Chiesto il rinvio a giudizio del ministro Romano per concorso esterno in associazione mafiosa Nonostante la richiesta di archiviazione formulata dal Pubblico ministero (Pm) Antonino Di Matteo, il Giudice per indagini preliminari (Gip) Giuliano Castiglia ha ritenuto che gli atti a lui presentati sono più che sufficienti per chiedere il rinvio a giudizio e l'imputazione coatta per concorso esterno in associazione mafiosa del ministro per le Politiche agricole Saverio Romano in quanto "per almeno due decenni ha mantenuto una condotta di consapevole apertura e disponibilità nei riguardi di esponenti anche di assoluto rilievo di Cosa nostra". Non solo. Dalle carte emerge "un quadro preoccupante di evidente contiguità con le famiglie mafiose". Di più: le condotte del ministro "non appaiono arrestarsi alla soglia della contiguità dell'indagato al sistema mafioso ma rappresentano una perdurante consapevole e interessata apertura verso componenti di primaria importanza dell'organizzazione mafiosa che si è ripetutamente tradotta e concretizzata in specifici, consapevoli e volontari contributi rilevanti per la vita di Cosa nostra". Tra i fatti specifici il Gip ricorda che, al pari dell'ex governatore siciliano Cuffaro in carcere dopo la condanna a 7 anni, anche Romano ha appoggiato alle Regionali del 2001 le candidature di uomini sponsorizzati dai capi di Cosa nostra, da Mimmo Miceli a Giuseppe Acanto; ha chiesto sostegno elettorale all'ex boss ora pentito Angelo Siino e soprattutto ha intrattenuto stretti rapporti con la famiglia mafiosa di Villabate testimoniati anche dal pentito Francesco Campanella. Non a caso il procuratore aggiunto Ignazio De Francisci e il sostituto Nino Di Matteo nella richiesta di rinvio a giudizio, depositata il 13 luglio, affermano che il ministro "ha messo a disposizione di Cosa nostra il proprio ruolo, contribuendo alla realizzazione del programma criminoso dell'organizzazione tendente all'acquisizione di poteri di influenza sull'operato di organismi politici e amministrativi... Nella sua veste di esponente politico di spicco, prima della Dc e poi del Ccd e Cdu e, dopo il 13 maggio 2001, di parlamentare nazionale, Saverio Romano ha consapevolmente e fattivamente contribuito al sostegno ed al rafforzamento dell'associazione mafiosa, intrattenendo, anche al fine dell'acquisizione del sostegno elettorale, rapporti diretti o mediati con numerosi esponenti di spicco dell'organizzazione tra i quali Angelo Siino, Giuseppe Guttadauro, Domenico Miceli, Antonino Mandalà e Francesco Campanella". La Procura di Palermo è ora in attesa della fissazione dell'udienza preliminare nel corso della quale un Gip diverso da quello che ha disposto l'imputazione coatta dovrà decidere se gli elementi in mano all'accusa sono tali da giustificare un processo. Entro il mese di luglio, invece, dovrebbe svolgersi l'udienza nella quale accusa e difesa discuteranno la richiesta della Procura di avanzare alla Camera la richiesta di autorizzazione all'utilizzo delle intercettazioni telefoniche del filone d'inchiesta relativo al caso Ciancimino nel quale Romano è stato raggiunto da un avviso di garanzia per concorso in corruzione aggravata dall'aver favorito Cosa nostra. Intercettazioni che, se dovesse esserne autorizzato l'utilizzo, potrebbero finire per confluire anche nell'inchiesta per mafia e completare il quadro di quella che il gip Luciano Castiglia ha definito un'attività ventennale di apertura e disponibilità nei confronti di esponenti di vertice delle famiglie mafiose. 20 luglio 2011 |