Il "centro-sinistra" travolto da "mensopoli" a Genova Due assessori e due ex consiglieri DS indagati con l'accusa di aver preso tangenti Un losco sistema di potere in combutta con la Curia e l'Opus dei Dopo "portopoli" che ha colpito i vertici della Regione Liguria, Genova è di nuovo nell'occhio del ciclone giudiziario per lo scandalo degli appalti truccati agli ospedali e alle mense scolastiche i cui risvolti giudiziari stanno scoperchiando un losco sistema di potere cresciuto all'ombra della Lanterna con la benedizione della Curia e dell'Opus Dei e alimentato dai massimi vertici politici locali della "sinistra" del regime neofascista. Il 21 maggio scorso su ordine della procura tre assessori dell'attuale giunta di "centro-sinistra" guidata dall'ex PCI-PDS-DS-PD Marta Vincenzi, due ex consiglieri comunali DS dell'ex giunta Pericu, più un ex dirigente regionale ora presidente dell'ospedale cattolico Bambin Gesù di Roma e un imprenditore piemontese sono finiti in galera e/o nel registro degli indagati nell'ambito dell'inchiesta su "mensopoli" condotta dal Pm Francesco Pinto. Per tutti le accuse sono, a vario titolo, di corruzione, concussione, turbativa d'asta e associazione per delinquere. In cima alla lista degli arrestati figura Stefano Francesca, responsabile della comunicazione del comune e braccio destro del sindaco Vincenzi a Bruxelles e suo portavoce durante la campagna elettorale per le comunali dello scorso anno nonché ex responsabile dell'università per la Federazione giovanile nazionale del Pci; in manette sono finiti Claudio Fedrazzoni e Massimo Casagrande, consiglieri comunali Ds durante la precedente giunta guidata da Giuseppe Pericu; l'imprenditore piemontese Roberto Alessio, titolare della "Alessio Carni" con sede a Caresanablot in provincia di Vercelli, intimo del segretario di Stato Vaticano Bertone, indicato dalla procura quale elargitore delle tangenti per vincere l'appalto per le mense e l'avvocato Giuseppe Profiti, ex direttore generale della Regione Liguria, con ottime entrature presso il Vaticano e la Curia genovese e attuale neopresidente dell'ospedale Bambin Gesu' di Roma ossia il ministro della Sanità del Vaticano e braccio destro amministrativo di Bertone. Indagati gli assessori in carica nella giunta Vincenzi, Massimiliano Morettini, DS, (Giovani, città educativa, politiche per l'immigrazione e centro storico, conosciutissimo nel terzo settore anche perché prima era presidente regionale dell'Arci e nel Genoa Social Forum durante il G8) e l'assessore allo Sport, Paolo Striano, Margherita-PD. Le prove a loro carico sono tante e talmente schiaccianti che già al primo interrogatorio tenutosi nei giorni scorsi davanti ai giudici, Alessio non ha potuto far altro che ammettere le proprie responsabilità ivi compreso il pagamento delle tangenti per aggiudicarsi gli appalti. Non solo; Alessio davanti al Gip Roberto Fucigna ha confermato anche il contenuto di un'intercettazione in cui egli spiega al suo interlocutore che il giro delle tangenti è ben più vasto e di aver "altre 50 operazioni analoghe" in giro per l'Italia. Infatti l'azienda degli Alessio grazie ai buoni auspici del Vaticano ha fatto man bassa di appalti sul fronte del catering in Piemonte, Umbria e Lazio raggiungendo in pochi anni un fatturato di oltre 40 milioni di euro. E questa non è certo la prima volta che un esponente della famiglia ha a che fare con la giustizia e le tangenti. Il padre di Roberto, Cesare Alessio, è finito in galera nel 1999 e ha ricevuto due avvisi di garanzia, nel 1982 e nel 1993, sempre per storie di mazzette e appalti truccati alle mense di Milano. Grazie alle ammissioni di Alessio gli inquirenti sono riusciti a inquadrare meglio anche la figura e il ruolo di Profiti che nell'inchiesta rappresenta di fatto il trait d'union con imprenditori e professionisti che hanno avuto rapporti con le alte sfere della Curia genovese e il Vaticano. In molte conversazioni, Alessio parla dei suoi intimi rapporti col segretario di Stato del Vaticano, conosciuto fin da quando era arcivescovo di Vercelli; di Angelo Bagnasco, vescovo di Genova e presidente della Cei, e del magistrato contabile Mario D'Antino disposto ad aggiustare un ricorso al Tar e al Consiglio di Stato per favorire la sua azienda nell'assegnazione di un appalto all'Asl di Vercelli. In cambio del favore Alessio promette a D'Antino di fare il suo nome presso le alte sfere vaticane per il posto di presidente dell'ospedale di Padre Pio. Mentre Profiti dopo il suo incarico di direttore generale della Regione Liguria fu chiamato proprio da Bertone, nel frattempo nominato arcivescovo di Genova, a guidare il "Galliera", uno dei due ospedali cattolici genovesi, e poi alla presidenza del Bambin Gesù di Roma sempre con la benedizione di Bertone e di Bagnasco che, non a caso, non solo gli hanno espresso "piena solidarietà" con due comunicati diffusi dal Vaticano, ma di fatto gli hanno garantito anche l'immunità dal momento che, l'ufficio di Profiti non è stato perquisito dalla GdF perché "questo è suolo Vaticano, se volete perquisire occorre la richiesta del ministro degli Esteri". Una solidarietà suggellata perfino dal papa Ratzinger che, in pieno scandalo, durante la sua visita a Genova ha abbracciato pubblicamente Profiti e, salutandolo cordialmente gli ha sussurrato "Ci vediamo presto a Roma". Insomma un vero e proprio terremoto giudiziario di fronte al quale però il neopodestà Vincenzi, invece di rassegnare immediatamente le dimissioni, si comporta esattamente come fece il defunto ladrone del Psi Craxi col "mariuolo" Mario Chiesa dichiarando che si tratta solo di "cattivi guaglioni" e, nel tentativo di scollarsi di dosso ogni responsabilità e scaricare tutto sulle spalle di Francesca, si è dichiarata addirittura "vittima" di: "Una pugnalata alla schiena, non al cuore, così come fanno i traditori". Il riferimento è ovviamente alle intercettazioni telefoniche e ambientali eseguite dagli inquirenti durante le indagini da cui emerge chiaro, aldilà dei risvolti penali, il comportamento a dir poco spregiudicato del suo portavoce e consigliere più fidato, dei suoi due assessori e degli ex consiglieri Ds Massimo Casagrande e Claudio Fedrazzoni. Proprio Casagrande, tra l'altro, nel suo interrogatorio ha spiegato che Alessio, per garantirsi l'appalto della ristorazione scolastica del 2008, nel 2007 si era detto disponibile a versare, come prima tranche, un contributo di 24 mila euro per la campagna elettorale della Vincenzi che proprio un anno fa la portò a conquistare la poltrona di sindaco. Ma le analogie di Vincenzi con Craxi e Mario Chiesa non finiscono qui. Dalle carte della procura infatti emerge che anche il "cattivo guaglione" Casagrande, così come avvenne per l'ex presidente del Pio Albergo Trivulzio, agli inizi dell'inchiesta è stato beccato dai finanzieri all'aeroporto "Cristoforo Colombo" con 50 mila euro in contanti nascosti in una valigetta. Denaro di cui Casagrande nelle 17 ore di interrogatorio non ha mai fornito una spiegazione credibile per giustificare la provenienza di quel malloppo e soprattutto la destinazione. "Parziali ammissioni" in tal senso le ha fatte Claudio Fedrazzoni, l'ex camallo diventato consigliere comunale e poi consulente aziendale, che quel giorno accompagnava Casagrande in aeroporto. Mentre il coinvolgimento dell'assessore allo Sport riguarda un losco giro di tessere di partito "prestate" da Striano al senatore di FI Luigi Grillo ( già coinvolto nello scandalo di "bancopoli") utilizzate per votare a un congresso azzurro; e le infiltrazioni della 'ndrangheta negli appalti per i rifiuti in Liguria e nel settore petrolifero in Libia in cui sarebbero coinvolti diversi altri politici locali e nazionali. 24 settembre 2008 |