Per spartirsi i fondi Ue Comitato d'affari bipartisan in Calabria Coinvolti politici, massoni, uomini della GdF e dei servizi segreti. Secondo un pentito Cesa favoriva appalti per finanziare l'UDC Indagati Prodi e i suoi collaboratori. Mastella aveva rapporti col principale inquisito Un "miscuglio devastante di potere" che sull'asse Catanzaro-Roma-Bruxelles coinvolge esponenti politici di primo piano appartenenti sia alla destra che alla "sinistra" del regime neofascista, massoni, alti ufficiali della Guardia di Finanza, agenti dei servizi segreti e imprenditori in odore di 'ndrangheta dedito al sistematico saccheggio dei fondi pubblici nazionali e europei, al finanziamento illecito dei partiti, a gare di appalto truccate e assunzioni pilotate che: "in taluni casi, rappresentano, anche la controprestazione del delitto". È questo il nuovo filone d'inchiesta su cui indaga la procura di Catanzaro che il 18 giugno su ordine del Pm Luigi De Magistris, ha indotto il comando provinciale dei carabinieri del capoluogo calabro a eseguire una nuova raffica di perquisizioni e a notificare altre decine di informazioni di garanzia in tutta Italia. Dopo la prima raffica di provvedimenti giudiziari che a marzo scorso hanno colpito fra gli altri il segretario dell'UDC Lorenzo Cesa, questa volta nella rete degli inquirenti sono finiti un'altra ventina di indagati tutti accusati a vario titolo per reati che vanno dalla truffa alla violazione della legge sul finanziamento ai partiti politici, dall'associazione a delinquere alla violazione della legge Anselmi sulle organizzazioni segrete, alla corruzione. Ma non è escluso che nell'inchiesta possano essere presto coinvolti personaggi politici di livello nazionale anche con incarichi ministeriali a cominciare dagli ex ministri Pisanu, Gasparri e Alemanno agli attuali Rutelli e Mastella fino al presidente del Consiglio Romano Prodi il cui nome, secondo le ultime indiscrezioni figurerebbe già nel registro degli indagati. Gli indagati I destinatari delle informazioni di garanzia sono: Nicola Adamo, 50 anni, già segretario regionale dei DS e attuale vicepresidente della giunta regionale della Calabria; Salvatore Domenico Galati, 40 anni, collaboratore del senatore di Forza Italia Giancarlo Pittelli; Francesco Bonferroni, 69 anni, consigliere d'amministrazione di Finmeccanica, ex deputato DC, piduista, già indagato e condannato nel '93 per tangenti insieme a Cesa e poi entrambi assolti per un cavillo giudiziario, nonché amico intimo di Pier Ferdinando Casini e Romano Prodi; Piero Scarpellini, 57 anni, consulente di Prodi, imprenditore che avrebbe la sua attività nella Repubblica di San Marino nonché padre di Alessandro che dal 2004 è uno dei portaborse di Prodi; Paolo Poletti, 51 anni, capo di Stato Maggiore della Guardia di Finanza; Valerio Carducci, 59 anni, indicato quale punto di riferimento tra Antonio Saladino, ex presidente della Compagnia delle Opere in Calabria, e alcuni parlamentari; Gianfranco Luzzo, 67 anni, ex assessore regionale alla Sanità della giunta Chiaravalloti e attuale presidente del consiglio del comune di Lamezia Terme e ora esponente dell' "Italia di Mezzo"; Mario Pirillo, 62 anni, assessore regionale all'Agricoltura nell'attuale giunta Loiero; Massimo Giacomo Gennaro Stellato, 44 anni, già ufficiale della Gdf, in forza a Padova nell'intelligence; Gian Mario Stellato, 38 anni, fratello dell'ufficiale in servizio a Padova; Vincenzo Bifano, 46 anni, indicato come persona vicina ad Antonio Saladino; Gerardo Carnevale, 42 anni, collaboratore del consigliere regionale dei DS Antonio Acri, 65 anni, anche lui raggiunto da un'informazione di garanzia. A completare l'elenco, Armando Zuliani, 45 anni, imprenditore. Non risulta indagato, ma ha subito una perquisizione, l'ex presidente delle Compagnia delle Opere Giorgio Vittadini. Pietro Macrì, 43 anni, presidente della società Met Sviluppo, dirigente del settore terziario della Confindustria di Vibo Valentia; Luigi Filippo Mamone, 57 anni, dirigente della Regione Calabria; Francesco De Grano, 40 anni, dirigente della Regione Calabria; Maria Angela De Grano, 37 anni, sorella di Francesco De Grano con cariche in diverse società. Nelle carte dell'inchiesta denominata "Why not" figura anche il nome del Guardasigilli Mastella intercettato al telefono dagli inquirenti mentre conversa e prende accordi con Saladino indicato da alcune testimonianze come il collettore delle tante e "sperimentate relazioni con mezzo mondo politico" e principale indagato dell'inchiesta. La telefonata incriminata è stata registrata dai carabinieri il 13 marzo 2006 alle 11.37. A chiamare Saladino, il cui telefono era intercettato, sarebbe stato proprio il boss di Ceppaloni. Si tratta di un colloquio amichevole nel corso del quale i due si chiamano con i nomi di battesimo, Antonio o Tonì e Clemente. Saladino chiede a Mastella di poter fissare un incontro per presentargli un suo amico, "un grande costruttore". L'incontro però salta, almeno in quella occasione. Agli atti dell'inchiesta ci sarebbe poi almeno un'altra telefonata in cui Saladino con un altro interlocutore riferisce di aver parlato al telefono con Mastella. Non solo. Tra i numeri di un'agenda telefonica sequestrata a Saladino figura fra gli altri anche un'utenza memorizzata sotto il nome di Romano Prodi. In realtà l'intestatario di quella utenza è risultata la società "Delta" che apparterrebbe per il 30 per cento - secondo la procura - a un noto istituto di credito di San Marino, istituto che avrebbe avuto intensi rapporti con la società Nomisma, di cui Prodi è stato fondatore e rappresentante. Il telefonino in questione, sempre a detta degli inquirenti, dal 17 febbraio 2006 è stato intestato ai "Democratici Ulivo - piazza Santi Apostoli, Roma" e infine dal 23 maggio 2007 il contratto di utenza è stato trasferito a Palazzo Chigi. Intorno a questo numero da cui sono transitate molte telefonate che metteno in contatto fra loro diversi personaggi ora tutti inquuisiti, De Magistris cerca di trovare ulteriori riscontri anche sui rapporti tra lo stesso Saladino e Piero Scarpellini, che per il Pm è "persona di assoluta fiducia del premier Prodi" ma già invischiato in passato in traffici poco chiari fra l'Italia e il Nord Africa e in particolare con la Libia. Dalle indagini sulle "compagini societarie e dei flussi economico-finanziari" scrive De Magistris nelle 275 pagine del decreto di perquisizione "emerge uno scenario devastante circa la gestione di denaro pubblico e della pervicace volontà di depredare le risorse pubbliche pur di raggiungere lucrosi interessi criminali. Le indagini preliminari - prosegue il Pm - hanno anche evidenziato comuni colleganze affaristiche, riscontrate anche da altra attività investigativa e dall'esame di materiale sequestrato all'esito di precedenti perquisizioni, tra società e persone riconducibili, anche indirettamente, ad amministratori pubblici facenti parte ad 'opposti schieramenti', in tal modo delineandosi un controllo, si potrebbe dire 'blindato', di fette rilevanti della spesa pubblica, in settori determinanti dello sviluppo". I capi di accusa Attraverso l'attività investigativa la procura di Catanzaro ha individuato "la sussistenza di condotte criminose finalizzate alla consumazione di truffe e corruzioni con riferimento, in particolare, all'erogazione di fondi pubblici". Reati che, secondo De Magistris, sarebbero stati "consumati, soprattutto, attraverso la costituzione di schermi-societari che consentono di spostare il denaro con maggiore facilità e creare condizioni per la realizzazione del prezzo del reato attraverso assunzioni di persone che rappresentano, in taluni casi, anche la controprestazione del delitto". Secondo il Pm dall'inchiesta "è emersa la costituzione di vere e proprie lobby affaristiche, costituite con modalità tali da rimanere occulte e non consentendo di individuare i partecipanti alle stesse (tenuto anche conto dell'appartenenza a ramificazioni significative delle istituzioni di taluni solidali), svolgendo attività diretta ad interferire sull'esercizio delle funzioni di istituzioni, amministrazioni pubbliche e di servizi pubblici esenziali di interesse nazionale". Secondo la Procura di Catanzaro, "dall'esame delle visure camerali è emerso un coacervo di società, collegate tutte riconducibili a soggetti comunque coinvolti nell'attività investigativa, tanto da far ritenere che si tratti di imprese finalizzate alla consumazione dei delitti di truffa e corruzione ed utilizzate, anche, quali contenitori per la raccolta ed il successivo reimpiego di somme di denaro". La Procura di Catanzaro, sulla base delle valutazioni finora acquisite, è convinta che "artificiosamente siano state costituite una serie di società, create ad hoc, per fare profitto illecito ed ottenere commesse nell'ambito degli appalti e delle gare e per perpetrare ingenti truffe ai danni della comunità europea nell'ambito dei finanziamenti pubblici di volta in volta confluiti presso le casse della Regione Calabria da parte dell'Unione Europea, utilizzando spesso le società per piazzare, quale controprestazione sinallagmatica, persone che hanno prestato loro opere in favore dei vari solidali". Non solo. Dall'esame analitico delle compagini societarie, ed anche attraverso la verifica delle visure di tipo storico, "è emerso che diversi nominativi di persone coinvolte, soprattutto taluni indagati, compaiono in diversi assetti di società, spesso con ruoli apicali, talvolta uscendo da alcune per rientrare in altre di medesimo oggetto sociale. Tenuto conto, altresì - scrive il magistrato - che le società interessate, che sembrano costituire un collaudato sistema di scatole cinesi, hanno quasi sempre come oggetto sociale il settore ambientale (rifiuti o acque), quello immobiliare, quello finanziario, quello informatico, quello dei servizi e del terziario, e che risultano rapporti e transazioni per il reimpiego, verosimilmente, delle somme illecitamente acquisite con società fiduciarie". Dalle indagini sono emerse "donazioni di denaro (attraverso bonifici) tra alcune società coinvolte e nominativi di persone interessate dalle indagini". Le origini dell'inchiesta Nell'inchiesta sono coinvolti anche il deputato di Forza Italia, Giancarlo Pittelli, avvocato e primo firmatario nella scorsa legislatura di una famigerata proposta di modifica del codice di procedura penale che avrebbe di fatto reso impossibile qualsiasi indagine nei confronti della criminalità organizzata. Pittelli, in occasione di un accesso bancario sui suoi conti, ha già ricevuto un avviso di garanzia. Con lui e Cesa, nel marzo scorso sono finiti sotto inchiesta anche il deputato UDC Pino Galati e il generale della Guardia di Finanza Walter Crepella. Della cupola politico-affaristica, secondo De Magistris, farebbero parte anche Fabio Schettini, già segretario del vicepresidente della Commissione europea, Franco Frattini e l'ex consigliere Anas ed ex responsabile del Commissariato all'emergenza ambientale calabrese, Giovanbattista Papello, iscritto ad AN. Ed è proprio partendo dagli 864 milioni di euro sperperati in Calabria negli ultimi dieci anni per costruire decine di depuratori e impianti per rifiuti poco funzionati o mai collaudati che il Pm è arrivato ad ipotizzare l'esistenza di questa sorta di comitato d'affari politico-massonico-mafioso occulto specializzato nel saccheggio di tutto il denaro che scende a pioggia sull'asse Bruxelles-Roma-Catanzaro. Gli investigatori indagano Papello, che in un armadio conserva un grembiulino massonico, e ficcano il naso tra gli uffici del suo Commissariato. Un testimone, titolare di un'impresa specializzata nella costruzione di depuratori, accusa: "Non mi hanno mai invitato alle gare e ho lavorato solo in sub-appalto perché sono fuori dal giro.Tutto ruota intorno ai rapporti tra imprenditori e politici. Quando si trattava di effettuare i conti con le società che mi affidavano i lavori mi facevano capire che avevano delle 'altre spese' ammontanti a circa il 4 per cento". "Altre spese" ossia tangenti che per il teste erano destinate ai politici che sponsorizzano le varie aziende. I telefoni del Commissariato finiscono sotto controllo e subito salta fuori una grossa impresa del nord collegata a Pino Galati, UDC, in quel momento sottosegretario alle Attività Produttive nel governo Berlusconi: la Pianimpianti di Milano che, assieme ad altri colossi del riciclaggio rifiuti, ha vinto un appalto da 220 milioni di euro. Il vicepresidente è Bonferroni. Il boss locale è invece un giovane di Lamezia Terme, Roberto Mercuri, che per telefono parla spesso con Galati. Nel frattempo, Antonio Naso, un altro imprenditore escluso dalla torta calabrese, parla di un sistema che prevedeva mazzette oscillanti tra il 3 e il 7 per cento, mascherate con fatture inesistenti, in parte destinate alle segreterie nazionali dei partiti. Naso dice: "Le cordate sono due: quella facente capo all'allora ministro Gasparri di AN, che aveva come referente Papello e quella che aveva come riferimento Schettini, legato all'allora ministro Frattini di Forza Italia. Mio cugino ha lavorato nel cosentino per un capannone della società di Schettini e Papello e mi ha riferito che non volevano pagarlo promettendogli commesse nel settore delle 'acque'". Le verifiche investigative accertano che il capannone è controllato dalla Digitaleco, una società creata da Schettini, Papello e Cesa, solo per ottenere, secondo il Pm, 5 milioni di euro di fondi dall'Ue senza poi assumere, come promesso, 40 dipendenti. I tre politici finiscono sotto inchiesta e gli ispettori dell'Olaf, l'antifrode della Ue, li indagano per truffa, corruzione e frode comunitaria. Nel frattempo da un computer di Cesa a Strasburgo salta fuori l'intervista a un giornale tedesco in cui lo stesso capo degli ispettori Ue, Franz Hermann Bruner, lascia intendere che nella storia della Digitaleco non c'è niente di irregolare. Gli investigatori, nel cercare di capire l'atteggiamento omissivo dell'alto funzionario Ue, notano una coincidenza: Schettini e Cesa si erano spesi in favore di Bruner che era appena stato riconfermato responsabile dell'Olaf. E la loro sponsorizzazione pesava visto che Schettini di mestiere fa il segretario del vicepresidente della Commissione europea Frattini, mentre Cesa era membro della Commissione Ue che si occupava proprio dell'Olaf. Ma non basta. Per Bruner, secondo gli investigatori, si muove anche il portavoce dell'Olaf, un colonnello delle Fiamme Gialle, legatissimo al generale Cretella. Dalle indagini su Papello e Schettini è partito un terzo troncone d'inchiesta che coinvolge la Why Not, una società di lavoro interinale aderente alla Compagnia delle Opere, che ora è diventata l'autentico vaso di Pandora nell'istruttoria sulla cupola d'affari occulta di Catanzaro. La Why Not riceve commesse milionarie dalla Regione: occupa 500 persone e ne distacca ben 146 nelle segreterie di partito e negli assessorati. È la punta di diamante dell'impero di Antonio Saladino, un veterinario che si è messo a fare l'imprenditore invitando i giovani a farsi strada con il merito. Quando l'Arma lo perquisisce però ha due sorprese. La prima è una lettera indirizzata alla moglie del leader dei DS calabresi, Nicola Adamo, in cui si parla di una misteriosa Gran Loggia di San Marino. La seconda è un elenco di persone da assumere con accanto il cognome degli sponsor: Loiero (governatore di centrosinistra), Abramo (candidato per la destra) e via raccomandando. 18 luglio 2007 |