Svelati i dossier dell'accordo segreto tra gli imperialisti americani e il Dalai Lama La CIA organizzò e pagò la ribellione armata per staccare il Tibet dalla Cina di Mao Furono 85 mila i tibetani addestrati in campi segreti dagli agenti americani Non è certo una sorpresa la divulgazione del materiale dell'accordo segreto tra gli imperialisti americani e il Dalai Lama grazie al quale la Cia organizzò e pagò la ribellione armata per staccare il Tibet dalla Cina di Mao. Allora, nel 1950, la maggioranza degli abitanti del Tibet appoggiavano il socialismo e la politica di Mao di procedere a piccoli passi nella trasformazione della società tibetana rimasta pressoché all'età feudale; un piano che poteva sembrare arretrato rispetto la costruzione del socialismo che iniziava a svilupparsi impetuosamente nel resto della Cina ma ritenuto necessario da Mao per non forzare oltremodo i tempi e dare al popolo tibetano tutto il tempo che gli ci sarebbe voluto per convincersi della superiorità del socialismo. Il Dalai Lama e il pugno dei reazionari tibetani non avevano nessuno strumento per impedire lo sviluppo di tale progetto, né per realizzare un progetto di separazione appoggiato dalle masse; la possibilità di tentare venne offerta loro dall'imperialismo americano impegnato a fronteggiare la Cina di Mao. Una situazione ben diversa da quella attuale dove l'imperialismo americano è impegnato a contenere lo sviluppo della Cina capitalista e imperialista, sua concorrente mondiale principale. Il servizio del quotidiano liberal tedesco Sueddeutsche Zeitung ha evidenziato come i primi contatti tra il Dalai Lama e agenti americani sono del 1951, un anno dopo l'unione del Tibet alla Cina, e avvengono attraverso l'ambasciata Usa a New Delhi e il consolato a Calcutta; contatti che in seguito divennero diretti dopo la fuga in India del Dalai Lama. Il Pentagono garantì la fornitura di armi leggere e aiuti finanziari, si impegnò ad addestrare guerriglieri tibetani nella lotta armata contro l'esercito cinese, ad armarli e a versare una somma pari a 180 mila dollari l'anno. Un progetto che si sviluppò negli anni successivi tanto che nel 1956, l'operazione della Cia in Tibet prese il nome in codice di "ST Circus". Sulla base di carte finora segrete e di testimonianze di agenti in pensione della Cia si conferma che il progetto anticomunista aveva lo scopo di "fare il possibile per tenere in vita il concetto di un Tibet autonomo" di "sviluppare resistenza contro i successi di un Tibet guidato dalla Cina comunista". I guerriglieri tibetani furono addestrati in campi segreti in basi nelle isole dei mari del sud e negli Usa, a Camp Hale sulle montagne rocciose per simulare condizioni climatiche simili a quelle tibetane. Il loro numero fu di 85 mila, inquadrati in una organizzazione che si chiamava "Chushi Gangdrug". Terminato l'addestramento i guerriglieri venivano paracadutati sul Tibet con aerei cui erano stati cancellati i contrassegni. I guerriglieri attaccavano in piccoli gruppi e "uccidevamo volentieri quanti più cinesi possibile", ha testimoniato un veterano. Molti di loro si suicideranno, pochi fuggiranno a sud e entreranno nei corpi speciali indiani una volta abbandonati dalla Cia. La fine dell'operazione segreta organizzata dall'imperialismo americano fu decisa dalla Casa Bianca, una volta registrato il fallimento del tentativo di staccare il Tibet dalla Cina di Mao e dalla decisione di Nixon di aprire normali relazioni diplomatiche con Pechino, sperando invano di trovare a Pechino un alleato contro l'allora nemico principale, il socialimperialismo sovietico. Firenze, 18 luglio 2012 |