Sentenza della Cassazione sulla notte di violenze poliziesche al G8 di Genova Confermata la mattanza della Diaz I dirigenti di polizia Gratteri, Luperi, Caldarozzi interdetti per 5 anni dai pubblici uffici. Prescritti i torturatori della scuola Il 5 luglio, dopo 8 ore e mezzo di camera di consiglio, la 5ª sezione penale della Corte di cassazione ha emesso la sentenza definitiva sul processo ai responsabili della mattanza poliziesca alla scuola Diaz, avvenuta nella notte del 21 luglio 2001 durante il G8 di Genova. La sentenza ha riconfermato con qualche minima variazione quella del processo di appello del maggio 2010 con la condanna a 85 anni di carcere complessivi di 25 dei 28 poliziotti e funzionari imputati per vari reati tra cui lesioni, falso in atto pubblico, falsa testimonianza e calunnia; sentenza che aveva ribaltato clamorosamente il giudizio di 1° grado del novembre 2008, conclusosi con la condanna per lesioni di solo 13 poliziotti e con l'assoluzione di tutti i loro superiori che avevano organizzato e coperto con falsificazioni e depistaggi l'assalto alla Diaz e il massacro a freddo dei giovani del Social forum che vi dormivano ignari e indifesi. Non uno di questi funzionari imputati di aver fabbricato le false prove per giustificare la mattanza, come le molotov portate sul luogo dalla polizia stessa, le mazze e i picconi prelevati da un vicino cantiere e presentati alla stampa come armi ritrovate nella scuola, il finto accoltellamento di un agente da parte di un presunto occupante, per non parlare dei verbali falsificati, dei depistaggi e delle false testimonianze per boicottare l'inchiesta dei pm genovesi Zucca e Cardona, era mai stato rimosso dall'incarico, anzi erano stati tutti promossi a incarichi anche di alta responsabilità, prima dal governo Prodi nel 2007, e poi riconfermati o ulteriormente promossi dal governo Berlusconi. Ora invece la sentenza della Cassazione ha posto fine a questo intollerabile scandalo, perché per quanto non rischino un solo giorno di galera tra indulto e altri espedienti, è almeno scattata subito per loro l'interdizione per cinque anni dai pubblici uffici, per cui il capo della polizia Manganelli si è dovuto rassegnare a sostituirli immediatamente negli alti incarichi che ricoprivano. Si tratta di Giovanni Luperi, all'epoca dei fatti vicedirettore dell'Ucigos, poi divenuto caposezione dell'Aisi (servizi segreti), al quale è stata confermata la condanna a 4 anni di reclusione. Di Francesco Gratteri, direttore nel 2001 dello Sco (Servizio centrale operativo della polizia), promosso nel 2007 da Prodi e Amato alla Direzione centrale anticrimine, e salito fino ad occupare la poltrona di capo del Dipartimento nazionale anticrimine, con davanti la prospettiva di succedere addirittura a Manganelli: anche per lui la Cassazione ha confermato la condanna a 4 anni. E di Gilberto Caldarozzi, all'epoca vicedirettore dello Sco e poi promosso a direttore, carica che ha ricoperto finora, prima che la Corte confermasse anche per lui la condanna definitiva a 3 anni e 8 mesi per falso in atto pubblico. "C'è un barlume di giustizia" Gli altri condannati "eccellenti" sono Vincenzo Canterini, all'epoca capo del reparto mobile di Roma, quello che le telecamere hanno immortalato mentre prendeva a calci un adolescente già massacrato e steso in terra sanguinante per le botte di un nugolo di agenti scatenati, oggi andato in pensione da vicequestore, che ha goduto della prescrizione per le "lesioni" e quindi ha avuto una riduzione di pena dai 5 anni iniziali; Spartaco Mortola, ex capo della Digos di Genova e fino a ieri dirigente della Polfer di Torino (confermati 3 anni e 8 mesi); Filippo Ferri (figlio dell'ex ministro PSDI Enrico Ferri e fratello del consigliere del Csm Cosimo Ferri, implicato nell'inchiesta di Trani sulle pressioni di Berlusconi per chiudere le trasmissioni Rai a lui sgradite), all'epoca capo della mobile di La Spezia e attuale capo della mobile di Firenze; Fabio Ciccimarra, all'epoca commissario capo di Napoli poi nominato capo della mobile a L'Aquila; Nando Dominici, ex capo della mobile di Genova. Condannati per falso anche Carlo Di Sarro, Massimo Mazzoni, Renzo Cerchi, Davide Di Novi e Massimiliano Di Bernardini, il vicequestore che per primo parlò delle molotov "ritrovate" all'interno della Diaz. Sono stati invece tutti prescritti dall'imputazione di "lesioni" (mancando in Italia il reato di tortura, che sarebbe imprescrittibile), gli agenti del VII mobile guidato da Canterini, accusati dei feroci pestaggi nella scuola: Fabrizio Basili, Ciro Tucci, Carlo Lucaroni, Emiliano Zaccaria, Angelo Cenni, Fabrizio Ledoti, Vincenzo Compagnone e Pietro Stranieri. Due di loro però, Massimo Nucera (che si finse "accoltellato") e Maurizio Panzieri (che confermò la messa in scena), hanno avuto ricalcolata la pena in 3 anni e 5 mesi ciascuno. La Corte ha poi rigettato il ricorso degli agenti Salvatore Gava (infliggendogli 3 anni e 8 mesi) e Pietro Troiani (3 anni e 9 mesi) per detenzione di armi da guerra, ossia le molotov "rinvenute" nella scuola. Anche per tutti costoro valgono i 5 anni di interdizione dai pubblici uffici. Heidi Giuliani, madre di Carlo ucciso in piazza Alimonda il 20 luglio, ha commentato la sentenza dicendo che "c'è un barlume di giustizia". Il giornalista Lorenzo Guadagnucci, una delle vittime del massacro poliziesco, ancora incredulo per le confermate condanne, ha osservato: "C'è un po' di giustizia, la verità c'è sempre stata. La Cassazione ha dimostrato indipendenza, Zucca e Cardona hanno condotto un'inchiesta contro tutti, con l'ostilità palese dei vertici di polizia. È mancato un intervento dei parlamenti, delle istituzioni, che hanno avallato un comportamento irresponsabile". Tuttavia, seppur la sentenza della Cassazione ha il merito di aver confermato in maniera definitiva che l'aggressione premeditata poliziesca alla Diaz ci fu e fu una vera mattanza, simile a "una macelleria messicana", come ammise il vice di Canterini, Fournier, non si può dire che con essa "giustizia è fatta". Innanzi tutto perché arriva a distanza di ben 11 anni dai fatti, e questo perché ai vertici delle "forze dell'ordine" e ai loro superiori politici (in primis i premier dei governi di "centro-destra" e di "centro-sinistra", i loro rispettivi ministri dell'Interno e della Giustizia) è stato permesso di intralciare e sabotare in tutti i modi l'inchiesta e impedire che si arrivasse a una sentenza di condanna dei funzionari e dei poliziotti responsabili. Due pesi e due misure In secondo luogo perché, grazie anche a questo voluto ritardo, alle compiacenti regole sulla prescrizione e al non accoglimento del reato di tortura nel nostro ordinamento giuridico, come già imposto dalle convenzioni internazionali che tutti i governi italiani hanno finora volutamente ignorato, gli agenti e i loro capi condannati non faranno neanche un giorno di galera, mentre per i dieci no global appena condannati dalla Cassazione per "devastazione e saccheggio", un reato appositamente rispolverato per loro dal codice fascista Rocco, il trattamento è stato ben diverso: 100 anni di galera complessivamente e le porte della prigione che si spalancano immediatamente per 5 di loro con pene che vanno dagli 8 ai 14 anni! Sicché si arriva all'assurdo che nello stesso contesto di fatti, gli scontri durante il G8 di Genova, il danneggiamento di "cose" è stato punito con inaudita spietatezza, equiparabile a reati di omicidio, mentre i pestaggi, le torture e la rovina fisica e psichica di decine e decine di persone ad opera di massacratori di professione è andata sostanzialmente impunita. Per non dire, naturalmente, delle centinaia di poliziotti, carabinieri e guardie di finanza che si sono macchiati di criminali torture contro manifestanti inermi come nell'infame mattatoio di Bolzaneto, e che l'hanno potuta fare franca in totale impunità grazie all'anonimato garantito dai mascheramenti e dalla mancanza del numero di matricola in evidenza sulla divisa, nonché grazie all'omertà e alla protezione dei loro superiori e dei politici di palazzo. Ma quel che indigna più di tutto è il fatto che questa sentenza scalfisce appena qualcuno della truppa e alcuni gradi intermedi della polizia, ma non sfiora minimamente i mandanti politici di quella che Amnesty International definì, a nostro avviso riduttivamente, "la più grave sospensione dei diritti civili dai tempi della Seconda guerra mondiale": il neoduce Berlusconi, che era il presidente del Consiglio in carica; il fascista ripulito Fini, che come suo facente funzioni in qualità di vicepresidente, affiancato dal maresciallo dei carabinieri fascista Ascierto, poi divenuto deputato di AN, coordinava la feroce repressione dei manifestanti dalla questura di Genova e dalla sede operativa dei carabinieri; Scajola (Forza Italia, ora PDL), che come ministro dell'Interno dirigeva le forze repressive, alle quali aveva impartito l'ordine di sparare sui manifestanti se avessero oltrepassato la "zona rossa"; il leghista Castelli, ministro della Giustizia, presente nel lager di Bolzaneto e che aveva trovato "tutto regolare". Le "scuse" non bastano Ma anche il precedente governo di "centro-sinistra" Amato, col suo ministro dell'Interno Enzo Bianco, porta pesanti responsabilità, per aver preparato il piano di "sicurezza" del G8 che Berlusconi e Scajola hanno solo messo in pratica, e dopo che le prove generali della mattanza di Genova erano state fatte in marzo a Napoli dalla polizia di Bianco. Ci sono poi le gravissime responsabilità del parlamento, che si è sempre rifiutato di nominare una commissione d'inchiesta, bocciata a suo tempo anche coi voti di Di Pietro e Mastella. Non è stato sfiorato nemmeno Gianni De Gennaro, all'epoca capo della polizia, inquisito e recentemente assolto in Cassazione con l'imputazione di aver indotto l'ex questore di Genova Francesco Colucci a mentire per scagionarlo dall'aver avallato la mattanza della Diaz, confermato nell'alta carica da Prodi e poi ancora da Berlusconi, e infine premiato da Monti con la carica di sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai servizi segreti. No, le "scuse" pelose di Manganelli, che mentre chiede scusa a quanti "hanno subìto danni" e non nomina nemmeno la Diaz, limitandosi ad ammettere "qualche comportamento errato" delle forze di polizia, non ci bastano! Anzi, egli rivendica addirittura come "fondamentale che venisse salvaguardato a tutti i poliziotti un normale percorso professionale", ossia l'aver protetto e promosso i condannati fino all'ultimo grado di giudizio. Noi chiediamo invece la rimozione immediata anche di De Gennaro, le scuse ufficiali di Napolitano a tutte le vittime a nome delle istituzioni, che la magistratura, forte di questa sentenza faccia piena luce anche sulle responsabilità dei mandanti politici, che il parlamento introduca immediatamente il reato di tortura nel nostro codice penale, e che siano epurati dai ranghi della polizia, dei carabinieri e della guardia di finanza gli agenti e i dirigenti che si sono macchiati di tale reato. Firenze, 18 luglio 2012 |