Piazza San Giovanni a Roma gremita da lavoratrici e lavoratori di aziende che rischiano la chiusura Una grande piazza con una piccola guida Drammatiche testimonianze di lavoratori licenziati. Un'operaia dell'Irisbus: "Non possiamo più stare a guardare, è l'ora dello sciopero generale". Ma la Camusso fa da sorda Il PMLI diffonde il volantino "Uniamoci contro il capitalismo, per il socialismo" Dal corrispondente della Cellula "Rivoluzione d'Ottobre" di Roma Sabato 20 ottobre, una Piazza San Giovanni gremita di lavoratrici e lavoratori ha conquistato per l'intera giornata Roma. Infatti per la manifestazione promossa dalla CGIL con lo slogan "Il lavoro prima di tutto" è stato allestito un enorme palco circondato da 30 stand, 21 che rappresentavano i lavoratori regione per regione e 12 di tutte le categorie. Stabile in Piazza San Giovanni dalle 10,30 alle 17,30. Una sorta di villaggio, fatto di testimonianze di tutte le realtà colpite dalla crisi e dalle scellerate manovre economiche del governo Monti fatte di tagli e di azzeramento dei diritti dei lavoratori, un viaggio attraverso realtà a volte non troppo conosciute, lasciate nel silenzio dei mezzi di informazione borghesi, ma anche una colorata esposizione delle tradizioni e dei sapori delle varie regioni. Una grande piazza dunque, piena di lavoratori che giorno dopo giorno vedono diminuire la sicurezza del proprio posto di lavoro, in uno scenario che conta centinaia di vertenze che non trovano soluzione e ad ogni ulteriore rinvio si avvicinano sempre più alla chiusura. Tanti gli interventi dal palco a partire dalla mattina alle 11. Il susseguirsi delle testimonianze disegnano con ancora più evidenza una situazione agghiacciante. Come in Sardegna dove rischiano di sparire Alcoa e EurAllumina, e la miniera Carbosulcis che come ha spiegato con rabbia un'operaia dal palco è da 5 anni che lottano senza sosta per cercare l'attenzione del governo per una riqualificazione che viene puntualmente ignorata. In Sicilia la disoccupazione giovanile è quasi al 43% e la vertenza di Termini Imerese pare dimenticata. Interessante la testimonianza di un delegato RSU della Sixti di Chieti dove va avanti da quasi un anno un presidio permanente davanti all'azienda; e ha parlato di come centinaia di lavoratori della moda e dell'abbigliamento avranno come unico futuro la disoccupazione: con 200 posti già persi ai quali se ne sommano 600 in previsione, più tutto l'indotto. Mentre un delegato RSU della Inoxum Ast di Terni ha parlato della situazione dell'Umbria dove ci sono 30 mila cassaintegrati e migliaia di lavoratori che perderanno il posto di lavoro in tutti i settori. Nello specifico le acciaierie di Terni, all'avanguardia della siderurgia italiana e che coprono il 20% del PIL umbro, rischiano di venire ridimensionate. Intorno a mezzogiorno e mezzo è intervenuto anche il segretario della FIOM Maurizio Landini che ha parlato della priorità che deve avere la CGIL nel proclamare lo sciopero generale smettendola di annunciarli e continuare ad andare per le lunghe, dice "Il momento è adesso, siamo di fronte ad un passaggio decisivo. Le politiche del governo non hanno il consenso dei lavoratori e lo sciopero serve ad unificare le lotte". La FIOM ha indetto lo sciopero generale dei metalmeccanici per il 16 novembre. Insieme ai lavoratori, ai precari e ai disoccupati anche un'altra voce inneggiava dalla piazza allo sciopero generale quella mattina, la voce del PMLI presente in piazza con i corpetti contro Monti e Fornero e che ha distribuito in 500 copie circa il volantino "Uniamoci contro il capitalismo, per il socialismo", in una piazza variegata che ha molto apprezzato lo stile del Partito. Diversi ragazzi che hanno chiesto informazioni sul PMLI e tante le foto scattate nei momenti della diffusione. "Siete l'unica falce e martello presente in piazza" ha commentato un lavoratore dell'Umbria. E in generale era tanta la curiosità dei lavoratori, soprattutto delle zone più massacrate e povere d'Italia, afflitte oltre che dalla crisi e dal sottosviluppo, dalla mafia, ne è un esempio una famiglia di Crotone, di tre figli con il padre in cassa integrazione e la madre casalinga, molto eccitati di prendere parte a Roma ad un'iniziativa così vasta, che hanno voluto raccontare come negli ultimi mesi sia diventato impossibile arrivare alla fine del mese, col padre costretto a lavorare in nero il fine settimana, nella stessa azienda dove è dipendente, per poter racimolare qualcosa. Alla fine, poiché interessati, sono state date loro una spilla dei Maestri e una del PMLI. La manifestazione è andata avanti nel pomeriggio con altri interventi significativi dal palco. Una lavoratrice dell'Emilia-Romagna ha ricordato i 14 mila cassaintegrati a causa del terremoto, 15 mila in mobilità e 100 mila domande di disoccupazione, dove l'intervento del governo per rilanciare la produzione, partendo dalla ricostruzione, è stato insufficiente e inadeguato, dove la situazione si sta risollevando solo con gravi sacrifici per i lavoratori. Un lavoratore edile piemontese ha raccontato come il settore edile nella sua regione navighi in cattivissime acque, portando ad esempio la sua esperienza nella società Co.ge.Fa., con i lavoratori prima in cassa integrazione ordinaria divenuta straordinaria e che adesso ha portato a 40 esuberi. Così tante altre aziende che operano in Piemonte e nel resto d'Italia. Sono anche intervenuti alcuni giovani precari che mascherati da Fornero hanno distribuito finti assegni Aspi. E gli studenti che hanno ribadito la loro vicinanza con i lavoratori in lotta, con particolare sensibilità ai problemi dell'istruzione. Da sottolineare infine l'ottimo intervento di una lavoratrice disoccupata, ex operaia Fiat Irisbus, che a pochi minuti dal comizio finale della Camusso, ha parlato della chiusura della Irisbus di Avellino, causata dal mancato intervento d'investimento del governo e la decisione di delocalizzare la produzione all'estero. Ha poi allargato il discorso alla Campania che versa in uno stato drammatico dove aumenta la disoccupazione perché chiudono gli stabilimenti industriali e le attività commerciali. Dove le famiglie non riescono nemmeno a pagare l'istruzione dei propri figli, in un clima che in un ambiente delicato come in Campania, attanagliato dalla Camorra, crea solo manovalanza per la malavita. Attacca Marchionne che ha cancellato anni di relazioni sindacali e ha cacciato dalle fabbriche la FIOM, che ha distrutto migliaia di posti di lavoro e contemporaneamente migliaia di famiglie, agendo indisturbato. Infine ha lanciato due slogan importanti. Uno rivolto ai politici: "noi non deleghiamo più nessuno in bianco". L'altro, più duro ancora, rivolto direttamente alla Camusso: "non possiamo più stare a guardare, è l'ora dello sciopero generale". Camusso che è intervenuta solo qualche minuto dopo, annunciata da uno scialbo e inammissibile Inno di Mameli cantato in versione "rock" da Finardi. Un lungo discorso quello della Camusso che non trova una conclusione degna del tempo rubato alle orecchie della piazza, un lungo discorso che non aggiunge niente alla lunga sequela di interventi delle lavoratrici e dei lavoratori venuti da tutta Italia. Elenca gli stessi problemi che, senza una reale protesta di piazza, solo con gli appelli sterili e i tavoli con la Fornero, non si risolveranno mai, continuando a urlare parole vuote di senso pratico e a perdere tempo. Inizia il discorso parlando delle donne, riferendosi alla ragazza uccisa a Palermo. Passa subito al lavoro, parlando di un governo che si accorge della disperazione dei lavoratori solo quando questi si arrampicano sulle gru. Critica il governo che ha impoverito chi lavora con salari più bassi e orari più lunghi e di conseguenza le famiglie che spendono meno e si vedono costrette a negare l'istruzione ai loro figli. Parla di condizioni dei lavoratori da "curare" annunciando il fallimento della politica del "rigore" del governo Monti. Spende due parole sulla scuola pubblica sempre meno efficiente e l'università solo per i ricchi. Poi parla della spending review che con i tagli ha solo procurato un licenziamento di massa. La Camusso che in estate durante l'approvazione della stessa spendig review invece di chiamare lo sciopero generale, ha mandato tutti in vacanza. E infine facendo da sorda a quello che con grande evidenza è lo spirito autentico di tutti i lavoratori in lotta in tutti i vari settori, dice che la mobilitazione non si fermerà ma non fa una parola una sullo sciopero generale. Purtroppo una piccola guida per una grande piazza. 24 ottobre 2012 |