Contraria la sinistra La Cgil apre alle deroghe sul contratto nazionale Respinto un documento contro la guerra alla Libia Sembra un paradosso ma a ben vedere non lo è. Dopo la piena riuscita dello sciopero generale del 6 maggio, con milioni di lavoratrici e lavoratori che hanno incrociato le braccia e dato vita a combattivi cortei nelle principali città del Paese, per logica si poteva pensare che la CGIL, forte di questo consenso di massa, avrebbe alzato il tiro nei confronti di governo e Confindustria, nei confronti della lotta contro il modello Marchionne e gli accordi separati sottoscritti dai sindacati complici, CISL e UIL in testa. E invece, nel direttivo nazionale tenuto il 10 e 11 maggio, è andata nella direzione opposta, ha sancito una svolta a destra preparata da mesi e messa in chiaro in un precedente documento della Segreteria nazionale guidata da Susanna Camusso con al centro un "patto sociale per la crescita" e la proposta di un "nuovo modello contrattuale" che, per tanti versi, assomiglia molto a quello varato con un accordo separato nel gennaio del 2009 e sin qui rifiutato dalla CGIL. Una svolta che se non è una resa è quanto meno un arretramento, passata a maggioranza. La linea sostenuta da Fabrizio Solari che ha tenuto la relazione introduttiva e da Susanna Camusso che ha pronunciato le conclusioni è stata approvata con 77 voti a favore. La sinistra organizzata ne "La CGIL che vogliamo" si è opposta con 19 voti contrari; tra questi c'è anche il no del segretario generale della FIOM Maurizio Landini. Ci sono anche tre astensioni espresse da dirigenti facenti parte della maggioranza. Il ragionamento della Camusso e di Solari, riportato nella sostanza nel documento finale è che "esiste una forte riserva" messa in evidenza dalla giornata del 6 maggio da utilizzare per un "patto sociale" con "quella parte della classe dirigente che non ha ancora rinunciato al proprio compito". Per favorire, si sostiene, un ipotetico progetto di sviluppo economico e di crescita sociale. "A questo fine la CGIL - si legge nel testo - intende indirizzare la propria capacità di mobilitazione e i propri percorsi negoziali". Il documento insiste su "un accordo tra le parti sociali per lo sviluppo economico e il miglioramento sociale" "In questo contesto - ecco la proposta a Confindustria e a CISL e UIL - la CGIL è interessata e disponibile a dar vita a una nuova intesa sulla struttura della contrattazione collettiva e alla contemporanea definizione di regole" per la rappresentanza sindacale e la democrazia. Insomma, nella proposta della Camusso e di Solari, vecchia come il cucco e fallimentare nell'ottica della difesa dei diritti dei lavoratori, c'è una priorità costituita dalla proposta di un "patto sociale" di stampo cogestionario e neocorporativo con le cosiddette "parti sociali", ossia sindacati e Confindustria e lo stesso governo (questo o il successivo), per una politica economica e industriale adatta alla crescita di produttività e competitività. E in subordine e in forma dipendente da questa priorità c'è la disponibilità a ridisegnare il modello contrattuale e le relazioni sindacali, anche per superare - è detto - la pratica degli accordi separati. Ridisegnarle come? Se si sta alla proposta illustrata nel documento della segreteria nazionale e rilanciata in questo direttivo si evidenzia una mezza capitolazione sulle posizioni di governo, Confindustria, CISL e UIL stabilite nell'intesa padronale e corporativa del gennaio 2009. Se si toglie il rifiuto della clausola sulle sanzioni ai sindacati in caso di "violazione" degli accordi sottoscritti e sui limiti del diritto di sciopero, peraltro anticostituzionale, il resto della proposta della maggioranza della CGIL ricalca la controriforma contrattuale in precedenza rifiutata. A partire dal ridimensionamento del ruolo e dell'importanza del contratto nazionale (un contratto meno prescrittivo, più leggero), dalla sua cadenza triennale e dal limite posto per gli aumenti salariali contrattuali non oltre il recupero dell'inflazione, per continuare con la possibilità di deroghe da contrattare e concordare a livello aziendale. È chiesta inoltre un'estensione della contrattazione di secondo livello con lo scopo dichiarato di produrre incrementi di produttività ai quali legare eventuali miglioramenti retributivi aziendali. E si teorizzano "forme di partecipazione del lavoro alla vita dell'azienda e dell'amministrazione". Non meraviglia che tutto ciò piaccia anche alla Marcegaglia e al segretario della CISL Bonanni. Nella sua dichiarazione di voto Gianni Rinaldini ha criticato la scelta della maggioranza del direttivo di non accogliere la mozione d'ordine presentata dall'Area programmatica "La CGIL che vogliamo" che chiedeva di coinvolgere tutte le strutture dell'organizzazione prima di varare decisioni di questa portata e di conseguenza ha espresso il voto contrario al documento conclusivo. Soffia un pericoloso vento normalizzatore di destra nel vertice della CGIL. Non è passato nemmeno, per giunta con i voti degli opportunisti di "Lavoro e Società", un Ordine del giorno contro la guerra in Libia, che si condannava l'intervento militare della Nato in Libia, denunciava la decisione del governo italiano di partecipare ai bombardamenti e chiedeva a tutte le forze in campo un immediato cessate il fuoco. Perché, ribadiva nell'odg "non è con la guerra che si afferma la democrazia e si dà un vero sostegno alle popolazioni civili impegnate nella lotta per rovesciare la dittatura di Gheddafi". 18 maggio 2011 |