Ieri contro i missili, oggi contro il Muos Da Comiso a Niscemi Scelta che condanna la Sicilia a far da portaerei naturale per le guerre USA La Redazione di "Dialogo", mensile a carattere regionale di Modica (Ragusa) diretto da Piero Vernuccio, ci ha inviato l'articolo che qui volentieri pubblichiamo in ampi estratti, apparso sul numero di aprile 2012 della rivista a firma Pippo Gurrieri. Il 4 aprile Comiso è tornata per un giorno al centro dell'attenzione per una iniziativa organizzata nel trentennale della marcia per la pace del 4 aprile 1982. Erano presenti molti dei protagonisti di quella stagione di lotte contro l'installazione dei missili, con tanti giovani che hanno voluto conoscere e riflettere su quanto accadde nella cittadina ipparina e in tutta la Sicilia. A distanza di così tanto tempo, chi c'era ha potuto constatare quanto esteso fosse stato il coinvolgimento nella lunga battaglia per impedire l'installazione della base missilistica nucleare a Comiso. Il rischio di fornire un quadro spurgato dai tanti problemi che animavano il movimento contro la base NATO, si è palesato in più interventi, così come la facile considerazione che alla fine, visto che la base nel 1988 venne smantellata in seguito agli accordi USA-URSS, il movimento che vi lottò contro ottenne comunque una vittoria. A mio modesto avviso le cose non stanno così. Tutti noi siamo stati interamente risucchiati da quell'impegno; chi scrive, i componenti la Redazione di questa testata giornalistica, le tante sensibilità che orbitavano nella sinistra, videro le loro esistenze coinvolte in una vicenda dalla quale non si poteva rimanere estranei. Non erano ammesse posizioni neutrali, e moltissimi scegliemmo la lotta in prima persona. Così il movimento in realtà non fu altro che un insieme di presenze ricche di diversità, di approcci differenti, di ideologie ben distinte; era un movimento che ritrovava l'unità davanti alla repressione, che allora fu durissima, violentissima, e non si limitava solo alle cariche della polizia, bestiali e criminali contro chiunque manifestasse il proprio dissenso, foss'anche un anziano, un disabile in carrozzina, una mamma con bambini; ma proseguì nelle aule dei tribunali locali, che furono teatro di decine e decine di processi, con tanto di condanne, fogli di via, multe... Le differenze metodologiche e politiche erano tante. Si andava da quelli che privilegiavano un impegno di tipo istituzionale: raccolte di firme, sostegno all'azione dei partiti, ecc., a quelli che prediligevano azioni di testimonianza come preghiere, veglie, fiaccolate; agli altri che sostenevano la necessità di azioni simboliche come entrare dentro la base, ostacolarne i lavori; a chi puntava tutto sull'occupazione del Magliocco per impedire l'inizio dei lavori. Fino a tutto il 1983 quest'arco di posizioni, spesso intrecciate fra di loro, convivevano e si scontravano a Comiso, città scelta suo malgrado a fungere da importante pedina nello scacchiere imperialista internazionale, nel quadro della guerra fredda che vedeva schierati da un lato i missili Pershing e Cruise e dall'altro gli SS 20. Ma c'erano anche differenti modi di rapportarsi con la costruenda base NATO. Man mano che i lavori proseguivano si distinguevano posizioni possibiliste anche dentro lo stesso Partito comunista italiano, che richiedevano delle contropartite per il territorio in cambio del "sacrificio" di avere una base atomica dentro casa; oppure la richiesta di CGIL CISL e UIL di dare la precedenza ai lavoratori locali nelle assunzioni presso i cantieri della base. Alla fine, le posizioni che spingevano per le azioni dirette e l'occupazione furono messe in minoranza; prevalsero le altre, ma la base venne costruita, i missili a testata nucleare arrivarono, e per tutti fu una sconfitta pesantissima. Poi, gli stessi potenti che avevano voluto la corsa agli armamenti, decisero di smantellare le loro basi, e così i missili andarono via. Ma non fu una vittoria del movimento per la pace. Se fosse stato così, la lezione sarebbe servita anche per impedire quel processo di militarizzazione della Sicilia che porterà in pochi anni a costruire nuove basi americane, come quella di contrada Ulmo a Niscemi, del 1991, o il grande potenziamento di Sigonella, diventata oggi la più potente base USA d'Europa. L'esperienza comisana, intensa e ricca come non mai, però può essere utile ancora, perché, come si sa, la Sicilia è sempre più una fortezza armata; il 70% delle azioni militari contro la Libia sono partite da qui; di Sigonella si è già detto, ma va aggiunto che la guerra di Libia è servita a testare i droni (aerei senza pilota) che partivano per bombardare, dando vita ad una nuova fase dei conflitti, quella in cui è il computer a dirigere, mentre l'uomo sta il più possibile lontano dai fronti, dagli eccidi, dagli "errori", dalla morte e dalla violenza distruttrice. A questo serve il MUOS, il sistema di comunicazioni basato su quattro potenti stazioni radar (in Alaska, Nevada, Hawaii, e Niscemi): una scelta che condanna la Sicilia a far da portaerei naturale per le guerre americane e quindi sgombra il campo da altre pretese dei siciliani; una decisione - complici i vari governi regionali e nazionali - che carpisce le ali al sogno di un mondo migliore da costruire dove viviamo. In più, un impianto dannosissimo per le emissioni di onde elettromagnetiche mortifere, per le interferenze che comporterà per gli impianti posti nel raggio di alcune decine di chilometri, e che, di fatto, annulla lo stesso aeroporto di Comiso, che proprio su quella base Nato è sorto. Penso che andrebbero evitati gli errori che facemmo allora; ancora oggi, per andare dietro alle promesse di Lombardo o alle strategie istituzionali di sindaci e politici, si è perso oltre un anno prezioso, con l'unico risultato che i lavori si stanno completando, che il parco naturale della Sughereta, dove sorge la base, è stato sventrato, e che c'è ancora da far prendere coscienza a un'intera popolazione, sulla gravità di quanto sta accadendo. Come c'insegna la resistenza in Valle Susa, le lotte si fanno e si possono vincere solo sul terreno fisico, sui luoghi del contendere, mentre le altre strade risultano lunghe, tortuose, infruttuose e inquinanti dal punto di vista politico e morale. Anche a Niscemi la lotta può avere una chance se farà del terreno sottoposto a scempio il suo campo di battaglia privilegiato, e se cucirà in maniera capillare un fronte popolare di resistenza nei paesi e nelle città, nei posti di lavoro e nelle scuole. 9 maggio 2012 |