Segretaria generale della Cgil
(Biografia di Susanna Camusso) Eletta Camusso, continuatrice del riformismo di destra di Epifani "La Cgil che vogliamo" ha votato contro. Il 21% non l'ha votata. Apprezzamenti da governo e Confindustria. Congratulazioni anche di Bonanni e Angeletti Le priorità della neosegretaria: ricucire con Cisl e Uil, fare il "patto sociale" con Marcegaglia. Nel vago lo sciopero generale Tutto come previsto, o quasi. Il direttivo nazionale della Cgil, nella sua riunione del 3 novembre, ha eletto Susanna Camusso, 55 anni, segretaria generale della Cgil con 125 voti a favore su 162, 21 sono stati i contrari e 12 gli astenuti. Sostituisce Guglielmo Epifani che per 8 anni ha guidato la Confederazione. Nessuna sorpresa perché questa operazione voluta principalmente dal segretario uscente parte da lontano, almeno dal 2008 quando Epifani chiamò la Camusso, allora segretario generale della Lombardia a far parte della segreteria nazionale della Cgil. Un'operazione apparsa ancora più chiara subito dopo il XVI congresso, allorché fu eletto il nuovo direttivo nazionale della Cgil e la Camusso, sempre su indicazione di Epifani eletta vice-segretario generale e candidata in pectore a divenire la nuova segretaria generale al momento della scadenza del mandato di Epifani. Perciò, la consultazione effettuata dai "cinque saggi" tra i membri del direttivo il 20 e 21 ottobre è stata, di fatto, una pura formalità. Anche se va detto che i pareri favorevoli ottenuti nella consultazione (135) erano più numerosi rispetto ai voti poi ottenuti. Anche se va detto che i suoi consensi sono stati sensibilmente inferiori ai suo predecessori. Il primo aspetto messo in rilevo un po' da tutti i commentatori è il seguente: per la prima volta nella storia centenaria della Cgil è stata eletta nella carica di segretario generale, una donna. Ciò come riflesso di un processo in sviluppo all'interno della Cgil, anche se ancora in modo insufficiente, che vede le donne accedere in posti di massima responsabilità come nel caso di Carla Cantone, segretario generale Spi-Cgil, Rossana Dettori, segretario generale funzione pubblica, Stefania Brogi, segretario generale agroindustria, Morena Piccini presidente Inca. Come nel caso della segreteria nazionale Cgil dove due membri su otto sono donne. Un processo questo senz'altro condivisibile e da appoggiare. Ma tale elemento basta per dare un giudizio positivo? No, non basta! Altrimenti si dovrebbe dir bene dell'ex primo ministro del Regno Unito, Margaret Tatcher, fautrice di un liberismo feroce e autoritario che privatizzò tutto quello che poteva, smantellò lo "stato sociale" e licenziò e affamò gli operai; oppure dell'ex Segretaria di Stato di George Bush, Condoleeza Rice, tra i principali responsabili della guerra imperialista in Iraq e in Afghanistan; si dovrebbe dire bene di Maristella Gelmini, attuale ministro della distruzione della scuola pubblica, oppure di Letizia Moratti, sindaco di "centro-destra" di Milano ed ex presidente della Rai per conto di Berlusconi. Occorre vedere la storia della Camusso, le posizioni tenute sin qui, la linea che intende perseguire da Segretario generale. La sua origine socialista, riformista, femminista La sua storia in Cgil è lunga di ben 35 anni, tutti passati con la componente socialista e dunque con la destra della Cgil e con i suoi massimi rappresenti; Vigevano, Del Turco, Damiano e Satariale, lo stesso Epifani. Sì perché Susanna Camusso, dopo una breve parentesi giovanile che l'ha vista aderire al movimento studentesco di Capanna e poi del Movimento lavoratori per il socialismo (Mls) ha scelto di militare nel PSI di Craxi, anche se lei si dice lombardiana. Lo stesso partito dei vari Cicchitto, Sacconi, Brunetta diventati poi esponenti di primo piano del PDL e del governo del neoduce Berlusconi. Nessun ripensamento. Tuttora ama definirsi socialista, femminista, riformista. Questo l'ha portata, nel tempo, a schierarsi su posizione di destra nella Cgil. È il caso del decreto fascista di Craxi del 1984 per tagliare la scala mobile. È il caso del "patto sociale" del 1993 con Ciampi per la "politica dei redditi" e la subordinazione dei salai ai profitti.. È il caso, forse il più eclatante, accaduto nel 1994 quando la Camusso, allora della segreteria nazionale della Fiom, responsabile per il gruppo Fiat, siglò un accordò unitario (Cisl e Uil comprese) che introduceva il lavoro notturno, senza che i lavoratori interessati ne fossero stati informati, gli stessi che, nella misura del 70%, poi bocciarono col referendum l'accordo. E non è tutto. Successivamente, in sede di contratto nazionale, firmò la parte che le era stata affidata, contenente per la prima volta la possibilità di licenziare il dipendente "lungodegente". Il che gli costò, su proposta del segretario generale del tempo, Claudio Sabattini, il posto in segreteria Fiom. Un altro aspetto significativo di questa elezione, che segna la continuità di un'evoluzione storica e ideologica a destra della Confederazione, un cambiamento genetico, è rappresentato dal fatto che per la seconda volta consecutiva è un socialista (prima Epifani e ora Camusso) a guidare la Cgil. Mentre tutti i precedenti segretari generali, da Di Vittorio a Cofferati, passando per Novella, Lama, Pizzinato, Trentin provenivano dal PCI revisionista. Insomma, gli ex socialisti, i riformisti, che una volta erano minoranza ora sono diventati maggioranza e padroni della Cgil. Sarà anche per questo che l'elezione della Camusso è stata accolta con un applauso a scena aperta da tutta la "sinistra" borghese, compresa quella ex "radicale", dei vari Vendola, Ferrero e Diliberto, oggi frantumata in più pezzi; da esponenti della destra, dal fascista ripulito Fini a Letta e persino il ministro Sacconi. Apprezzamenti sono venuti da Confindustria, personalmente dal presidente Emma Marcegaglia e, dulcis in fundo, dai leader dei sindacati complici, Bonanni e Angeletti. Apprezzamenti dal padronato e dal governo Perché piace alla destra e a Confindustria? Una spiegazione la troviamo nel ritratto che il "Sole 24-Ore", organo della Confindustria, fa di lei: possiede "disponibilità al dialogo e al compromesso" e ha "un percorso segnato da un profilo pragmatico-riformista, che 35 anni fa inizia fuori dagli steccati ideologici". "Dunque l'affiliazione socialista - si legge - le risparmia qualunque fascinazione, ancora presente nella Fiom di matrice comunista, verso un'idea di sindacato come palestra per allenare i lavoratori alla lotta di classe". "Al di là di queste alchimie interne - continua -, il problema è costituito da quanto il profilo modernizzatore riformista della Camusso potrà cambiare un organismo così pesante novecentesco come la Cgil". Anche il titolo fatto dal "Corriere della Sera" che recita: "Il ritorno della 'tuta blu' Camusso per governare i ribelli del sindacato" è significativo in questo senso. Cosa si aspettano dalla Camusso, i vari Sacconi, Marcegaglia, Bonanni e Angeletti lo hanno detto ancor prima che avvenisse la nomina a segretario generale: ricucire il rapporto con Cisl e Uil lacerato a seguito degli accordi separati siglati senza e contro la volontà della Cgil, da quello sul nuovo modello contrattuale a quello sulle deroghe al contratto nazionale dei metalmeccanici, passando dall'accordo imposto da Marchionne alla Fiat di Pomigliano, dal "collegato sul lavoro" e la conseguente introduzione dell'arbitrato nelle controversie del lavoro; contenere, normalizzare, mettere sotto tutela la "ribelle" Fiom; trovare un modo perché la Cgil firmi, magari con qualche piccola modifica di facciata la controriforma padronale e corporativa della contrattazione; proseguire la strada già iniziata per concordare un "patto sociale" con Confindustria sui temi della crisi e dello sviluppo da proporre al governo. Ebbene, nella dichiarazione programmatica della Camusso, illustrata al direttivo immediatamente dopo la sua elezione, questi punti in maniera più o meno esplicita ci sono tutti. Le priorità che ha sottolineato sono proprio queste: il rilancio dell'unità sindacale, attraverso il recupero del rapporto con Cisl e Uil, senza che questi si rimangino gli accordi separati sottoscritti e senza pretendere una vera democrazia sindacale fondata sul diritto di voto dei lavoratori; la critica ingiusta e strumentale alla Fiom perché perseguirebbe il conflitto fine a se stesso e non come uno strumento per ottenere risultati; la formulazione di una proposta della Cgil sulla "riforma" della contrattazione" (poco dissimile da quella di Cisl, Uil e Confindustria) per riaprire un tavolo e trovare una intesa unitaria; rientrare nella trattativa, con una posizione più flessibile e disponibile, con la Fiat per il progetto "Fabbrica Italia". Quanto allo sciopero generale il neo-segretario della Cgil non l'ha escluso ma è stata molto vaga e lo ha subordinato a varie condizioni che lo allontanano nel tempo lo rendono poco probabile. Il 21% non l'ha votata Contro la nomina della Camusso e contro le sue dichiarazioni programmatiche si è espresso complessivamente il 21% del direttivo. A nome degli aderenti all'Area programmatica "La Cgil che vogliamo", che di questo dissenso sono la parte maggioritaria, è intervenuto Gianni Rinaldini, il quale sciogliendo la sua riserva di voto ha detto: "non sono d'accordo con la dichiarazione programmatica di Susanna Camusso". In questo ambito ha citato il confronto in atto con Confindustria e le intese già raggiunte "senza nessun coinvolgimento e mandato del Direttivo". Intese che di fatto assumono "una parte significativa del modello contrattuale che Confindustria, Cisl e Uil hanno già sottoscritto in dissenso con la Cgil". Rinaldini contesta questo confronto, che continuerà sul tema della produttività, mentre governo e Confindustria proseguono in un'opera nefasta di distruzione dei diritti dei lavoratori. E si dice non convinto di come Camusso ha parlato dello sciopero generale sulla base delle risposte e degli avanzamenti nel patto di produttività. Rinaldini conclude denunciando che, nella "vita interna dell'organizzazione, non c'è stata alcuna visione democratica". 10 novembre 2010 |