini va rafforzata la mobilitazione anche con scioperi: "se bisogna approfondire le contraddizioni emerse negli altri due sindacati", questa sembra essere la strada giusta. Su questo punto specifico, se confermare e o rigettare l'accordo del 28 giugno gli esponenti de "La CGIL che vogliamo" hanno presentato un documento alternativo di minoranza ricevendo 18 voti. In esso tra l'altro si legge: "Alla luce di tali stravolgimenti (quelli provocati dall'articolo 8 della manovra che cancella contemporaneamente il diritto del lavoro 'garantiti dalla contrattazione nazionale e dallo Statuto dei lavoratori', ndr) l'ipotesi di accordo del 28 giugno dal quale la CGIL dovrebbe ritirare il sostegno, non esiste più e la priorità per la CGIL, in questa fase è avviare una grande campagna di iniziativa" contro il complesso della manovra e contro la vergogna dell'articolo 8 "non escludendo nessuna iniziativa finalizzata alla sua cancellazione, compreso il referendum abrogativo". Gianni Rinaldini, coordinatore nazionale de "La CGIL che vogliamo", in una nota del 10 settembre ha definito sbagliate e gravi le decisioni assunte dal direttivo CGIL relative all'accordo del 28 giugno e al suo rapporto con il decreto sul lavoro contenuto nella manovra del governo. Sbagliate perché "non può coesistere - ha affermato - il sostegno di Confindustria, CISL e UIL ad un Decreto che prevede la cancellazione del Contratto nazionale, del diritto del lavoro, la legittimazione dell'accordo Fiat, con un accordo unitario su democrazia e regole sindacali". C'è incompatibilità tra l'approvazione del Decreto lavoro "anche grazie al sostegno fondamentale di Confindustria, CISL e UIL, e la richiesta agli stessi soggetti di confermare l'applicazione dell'ipotesi di accordo". Gravi perché il direttivo ha dato mandato alla segreteria di svolgere la verifica con CISL, UIL e Confindustria sulla loro disponibilità all'applicazione dell'accordo di giugno "e su questa base procedere alla firma". "Come dire - ha aggiunto Rinaldini - che è stata abolita la democrazia interna, cioè il voto vincolante degli iscritti alla CGIL come previsto dalle nostre norme statutarie della nostra organizzazione". "Si discute, si delibera, si decide sui contratti e sulla democrazia senza che i diretti interessati possano pronunciarsi e decidere liberamente". Lungo questa strada, è la sua conclusione, si va verso una "vera e propria deriva che può riguardare la stessa mutazione genetica della CGIL". 21 dicembre 2011 |