Sul blocco delle immigrazioni per due anni invocato dal ministro Maroni La Cgil di Treviso d'accordo con governo e Lega razzista Da giorni, in vista della ripresa della discussione sul "pacchetto sicurezza" al Senato, il ministro dell'Interno Maroni andava battendo sul tasto di un nuovo provvedimento contro i migranti che si va ad aggiungere agli altri emendamenti razzisti e xenofobi presentati dalla Lega: la richiesta cioè di bloccare i flussi di immigrazione per i prossimi due anni, escludendo però dal provvedimento colf e badanti. Il pretesto invocato dal ministro per questo ulteriore giro di vite fascista contro i migranti è quello della crisi economica e dei licenziamenti e cassa integrazione che la crisi si sta portando dietro, e che colpisce anche i lavoratori immigrati regolari: "Davanti alla crisi economica - ha spiegato ipocritamente Maroni - ci preoccupiamo di salvaguardare le persone più deboli, compresi gli extracomunitari, che potrebbero perdere il lavoro. Penso sia necessario buonsenso. Se un extracomunitario perde il lavoro non ha senso rispedirlo al suo Paese per poi aprire le frontiere e farne arrivare altri che magari non troveranno neppure lavoro". La proposta del ministro leghista è quindi quella di chiudere le frontiere ai migranti per i prossimi due anni, sull'esempio della moratoria adottata dalla Ue nel 2004 in occasione dell'allargamento ai paesi dell'Est europeo, con la scusa di "salvaguardare" gli extracomunitari già presenti che hanno perso o potrebbero perdere il lavoro a causa della crisi. Beninteso, il ministro si guarda bene dal proporre l'unica misura, ancorché parziale, che potrebbe veramente aiutare gli extracomunitari che hanno perso il lavoro ad evitare l'espulsione e ritrovarne un altro: la sospensione della Bossi-Fini almeno per quanto riguarda l'obbligo di rinnovo del permesso di soggiorno e la regolarizzazione almeno di tutti gli immigrati clandestini che hanno già un lavoro. La sua proposta restrittiva ha ricevuto invece l'appoggio del ministro del Lavoro, il forzista ed ex socialista Maurizio Sacconi, ed è contenuta in un emendamento della Lega al ddl sulla sicurezza, insieme alle classi differenziali per i migranti, le ronde razziste, l'obbligo per i medici di denunciare i "clandestini" che ricorrono alle loro cure e così via. Ma la cosa che più suscita disgusto e indignazione è che questa logica puramente fascista, razzista e xenofoba, che si ammanta ipocritamente di "buon senso" e di "premure" per la sorte dei lavoratori extracomunitari colpiti dalla crisi, comincia a farsi strada anche nei sindacati di regime. Il primo a venire allo scoperto sulla scia del ministro leghista (c'è da scommettere infatti che il suo esempio sarà seguito presto da altri sindacalisti collaborazionisti) è stato il segretario della Cgil di Treviso, Paolino Barbiero, che in un'intervista ad un quotidiano locale ha dichiarato: "Abbiamo chiesto alle autorità che intervengano sul governo perché si sospendano i nuovi flussi finché non saranno riassorbiti i disoccupati stranieri, oltre, s'intende, a quelli italiani". Manco a dirlo sull'inopinata uscita del segretario della Cgil trevigiana sono subito piovute le lodi dei leghisti, a cominciare dall'ex sindaco "sceriffo" Gentilini e dal suo successore Gian Paolo Gobbo. Applausi a scena aperta anche da parte del ministro delle Politiche agricole, il leghista Luca Zaia, anch'egli trevigiano. Lodi che per quanto pelose, considerando da quali fonti provengono, non hanno fatto fare una piega al sindacalista collaborazionista, che si è limitato a commentare con perfetta faccia di bronzo: "Se la Lega è d'accordo con me ben venga, significa che si sono convertiti alla linea della Cgil". Invece di rivendicare uguali diritti per i lavoratori extracomunitari nella difesa dei posti di lavoro, come l'estensione a tutti i lavoratori degli ammortizzatori sociali e il blocco dei provvedimenti di espulsione per gli immigrati che hanno perso il lavoro, come ha chiesto lo stesso segretario nazionale della Cgil Epifani, questo sindacalista crumiro accetta servilmente la logica schiavista della legge Bossi-Fini e si presta a fare da cavallo di Troia delle tesi fasciste, razziste e xenofobe della Lega nella Cgil, dando una mano a quanti, nel governo neofascista e tra i rinnegati e riformisti della "opposizione", tramano per la sua mutazione genetica in sindacato di regime a tutti gli effetti. Ad avvalorare il sospetto che l'uscita del segretario della Cgil di Treviso, tra l'altro ex dirigente della Fiom, non sia un puro fatto individuale e improvvisato, ma risponda a una ben orchestrata regia dall'alto, ci sono i suoi legami col ministro Sacconi, anch'egli originario della marca trevigiana e che nella corrente socialista della Cgil conta molti rapporti, anche dopo il suo passaggio dal PSI di Craxi al partito del neoduce Berlusconi. 26 novembre 2008 |