Tangentopoli sanitaria abruzzese Condannato Del Turco Nove anni e sei mesi all'ex governatore PD Insieme al PDL ha incassato tangenti per 5,8 milioni di euro Il 22 luglio scorso il Tribunale collegiale di Pescara (presidente Carmelo De Santis e giudici a latere Gianluca Falco e Massimo De Cesare) dopo oltre quattro ore di Camera di consiglio ha condannato l'ex governatore della Regione Abruzzo, Ottaviano Del Turco, a 9 anni e 6 mesi di reclusione e l'interdizione perpetua dai pubblici uffici, nell'ambito del processo sulla tangentopoli sanitaria abruzzese. L'ex craxiano, ex ministro delle finanze, ex presidente della Commissione parlamentare antimafia, ex segretario generale aggiunto della Cgil all'epoca di Luciano Lama, ultimo segretario nazionale del PSI post Craxi, nonché componente dei 45 saggi fondatori e membro della Direzione nazionale del PD, era stato arrestato il 14 luglio 2008 insieme ad altre nove persone, tra le quali assessori e consiglieri regionali. Finì in carcere a Sulmona (L'Aquila) per 28 giorni e trascorse altri due mesi agli arresti domiciliari. A seguito dell'arresto, Del Turco, il 17 luglio 2008 si dimise dalla carica di presidente della Regione e con una lettera indirizzata all'allora segretario nazionale Walter Veltroni si autosospese dal PD. Del Turco è stato riconosciuto colpevole di "associazione per delinquere e per alcuni episodi di corruzione, concussione, tentata concussione e falso". I Pubblici ministeri (Pm) Giampiero Di Florio e Giuseppe Bellelli avevano chiesto una pena di 12 anni. Condannato a tre anni e mezzo anche l'ex padrone della casa di cura privata "Villa Pini" di Chieti, Vincenzo Maria Angelini, "il grande accusatore", che con le sue deposizioni rilasciate agli inquirenti nel 2008 nel corso di ben sette interrogatori fiume rivelò il verminaio delle tangenti in Abruzzo e diede inizio all'inchiesta. Angelini, che nel processo era sia imputato sia parte lesa, dichiarò ai magistrati di aver pagato tangenti per circa 15 milioni di euro, in cambio di agevolazioni, ad alcuni amministratori pubblici regionali di "centro-sinistra" e di centrodestra, tra cui, appunto, l'ex governatore Del Turco. Al centro della requisitoria le foto con la famigerata "tangente con le mele" consegnata da Angelini a Del Turco il 2 novembre 2007 a Collelongo (L'Aquila). Nell'immagine Angelini ha una busta in mano "piena di banconote da consegnare al governatore" precisò l'imprenditore agli inquirenti. Fatta la "consegna" il sacchetto fu riempito di mele per non destare sospetti. Ventisette, in tutto, gli imputati a giudizio (25 persone e due società), per reati che vanno dall'associazione per delinquere, alla corruzione, all'abuso, alla concussione, al falso. Nello specifico Del Turco è accusato insieme all'ex capogruppo del Pd alla Regione Camillo Cesarone e a Lamberto Quarta, ex segretario generale dell'ufficio di presidenza della Regione, di aver intascato mazzette per cinque milioni e 800mila euro. Oltre a Del Turco e Angelini sono stati condannati anche l'ex manager della Asl di Chieti, Luigi Conga (9 anni), l'ex parlamentare del PDL Sabatino Aracu (4 anni), l'ex segretario generale dell'ufficio di presidenza della Regione Lamberto Quarta (6 anni e 6 mesi); l'ex assessore regionale alla sanità Bernando Mazzocca (2 anni, pena sospesa); l'ex assessore regionale alle attività produttive Antonio Boschetti (4 anni); l'ex capogruppo regionale del PD Camillo Cesarone (9 anni); Francesco Di Stanislao, ex direttore direttore dell'agenzia sanitaria regionale, (2 anni, pena sospesa). Secondo l'accusa dal 2003 al 2008 i vertici di due amministrazioni regionali, quella di centrodestra di Giovanni Pace prima e quella di "centro-sinistra" di Del Turco poi, sono stati protagonisti di un malaffare che ha causato il tracollo della sanità abruzzese. Pace fra l'altro è stato già condannato a due anni di reclusione dalla Corte d'Appello de L'Aquila per il reato di concussione per induzione. Fin dal 2008 i mass media del regime neofascista con alla testa "Il Giornale" "l'Unità", il "Corriere della Sera", "La Stampa" e "il Foglio" hanno scatenato una violenta campagna bipartisan ribattezzata: "chi risarcirà Del Turco?" tesa a denigrare il lavoro dei giudici accusandoli a più riprese di aver istruito un processo farsa con "castelli di carte" e prove inconsistenti e intimando l'immediata assoluzione a mezzo stampa di tutti gli imputati. "Del Turco, la prova regina? Era tutta una bufala", titolava ad esempio "l'Unità" il 12 marzo scorso; mentre "Il Giornale" di Berlusconi rilanciava: "Il processo farsa a Del Turco crolla tra bugie e false prove" e il direttore Vittorio Feltri rincarava: "Del Turco vittima dei pm, ma nessuno lo risarcirà". Un coro unanime a cui si sono uniti "eminenti" pennivendoli quali l'ex direttore di "Liberazione" Piero Sansonetti e il vicedirettore del Corriere della Sera Pigi Battista tutti a "tifare" contro i giudici e a favore dell'assoluzione di Del Turco. Addirittura il 14 gennaio 2012 in Senato fu presentata un'interrogazione bipartisan che chiedeva al governo se con l'inchiesta Del Turco non fossero stati "violati diritti costituzionali individuali", e se lo svolgimento della vita democratica della Regione Abruzzo non fosse stato "irrimediabilmente compromesso dai comportamenti della magistratura". In calce le firme di parlamentari del Pd (Franca Chiaromonte, Pietro Marcenaro, Adriano Musi, Luciana Sbarbati) e del Pdl (Luigi Compagna, Ombretta Colli, Antonino Caruso, Diana De Feo, Marcello Pera e Vincenzo Fasano). Ai tecnici di Mario Monti, i senatori chiedevano anche lumi su "come si possa impedire in futuro il ripetersi di inchieste tanto palesemente disancorate al rispetto delle norme costituzionali in termini di diritti individuali". In realtà le cose sono andate in modo ben diverso di quanto auspicato da PD e PDL e adesso casomai bisognerebbe chiedere a Epifani e Alfano: chi risarcirà la sanità e il popolo abruzzese vittima del "sistema tangentizio delle larghe intese" fra PD e PDL "per quanto gli è stato fatto, per il (denaro e la salute ndr) tempo che gli è stato sottratto, per ciò che ha dovuto subire"? Non a caso Nicola Trifuoggi, ex capo della Procura di Pescara, in pensione dal 2012, che ha guidato il pool insieme a Giampiero Di Florio e Giuseppe Bellelli ha commentato: "È una sentenza che ristabilisce la verità su un fatto doloroso per l'Abruzzo. Io sono amareggiato per la malafede con cui periodicamente sono partite campagne mediatiche che volutamente diffondevano la falsa notizia di innocenza acclarata che grazie al loro potere sull'opinione pubblica hanno gettato sconcerto". 30 ottobre 2013 |