Marchionne annuncia la chiusura di Termini Imerese Centinaia di operai Fiat in sciopero presidiano la sede del parlamento siciliano Con loro gli operai dell'indotto e di altre aziende metalmeccaniche della provincia di Palermo in crisi Dal nostro corrispondente della Sicilia Già dalle prime ore del mattino, erano in diverse centinaia gli operai della Fiat e dell'indotto di Termini Imerese a Palermo ad assediare la sede del parlamento siciliano, Palazzo dei Normanni, il 13 gennaio, nella giornata di sciopero proclamata unitariamente dai sindacati. L'astensione dal lavoro è stata del 100%. Agli operai di Termini partiti a bordo di pullman dal piazzale antistante la fabbrica dove, dalle 5 del mattino, presidiavano i cancelli dello stabilimento, si sono uniti diverse decine di lavoratori della Italtel di Carini, altra fabbrica metalmeccanica della provincia di Palermo a rischio di chiusura. Vari gli striscioni presenti in piazza, tra cui "Riconversione industriale uguale chiusura totale". Gli operai portavano una bara di polistirolo con dentro il cadavere dello stabilimento di Termini strangolato da Marchionne. Alla combattiva manifestazione, che ha raccolto la solidarietà e la simpatia dei palermitani, erano presenti anche le famiglie dei lavoratori. Un operaio ha affermato: "Sono 40 anni che minacciano di chiudere lo stabilimento di Termini Imerese. La riconversione non è mai esistita. Si è trattato soltanto di una chiusura camuffata. Oggi ci devono spiegare perché un anno fa si poteva far partire la nuova produzione a Termini ma oggi non è più possibile. Se oggi non otterremo risposte, faremo uno sciopero a oltranza". Dal salone dell'auto di Detroit, due giorni prima dello sciopero, l'amministratore delegato dell'azienda, Sergio Marchionne, era intervenuto con dichiarazioni assolutamente esplicite e preoccupanti sull'azienda siciliana: "parlare di riabilitare lo stabilimento di Termini Imerese è da pazzi", affermava. E continuava, tentando di spiegare una battuta arrogante sulla Sicilia: "Mi hanno accusato di aver fatto una battuta crudele sul fatto di dover spostare la Sicilia vicino alla Lombardia, ma da un punto di vista logistico, non posso fare assolutamente niente. Attualmente noi spediamo dei pezzi in Sicilia, li montiamo e poi li ricacciamo fuori. L'unico a guadagnarci è il sistema di logistica attorno allo stabilimento. Badate: ciò non ha niente a che fare con la qualità dei lavoratori; la fabbrica è nel posto sbagliato". Però, quando c'era da campare a ufo sui fondi regionali, la fabbrica era nel posto giusto, ora che i fondi si sono prosciugati all'improvviso la fabbrica è "nel posto sbagliato". Non appena Marchionne ha rilasciato queste vergognose affermazioni gli operai di Termini hanno fatto partire scioperi spontanei in fabbrica, partiti sin dalle 7,30 del mattino. Complessivamente nella mattinata quattro squadre del reparto montaggio, composte da lavoratori iscritti alla Fiom, hanno interrotto per un'ora il ciclo di produzione. Il 29 gennaio si terrà a Roma un incontro con il ministro per lo Sviluppo Economico Scajola per esaminare il futuro di Termini Imerese, ma l'azienda appare irremovibile e il governo Berlusconi, evidentemente, non ha alcuna intenzione di andare contro la decisione Fiat. Non va meglio alla regione, dove il governatore Lombardo, appare come un parolaio senza reali prospettive di soluzione da proporre. Ma c'è qualcos'altro di grave da denunciare: l'attacco di Fiat a tutti gli stabilimenti del Mezzogiorno. Fa pensare infatti la dichiarazione di Montezemolo, presidente della Fiat, il quale parlando dello spostamento della produzione della Panda nello stabilimento campano ha affermato che portando a Pomigliano tale produzione bisogna "andare ad affrontare con spirito costruttivo temi che riguardano lo stabilimento e anche una grande attenzione al tema della flessibilità della produzione". Cioè tradotto in soldoni significa vi diamo il lavoro in cambio del supersfruttamento e sempre con la minaccia della chiusura di un altro stabilimento meridionale, Pomigliano appunto. Per i sindacati la posizione di Fiat è inaccettabile. Epifani dichiara: "da parte dell'azienda c'è una rigidità ingiustificabile. Non c'è altra attività che può dare un'occupazione in un'area dove non c'è altro, e che senza Fiat rischia la desertificazione". Alle parole devono seguire i fatti: i vertici sindacali devono andare fino in fondo nello scontro. Intanto uno sciopero di 4 ore di tutti i dipendenti del gruppo Fiat è stato fissato per il 3 febbraio. 20 gennaio 2010 |