Coinvolti 5 saggi di Napolitano e Letta nei concorsi universitari truccati Da Messina a Roma, da Bari a Siena le baronie del potere accademico sono sempre più spesso al centro di continui e vergognosi scandali. Concorsi truccati per piazzare parenti e amici nei posti più prestigiosi e renumerativi; esami venduti o addomesticati e perfino truffe contabili che nulla hanno a che vedere con l'elevazione della cultura e la civiltà del diritto di cui molti baroni universitari si sciacquano la bocca. L'ultima in ordine di tempo è l'inchiesta della Procura di Bari nata da una segnalazione della Guardia di Finanza che coinvolge ben trentotto professori di Diritto di varie università. Tra gli indagati, oltre all'ex ministro alle politiche europee Annamaria Bernini e all'ex garante della Privacy Federico Pizzetti, spiccano anche cinque dei 35 "saggi" professori costituzionalisti incaricati da Napolitano e Letta di riformare la Carta Costituzionale con alla testa Augusto Barbera e Giuseppe de Vergottini dell'università di Bologna, Carmela Salazar dell'Università di Reggio Calabria, Lorenza Violini dell'Università di Milano e Beniamino Caravita della Sapienza di Roma. Non si tratta quindi di vecchi tromboni della politica e del mondo accademico ma di pezzi da novanta del sistema politico e istituzionale borghese come testimonia la biografia del piddino Barbera, ex deputato eletto nelle liste del PCI e del PDS fra il 1976 e il 1994, membro del Consiglio della Regione Emilia-Romagna dal 1980 al 1982, presidente della Commissione parlamentare per le questioni regionali dal 1987 al 1992, vicepresidente della Commissione bicamerale per le riforme istituzionali dal 1992, ministro per i Rapporti con il Parlamento nel Governo Ciampi, promotore dei referendum elettorali del 1991, del 1993 e del 1999 e attuale direttore della Rivista "Quaderni costituzionali" edita da "Il Mulino". Per tutti gli indagati le ipotesi di reati vanno dalla associazione a delinquere, alla corruzione, falso, truffa aggravata e falso ideologico. I docenti sono accusati d'aver costituito un'associazione per delinquere che ha pilotato, negli ultimi tre anni, i concorsi per diventare professori nelle università italiane. Lo spaccato giudiziario che emerge dall'inchiesta getta un'ombra inquietante non solo sul mondo accademico ma anche e soprattutto sulle istituzioni borghesi dal momento che nel pieno delle indagini 5 tra i denunciati venivano al rango di "saggi" della Repubblica, con incarico conferito direttamente dal presidente della Repubblica. Segno evidente che ormai la corruzione, il malcostume, le ruberie e il mercimonio la fanno da padrone anche sul Colle più alto di Roma. L'inchiesta nasce quattro anni fa, nel 2009, quando il Pubblico ministero (Pm) di Bari Renato Nitti apre le indagini su un concorso nazionale per professore di Diritto costituzionale bandito dall'Università telematica Giustino Fortunato di Benevento. Gli investigatori intercettano il rettore, Aldo Loiodice, alto esponente dell'Opus Dei e professore di Diritto costituzionale all'Università di Bari, mentre si accorda con altri docenti corrotti circa le strategie da adottate per far eleggere nella commissione nazionale (introdotta con la controriforma Gelmini proprio per evitare favoritismi ndr) alcuni professori "amici" in modo da poter manipolare a proprio piacimento i concorsi e pilotare le nomine. In Puglia la Gdf scopre persino che, sempre secondo l'accusa, il giudice Amedeo Urbano - presidente della seconda sezione del Tar - ha esercitato pressioni su Loiodice, in cambio di favori giudiziari, per favorire sua figlia in un concorso. I 38 baroni indagati appartengono a ben 8 diverse università. Gli atenei finiti nel mirino degli investigatori per aver truccato il concorso di diritto Costituzionale sono quelli di Macerata, Teramo e l'Università Europea di Roma. Ma tra le Università coinvolte nel mercimonio figurano anche Bari, Trento, Milano Bicocca, Roma Tre e la Lum di Casamassima. 23 ottobre 2013 |