Prima conferenza mondiale dei popoli sui cambiamenti climatici e i diritti della Madre Terra Denunciati il "sistema capitalista" e il "sistema imperialista di colonizzazione del pianeta" ma se non si distruggono non sarà possibile "forgiare un nuovo sistema che riporti armonia con la natura e tra gli esseri umani" Dal 20 al 22 aprile si è svolta a Cochabamba in Bolivia la prima Conferenza mondiale dei popoli su cambiamento climatico e diritti della Madre Terra, convocata dal presidente boliviano Evo Morales dopo il fallimento del vertice mondiale sul clima di Copenaghen del dicembre scorso e in vista del prossimo appuntamento di fine anno in Messico. Negli incontri patrocinati dall'Onu la fanno da padroni gli interessi delle potenze imperialiste che prevalgono sulla lotta contro i cambiamenti climatici. Ai lavori della tre giorni di Cochabamba ha partecipato il presidente venezuelano Chavez, i vice presidenti di Cuba e Nicaragua e il ministro degli esteri ecuadoriano assieme a scienziati, membri di organizzazioni non governative, di associazioni, movimenti indigeni e contadini, quasi 30 mila persone arrivate da tutto il mondo. Nel suo intervento a Copenaghen Morales aveva affermato che "se vogliamo salvare la Terra e l'Umanità dal cambiamento climatico dobbiamo prima farla finita con il capitalismo. (...) Il cambiamento climatico è dovuto al sistema capitalistico". Una denuncia ripetuta a Cochabamba e contenuta nella dichiarazione finale chiamata "Accordo dei Popoli" che tra l'altro propone la presentazione alle Nazioni Unite della Dichiarazione Universale dei Diritti della Madre Terra e la creazione di un "Tribunale Internazionale di Giustizia Climatica e Ambientale che abbia la capacità giuridica vincolante di prevenire, perseguire e punire gli Stati, le imprese e persone che per azione o omissione contaminano e provocano il cambiamento climatico". La dichiarazione inizia sottolineando che "se il riscaldamento globale incrementasse di 2° C, eventualità a cui ci condurrebbe la cosiddetta 'Intesa di Copenaghen', esiste il 50% di probabilità che i danni provocati alla nostra Madre Terra siano totalmente irreversibili. Un numero compreso tra il 20 e il 30% delle specie sarebbe a rischio d'estinzione. Grandi estensioni di foreste sarebbero danneggiate, le siccità e le inondazioni colpirebbero differenti regioni del pianeta, si amplierebbero i deserti e si aggraverebbe lo scioglimento dei poli e dei ghiacciai nelle Ande e in Himalaya. Molti stati insulari sparirebbero e l'Africa soffrirebbe di un incremento della temperatura di più di 3º C. Si ridurrebbe, allo stesso modo, la produzione di cibo nel mondo con effetti catastrofici per la sopravvivenza degli abitanti di vaste regioni del pianeta e aumenterebbe in maniera drammatica il numero degli affamati nel mondo, che già ha superato la cifra di 1.020 milioni di persone". E denuncia che "le imprese e i governi dei paesi chiamati 'più sviluppati', in complicità con un segmento della comunità scientifica, si siedono a discutere del cambiamento climatico riducendolo a un problema di aumento della temperatura senza discutere la causa: il sistema capitalista. (...) Il sistema capitalista ci ha imposto una logica di concorrenza, progresso e crescita illimitata. Questo regime di produzione e consumo è alla continua ricerca di profitti, separando l'uomo dalla natura, stabilendo una logica di dominazione su questa, convertendo tutto in merce: l'acqua, la terra, il genoma umano, le culture ancestrali, la biodiversità, la giustizia, l'etica, i diritti dei popoli, la morte e la vita stessa". "Sotto il capitalismo, - continua la dichiarazione - la Madre Terra è diventata fonte solo di materie prime e gli esseri umani mezzi di produzione e consumatori, persone che valgono per quello di cui sono in possesso e non per quello che sono. Il capitalismo richiede una potente industria militare per il suo processo di accumulazione e controllo dei territori e delle risorse naturali, reprimendo la resistenza dei popoli. Si tratta di un sistema imperialista di colonizzazione del pianeta". La dichiarazione denuncia "questo modello capitalista che impone megaprogetti di infrastrutture, invade i nostri territori con progetti estrattivi, privatizza e mercifica l'acqua e militarizza i territori espellendo i popoli indigeni e i contadini dai loro territori, impedendo la Sovranità Alimentare e rendendo più profonda la crisi socioambientale". Alla forte denuncia del capitalismo e dell'imperialismo, e alla necessità richiamata dell'"eliminazione di tutte le forme di colonialismo, imperialismo ed interventismo", non segue però una necessaria strategia per combatterli e distruggerli; altrimenti non sarà possibile "intraprendere il cammino dell'armonia con la natura e del rispetto della vita" e "forgiare un nuovo sistema che riporti armonia con la natura e tra gli esseri umani". Fra le richieste avanzate dal documento vi è quella che "la prossima Conferenza sul Cambiamento Climatico, che avrà luogo alla fine dell'anno in Messico, deve provvedere all'approvazione della rettifica del Protocollo di Kyoto per il secondo periodo di impegno dal 2013 al 2017 durante il quale i paesi sviluppati dovranno conseguire riduzioni domestiche significative di almeno il 50% rispetto all'anno base del 1990 senza fare ricorso ai mercati del carbonio o ad altri sistemi di sviamento che mascherano l'inadempimento delle riduzioni reali di emissioni di gas effetto serra". Ma non solo: "i paesi inquinatori sono obbligati a trasferire in maniera diretta le risorse economiche e tecnologiche per pagare il ristabilimento ed il mantenimento dei boschi e delle foreste, in favore dei popoli e delle strutture ancestrali indigene, originarie e campesine". "L'immensa sfida che affrontiamo come umanità per limitare il riscaldamento globale e raffreddare il pianeta - continua la dichiarazione - si vincerà solo portando avanti una profonda trasformazione dell'agricoltura verso un modello sostenibile di produzione agricola contadina ed indigena/originaria e altri modelli e pratiche ancestrali ecologiche che contribuiscano a trovare una soluzione al problema del cambiamento climatico e assicurino la Sovranità Alimentare, intesa come il diritto dei popoli a controllare le proprie sementi, terre, acqua e produzione di cibo, garantendo, attraverso una produzione in armonia con la Madre Terra, locale e culturalmente appropriata, l'accesso dei popoli ad un'alimentazione sufficiente, variata e nutriente in accordo con la Madre Terra ed aumentando la produzione autonoma (partecipativa, comunitaria e condivisa) di ogni nazione e popolo. L'agroindustria attraverso il suo modello sociale, economico e culturale della produzione capitalista globalizzata e la sua logica di produzione degli alimenti per il mercato e non per soddisfare il diritto all'alimentazione, è una delle cause principali del cambiamento climatico. I suoi mezzi tecnologici, commerciali e politici non fanno altro che rendere più profonda la crisi climatica e incrementare la fame sul pianeta. Per questa ragione rifiutiamo i Trattati di Libero Scambio e gli Accordi di Associazione e qualsiasi forma di applicazione dei Diritti di Proprietà Intellettuale sulla vita, gli attuali pacchetti tecnologici (agrochimici, transgenici) e quelli che vengono offerti come false soluzioni (agrocombustibili, geoingegneria, nanotecnologie, tecnologia Terminator e simili) che serviranno soltanto ad acuire la crisi attuale". Il documento convoca infine "la 2ª Conferenza Mondiale dei Popoli sul Cambiamento Climatico e i Diritti della Madre Terra nel 2011 come parte di questo processo di costruzione del Movimento Mondiale dei Popoli per la Madre Terra e per reagire ai risultati della Conferenza sul Cambio Climatico che si realizzerà alla fine di questo anno a Cancun in Messico". 28 aprile 2010 |