Come emerge da un'inchiesta de "Le iene", censurata dal Garante della privacy 16 parlamentari su 50 fanno uso di sostanze stupefacenti La magistratura deve indagare quali sono i contatti e le coperture del Palazzo sul traffico di droga. Abrogare la legge fascista Fini-Giovanardi, depenalizzare il consumo di droga, liberalizzare le droghe leggere, reprimere duramente il narcotraffico, combattere la mafia, anche quella istituzionale Che il consumo di droga da tempo fosse entrato nei piani alti dei palazzi del regime neofascista non è certo una novità, viste le vicende che hanno riguardato prima il senatore a vita Emilio Colombo, poi il vice ministro del governo Berlusconi, Gianfranco Miccichè, quest'ultimo pizzicato mentre si faceva portare direttamente a Palazzo Chigi cocaina purissima da una rete di pusher di alto bordo. Ma a gettare luce sulla dimensione del fenomeno ci ha pensato una coraggiosa inchiesta della redazione de "Le iene", le quali con la scusa di una intervista sulla finanziaria hanno raccolto 50 campioni del sudore della fronte di altrettanti deputati di entrambi gli schieramenti, sottoponendoli ad un affidabile esame tossicologico (il drug wipe). Ne è venuto fuori che un terzo del campione era positivo per l'uso recente di stupefacenti, di cannabis (12), di cocaina (4). Apriti cielo, il transatlantico viene assalito dal panico, i capigruppo dei partiti si rivolgono al Garante della privacy (quell'organismo per intenderci che fino ad oggi aveva dormito placidamente mentre la Telecom e i servizi segreti mettevano in pratica lo spionaggio di massa in stile Sifar-P2), il quale vieta la messa in onda del servizio ipotizzando il reato di "raccolta e trattamento illecito dei dati personali": un'accusa che i giornalisti respingono poiché al di là dello stratagemma usato per raccogliere i campioni, dicono, "abbiamo mirato alla rilevazione di un dato statistico e non alla individuazione dei nomi dei singoli consumatori", precisando che "a tale scopo abbiamo provveduto a mischiare i risultati dei test in modo che anche per noi fosse impossibile risalire all'identità dei parlamentari drogati". In ogni caso la censura e la levata di scudi contro la lesione del diritto alla riservatezza dei parlamentari si rivelano un boomerang a livello mediatico, perché dimostrano che i signori del palazzo, sia dei partiti che hanno legiferato sulla ultima mostruosa legge proibizionista, sia di quelli che ancora non l'hanno abrogata, hanno qualcosa di inconfessabile da nascondere all'opinione pubblica, e non solo riguardo al "banale" consumo di droga: come fanno infatti i parlamentari a procurarsi la droga, chi contattano? Come fanno ad essere sicuri che la coca sia purissima e non tagliata con sostanze tossiche come accade per i comuni mortali che l'acquistano agli angoli delle strade? Forse alcuni di loro sono in stretto contatto con una collaudata rete malavitosa di spaccio della cocaina che per legge avrebbero il compito di denunciare alla magistratura? Il comportamento di alcuni deputati è emblematico: il capogruppo di AN Italo Bocchino, come se avesse "il mariuolo in corpo", reagisce dando mandato al proprio legale di "denunciare la trasmissione"; il deputato DS ed ex direttore del "Mattino" e del "Messaggero", Paolo Gambescia, giudica la trovata della trasmissione di Italia1 "inaccettabile" perché "imbavaglia la discussione parlamentare"; Pierferdinando Casini prima difende la censura e poi si dice favorevole ai controlli sui parlamentari, ma viene smentito dall'autore dell'ultima legge sulla droga, il leader di AN Gianfranco Fini, che afferma che per i parlamentari consumatori di stupefacenti "non è ammissibile nessun test"; e così il suo sodale dell'UDC Carlo Giovanardi, che tra le righe però placidamente ammette: "Se vogliono dire che anche in Parlamento c'è chi usa cocaina, scoprono l'acqua calda. Se ne fa uso anche in Senato: come è noto basta andare a vedere tra i senatori a vita". Ammissioni fin troppo sfrontate che la legge non è uguale per tutti, che i governanti si ritengono al di sopra delle norme da loro stessi varate. Secondo infatti quanto prescrivono le leggi Iervolino-Vassali e Fini-Giovanardi, i consumatori devono essere segnalati alle prefetture che hanno il compito di far scattare le sanzioni amministrative e l'affidamento ai servizi sociali dei Sert competenti per residenza, o se preferiscono ai lavori forzati delle comunità terapeutiche tanto care a Fini e Giovanardi, come quella di Muccioli o di don Gelmini, dove saranno sottoposti periodicamente a degli esami tossicologici delle urine. I deputati "tossici" sarebbero così costretti a guardare in faccia coloro i quali che per il possesso di qualche canna vengono schedati, sottoposti a trattamenti diagnostici e sanitari obbligatori (vietati per legge) e, per effetto dell'ipocrita sadismo dei legislatori proibizionisti, colpiti da odiose sanzioni amministrative e pecuniarie o sbattuti in gattabuia (con pene che possono arrivare fino a venti anni!). Le modifiche recenti varate dalla ministra diessina Livia Turco non mutano affatto il cuore del problema. Il vero paradosso di questa scandalosa vicenda è che per gli effetti combinati della legge Fini sulla droga e dell'indulto di Mastella, la popolazione delle carceri pullula sempre più delle vittime di questa marcia società capitalista, i ladri di mele, i consumatori di droga, gli immigrati, mentre per i mafiosi, camorristi, 'ndranghetisti e ladroni di Stato è garantita l'impunità e financo una comoda poltrona in parlamento. Tra Camera e Senato sono infatti 25 i condannati definitivi, 10 i prescritti, 8 i condannati in primo grado, 17 gli imputati in primo grado, 19 gli indagati in fase preliminare! E ben 8 per associazione mafiosa! Per questo esprimiamo la nostra solidarietà ai giornalisti de "Le iene" e rilanciamo le rivendicazioni del PMLI, che non sono semplici modifiche come sostiene il PRC, bensì l'abrogazione integrale della legge Fini-Giovanardi, che perseguita i consumatori equiparando la detenzione allo spaccio, le droghe leggere alle droghe pesanti, inasprisce in maniera inaudita le sanzioni penali ed amministrative, crea un mercato della cura delle dipendenze a favore delle comunità private politicamente orientate al proibizionismo. E rivendica altresì la depenalizzazione del consumo di droga, la liberalizzazione delle droghe leggere, il potenziamento dei Sert e delle comunità terapeutiche a carattere pubblico nell'assoluto rispetto della "privacy" dei pazienti, l'introduzione della somministrazione controllata di eroina, morfina e cocaina sotto controllo medico per tossicodipendenti ed ammalati affetti da dolore cronico, misure molto più severe nella repressione del narcotraffico. Mentre ovviamente è contrario a misure da regime di polizia, quali le telecamere, le schedature sui dati sanitari, il controllo delle urine, dei capelli e del sudore nelle scuole e in ogni altro luogo di vita, di lavoro o di svago. Incita infine la magistratura a svelare tutti i legami tra i politicanti borghesi e la mafia. 29 novembre 2006 |