Applaudito intervento al congresso nazionale Flc-Cgil Antonella Casalini: "Cos'altro serve per capire che il bersaglio principale della nostra lotta è il nuovo Mussolini" Occorre il Sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori, delle pensionate e dei pensionati fondato sulla democrazia diretta Quando è iniziato l'iter congressuale si discuteva di come gli avvenimenti di questi ultimi anni e la grave crisi economica in atto hanno ridisegnato profondamente regole contrattuali, relazioni sindacali e modello sindacale in senso filopadronale e neocorporativo, dal quale la Cgil si è dissociata subendo un duro isolamento. Un modello di sindacato che risponde ai dettami del "piano di rinascita democratica" della P2 di Gelli, da terza repubblica oggi, ancor più chiaramente, in via di attuazione per mano del governo Berlusconi. Gli ultimi gravi avvenimenti lo confermano in pieno a cominciare dall'attacco anticostituzionale all'art. 18, una controriforma che mina radicalmente i diritti del lavoro e precarizza ulteriormente i rapporti di lavoro; il decreto salva liste, iniquo e anticostituzionale che si configura come un atto golpista perché sancisce il diritto del governo di cambiare le regole qualora queste diventino d'intralcio e di cui Napolitano si è reso corresponsabile; la legge appena firmata da Napolitano sul legittimo impedimento che salva le massime cariche istituzionali dai procedimenti penali; l'attacco alla libertà di espressione, che ha permesso di mettere il bavaglio all'informazione, contraria al premier, durante la campagna elettorale; gli attacchi sempre più feroci alla magistratura tentando di delegittimarla, con la continua minaccia della riforma che la sottometta agli ordini del governo. Cos'altro serve per capire che il bersaglio principale della nostra lotta deve essere rivolto contro il governo del nuovo Mussolini, alla sua politica economica e sociale e all'insieme del suo disegno politico da terza repubblica con caratteri neofascisti, presidenzialisti, federalisti, interventisti, razzisti e xenofobi. Occorre dargli battaglia e non sedersi al tavolo delle riforme istituzionali e costituzionali che servirebbero solo al suo nero disegno, se non altro a cancellare quel poco che rimane della Costituzione del '48. In questa macelleria sociale al centro di attacchi concentrici ci sono la scuola e l'università pubbliche oggetto di una politica scolastica di privatizzazione e aziendalizzazione del servizio e una gestione meritocratica, gerarchizzante e di precarizzazione del personale. Qui si parla delle "riforme" Gelmini, del ddl Aprea e dei provvedimenti e decreti del ministro Brunetta sul pubblico impiego. Non si tratta solo di tagli devastanti ai finanziamenti e a posti di lavoro di docenti e ata, tra l'altro già previsti per settembre 25.600 docenti e 15.600 posti ata, ma si ridisegna un modello di scuola e università confacente al modello di società che si sta progettando; si vuole umiliare, irregimentare i lavoratori e lavoratrici inasprendo la disciplina, precarizzando il lavoro, con turni e orari spezzati, mercimoniando prestazioni con premi stipendiali, rendendo sempre più inaccessibile il ruolo e il posto sicuro. I tagli ai finanziamenti scaricano sulle spalle dei lavoratori carichi di lavoro sempre più grossi, la meritocrazia premia i più disponibili e non i più bravi! La gerarchizzazione significa dividere i lavoratori contrapponendo i "docenti esperti" con i soliti precari, da sfruttare al meglio e con meno diritti, premiati con i soliti soldi che dovrebbero finire nello stipendio base di tutti a coprire la perdita del potere d'acquisto e non nel salario accessorio. Si privatizza l'assunzione tramite la chiamata diretta, una forma clientelare che assoggetta i lavoratori alle scelte dei presidi-manager. L'aziendalizzazione, prevista dal ddl Aprea, trasforma le scuole e università in fondazioni private gestite come aziende con finanziamenti privati e sussidi statali, dove il potere passa ai CdA propriamente eletti fra i finanziatori che hanno assoluto potere di controllo su offerte formative e libertà d'insegnamento e dove la contrattazione sindacale è annientata, come le Rsu. Una scuola e un'università dove proprio chi le utilizza e le vive, gli studenti, sono considerati solo elemento da controllare e reprimere: ordine repressione e meritocrazia sono la medicina per combattere il bullismo la dispersione scolastica invece di valorizzare il profitto e la qualità dell'insegnamento. Non solo: con la nuova "riforma" della scuola superiore si ritorna alla scuola di gentiliana memoria dividendo l'insegnamento in scuole e studenti di serie A e di serie B, futuri manager nei corsi liceali e futuri precari e disoccupati nei corsi professionali, arretrando l'età dell'obbligo a 15 anni. Un'istruzione pubblica più povera contro finanziamenti e privilegi alle scuole e università private. Per questo occorre un sindacato che difenda i diritti dei lavoratori e rivendichi l'abrogazione di tutte le controriforme di scuola e università di tutte le norme e decreti che rappresentano il grimaldello per scardinare ciò che resta della scuola pubblica. Per difendere le conquiste ottenute, il diritto allo studio uguale per tutti, il tempo pieno, prolungato, la collegialità dell'insegnamento, per rivendicare finanziamenti pubblici per l'assunzione in ruolo di precari, docenti e ata, per coprire le attività di sostegno ai bambini con handicap, agli stranieri, per la messa a norma degli edifici. Per portare fino in fondo la lotta per la difesa dell'istruzione pubblica, unitaria, gratuita, intesa come servizio sociale e goduta da chi la utilizza. Per opporsi fermamente alla politica scolastica e sociale del governo Berlusconi occorre una mobilitazione forte e generalizzata dei lavoratori, dei pensionati, dei giovani, dell'insieme delle masse popolari; lo sciopero generale di 4 ore del 12 marzo scorso, indetto dalla Cgil, ha rappresentato una prima importante risposta di lotta, ma bisogna proseguire, andare oltre. Ci vuole lo sciopero generale nazionale di tutte le categorie con manifestazione a Roma. Per questo occorre un sindacato che contrasti la precarizzazione e la riduzione dei diritti, difenda la centralità del rapporto di lavoro a tempo indeterminato senza distinzioni di reddito, difenda la piena autonomia e libertà di contrattazione a tutti i livelli e la biennalità contrattuale; va rafforzata la democrazia sindacale e il diritto delle lavoratrici e dei lavoratori a scegliere chi li rappresenta e a decidere con voto segreto sulle piattaforme e sugli accordi. Lottare, insomma, per una Cgil autonoma, indipendente, che abbia come unica compatibilità quella di difendere gli interessi dei lavoratori occupati dei precari e dei disoccupati e dei pensionati, che favorisca la partecipazione dal basso e che eserciti per davvero e in modo sistematico la democrazia del mandato. Nella seconda mozione vi è un segno di discontinuità alla linea riformista cogestionaria e concertativa della Cgil fin qui gestita da Epifani, e questo mi porta a sostenerla. Per quanto riguarda il modello sindacale ritengo che di fronte alla mutata situazione sindacale e sociale occorra una vera ed effettiva unità sindacale che nasca unificando dal basso, nel tempo al di là delle confederazioni sindacali esistenti tutte le lavoratrici e tutti e lavoratori, tutte le pensionate e tutti i pensionati in un grande sindacato fondato sulla democrazia diretta e il potere sindacale e contrattuale all'Assemblea generale dei lavoratori. Solo così ci sarà una vera ed effettiva unità sindacale delle lavoratrici e dei lavoratori, delle pensionate e dei pensionati sulla base dei loro interessi. 21 aprile 2010 |